Dal 19 al 22 dicembre i giudici di pace scioperano per chiedere stabilizzazione, sono 150 mila i processi a rischio
Dopo le agitazioni dello scorso novembre i giudici di pace tornano a scioperare per quattro giorni. A rischio, fa sapere l’Unione Nazionale dei giudici di pace che ha organizzato la protesta, è la celebrazione di 150mila processi, penali e civili.
La mobilitazione ha lo scopo di sollecitare il governo Gentiloni all’immediata approvazione di un decreto legge che sani “le violazioni comunitarie ed internazionali contestate dalle più alte autorità europee”. Ossia, i giudici di pace chiedono che gli vengano riconosciuti la continuità del servizio, la previdenza, l’assistenza sociale in caso di malattia, maternità o infortuni, le ferie e un compenso dignitoso che ne garantisca l’indipendenza.
Si legge nella nota dell’Unagipa “l’Europa ha già chiesto all’esecutivo italiano di intervenire con urgenza per sanare le tante violazioni del diritto comunitario ed internazionale perpetrate a danno dei giudici di pace, dapprima con l’avvio di una procedura preliminare di infrazione per violazione della direttiva comunitaria sul lavoro a tempo determinato da parte della Commissione Europea, ora investita anche dal Parlamento Europeo, da plurime petizioni ed interrogazioni a risposta scritta, di recente con la decisione del Comitato Europeo dei Diritti Sociali del Consiglio d’Europa, che ha condannato l’Italia per violazione della Carta Sociale Europea”.
Secondo i giudici di pace, l’avvio della procedura di infrazione contro il nostro paese costerebbe “miliardi di euro di risarcimenti e sanzioni che graverebbero sul popolo italiano”, mentre l’ascolto delle loro richieste eviterebbe di infrangere ulteriormente la normativa europea.
E sono gli stessi giudici di pace a starsi muovendo sul fronte giudiziario: in 300 infatti si sono rivolti al Tar Lazio per chiedere la stabilizzazione e, promettono, è in arrivo l’avvio di centinaia di azioni. Perché, dichiarano i giudici, non vogliono più essere i precari e i lavoratori in nero della giustizia.