Viene accertato l’aggravamento del danno biologico permanente conseguente all’infortunio sul lavoro con decorrenza dalla domanda di revisione del 10.03.2017 (Tribunale di Velletri, sez. Lavoro, Sentenza n. 1054/2021 del 24/06/2021-RG n. 2365/2020)

Il lavoratore cita a giudizio l’Inail onde vedersi riconosciuti gli esiti dell’aggravamento dell’infortunio sul lavoro avvenuto nel 2007. In particolare, deduce che: è dipendente con qualifica di operaio ausiliario; il 14.03.2007, mentre svolgeva la propria attività lavorativa, cadeva accidentale da una scala riportando la frattura del calcagno sinistro; l’Inail riconosceva l’infortunio sul lavoro e indennizzava in capitale la menomazione permanente dell’integrità psico -fisica in misura pari all’8%; all’esito della visita di revisione del 2013, l’Inail riconosceva il sopravvenuto aggravamento delle condizioni di salute accertando un grado di invalidità pari al 12% per la seguente menomazione: “piede sinistro: marcato dismorfismo del retropiede e deambulazione con zoppia, limitazione articolare della TPA di 1/2 e anchilosi della SA “; il 10.03.2017 presentava un’ulteriore domanda di aggravamento che tuttavia l’Istituto non riconosceva, confermando la percentuale del 12%.

Il Giudice istruisce la causa attraverso acquisizione documentale e CTU Medico-Legale, al cui esito la domanda avanzata viene ritenuta fondata.

L’Inail ha riconosciuto la natura lavorativo-professionale dell’infortunio occorso al ricorrente, per cui il thema decidendum del presente giudizio riguarda solo l’eventuale aggravamento degli esiti permanenti del danno biologico che ne è conseguito.

Il CTU ha posto la diagnosi attuale di “gravi esiti di frattura del calcagno sinistro trattato chirurgicamente consistenti marcato dismorfismo del piede, grave limitazione funzionale del complesso articolare tibio peroneo astragalico e medio tarsica o con apprezzabile zoppia nella deambulazione. … all’esito della visita di revisione del 10 marzo 2017 conclusosi 21 giugno 2018, il medico dell’Inail affermava che l’esame obiettivo riscontrato era sovrapponibile a quello dell’aprile 2013 per cui, tenuto conto delle tabelle valutative di legge (in cui l’anchilosi di caviglia è valutata 12% voce 293; l’anchilosi della caviglia del complesso sotto astragalico -medio con il 15% voce 294; gli esiti della frattura del calcagno fino a 8% voce 296) e visto che per la frattura del calcagno era stata espressa la valutazione tabellare massima, e per il deficit funzionale della caviglia del piede sinistro vi era stata una valutazione equa, riteneva che la valutazione condotta nel 2013 era stata congrua e consona alla normativa vigente”.

Secondo il CTU, invece, “detta affermazione suscita delle perplessità in quanto, tenuto conto delle Voci tabellari richiamate dagli stessi sanitari dell’Inail, appare poco convincente che nei 4 anni trascorsi dalla prima visita di revisione del 2013 e la seconda del 2017 non sia intervenuto alcun tipo di aggravamento, e ciò soprattutto in virtù di quanto emerge dal raffronto delle radiografie del 2013, del 2016 del 2020 in atti, che mostrano un quadro progressivo di evidente aggravamento del quadro anatomico…..deve essere considerato che la frattura del calcagno è stata particolarmente rilevante, in quanto già nella relazione della visita medica del 2013 si evidenziava un ” marcato dismorfismo del retropiede e deambulazione con zoppia limitazione della tibio peroneo astragalica di un mezzo e anchilosi della sotto astragalica”, e che l’obiettività attuale dimostra “una completa destrutturazione dei rapporti articolari con rimaneggiamento osseo e dismorfismo particolarmente rilevante, apprezzabile zoppia nella fase di appoggio nella deambulazione….E’ verosimile ritenere che la seria frattura del calcagno che già nel 2013 comportava una notevole limitazione funzionale del complesso articolare tibio-peroneo astragalico e medio tarsico, a 10 anni di distanza dall’infortunio abbia comportato maggiori ripercussioni funzionali, per cui è incomprensibile il perché i sanitari dell’Inail abbiano valutato il danno al complesso articolare della caviglia (tibio-tarsica, sotto astragalica, medio tarsica) con il 5%. Considerato che le tabelle Inail prevedono soltanto le due Voci innanzi indicate (la 294 e la 296) mentre la tabella medico -legale nell’ambito della responsabilità civile conducono a una percentuale del 6%, e considerato altresì che la limitazione dell’articolazione sotto astragalica e medio -tarsica è valutata dalle stesse tabelle INAIL nel 15%, il danno anatomico -funzionale (tenuto conto della complessità del distretto anatomico che interessa tre articolazioni e della oggettiva zoppia nella fase di appoggio già rilevata nel 2013) debba essere valutato in una percentuale non inferiore all’8 -9%.”

In conclusione il CTU ritiene che “gli esiti del danno biologico” (caratterizzato da grave frattura del calcagno con dimorfismo e dalla notevole limitazione del complesso articolare tibio – tarsico -sotto astragalico e medio tarsico – di circa due terzi, con zoppia evidente della fase della deambulazione)” per come stabilizzatisi all’epoca della domanda di revisione debbano essere valutati nella percentuale complessiva del 15% della totale.”

Il Tribunale condivide appieno le conclusioni del Consulente, anche tenuto conto dell’assenza di critiche da parte del CTP dell’Inail.

Per tali ragioni, l’Inail è tenuto a corrispondere al lavoratore l’indennizzo in capitale ai sensi dell’art. 13 lett. A), D. Lgs. 38/2000, per un danno biologico permanente del 15%.

In conclusione, il Giudice del Lavoro, accerta e dichiara che il danno biologico permanente conseguito all’infortunio sul lavoro occorso al ricorrente in data 14.03.2007 ha subito un aggravamento e, con decorrenza dalla domanda di revisione del 10.03.2017, consiste in: “Gravi esiti di frattura del calcagno sinistro trattato chirurgicamente consistenti marcato dismorfismo del piede, grave limitazione funzionale del complesso articolare tibio peroneo astragalico e medio tarsica o con apprezzabile zoppia nella deambulazione”; condanna l’Inail a erogare l’indennizzo in capitale previsto dal D.lgs. n. 38/2000, per la menomazione all’integrità psico-fisica pari al 15% , oltre interessi legali dal dì del dovuto al saldo; condanna l’Inail a rimborsare al lavoratore le spese processuali liquidate in euro 2.500,00, e le spese di CTU.

Avv. Emanuela Foligno

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