Condanna confermata per un’automobilista ritenuta responsabile del decesso del trasportato per aver perso il controllo del veicolo che, dopo aver abbattuto il guardrail, precipitava da un’altezza di 20 metri

Era stata condannata, in sede di merito, per il reato di omicidio colposo aggravato dalla violazione delle norme in tema di circolazione stradale. All’imputata si rimproverava di avere cagionato, per colpa generica e specifica, la morte del trasportato; in particolare, era accusata di violazione dell’art. 141 cod. strada, serbando una velocità non adeguata alle condizioni di tempo e luogo (viaggiando in tempo di notte e con avverse condizioni metereologiche a causa della pioggia), anche superando il limite di velocità imposto sul tratto di strada percorso, perdendo così il controllo del mezzo che, abbattuto il guardrail, precipitava da un’altezza di circa venti metri.

Nel rivolgersi alla Suprema Corte, la ricorrente lamentava, tra gli altri motivi, l’inosservanza ed erronea interpretazione della legge penale sotto il profilo dell’elemento oggettivo del reato; l’inosservanza ed erronea applicazione della legge penale sotto il profilo del nesso di causa; l’interruzione del nesso di causa e la violazione dell’art. 40 cod. pen.

Gli Ermellini, con la sentenza n. 35832/2021, hanno ritenuto, tuttavia, di rigettare le doglianze proposte.

Il discorso giustificativo offerto dai giudici di merito, infatti, era sorretto da congrua motivazione. La difesa riteneva che non vi fosse certezza sulle cause del sinistro e sulle ragioni dello sbandamento dell’auto condotta dall’imputata. Sosteneva, inoltre che, nell’accadimento del sinistro, avesse assunto un ruolo determinante l’inadeguatezza funzionale del guardrail, che, incapace di reggere l’impatto con la vettura, aveva determinato l’insorgenza di un fattore di rischio totalmente autonomo e diverso.

Per la Cassazione, la prima proposizione è meramente assertiva: la causa del sinistro era stata individuata dai giudici di merito nella eccessiva velocità a cui viaggiava l’imputata, superiore al limite imposto e, comunque, del tutto inadeguata rispetto alle condizioni della strada (il manto stradale era bagnato a causa della pioggia). La circostanza, si legge in motivazione, determinò la perdita di controllo del mezzo che indusse un movimento “a carambola” del veicolo tra le due sponde delle strada. A tale determinazione i giudici di merito erano giunti sulla base delle risultanze della consulenza tecnica disposta dal P.M., ritenute convincenti anche alla luce delle ulteriori emergenze processuali puntualmente richiamate in motivazione. Si erano particolarmente evidenziati, per la loro conducenza ai fini della ricostruzione della dinamica del sinistro, la striatura lasciata dalla vettura sul guardrail, lunga circa 25 metri, e le tracce di scarrocciamento presenti sul manto stradale, che attraversavano la carreggiata in senso obliquo rispetto all’asse della strada.

Quanto alla tenuta del guardrail, la Corte di merito aveva osservato che si era trattato di una concausa dell’evento verificatosi, non suscettibile, in quanto tale, di produrre l’effetto della esclusione della responsabilità della conducente del veicolo. “In tema di rapporto di causalità – hanno sottolineato dal Palazzaccio – l’automobilista che, a causa della sua condotta gravemente imprudente, sbandi e vada a collidere violentemente, con il veicolo da lui condotto, contro il guardrail, qualora questo ceda all’urto, non può invocare, come causa sopravvenuta da sola sufficiente a produrre l’evento, il fatto che la barriera non abbia retto all’urto: tale evenienza si presenta invero come un fatto non assolutamente eccezionale e imprevedibile. Ne consegue che l’automobilista deve porsi nelle condizioni di non impattare contro il guardrail, sicché, ove a causa di sua imprudenza e avventatezza, lo attinga violentemente, non può per questo invocare il cedimento della barriera quale causa sopravvenuta in grado di escludere, ipso facto, la sua responsabilità”.

La redazione giuridica

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