La vicenda tratta della espropriazione di un terreno da parte del Comune e la Corte di Cassazione passa al vaglio la discrezionalità del Giudice nella scelta del CTU (Corte di Cassazione, I civile, 12 novembre 2024, n. 29163).
Il caso
La Corte di appello di Lecce ha rigettato l’opposizione alla stima proposta dall’espropriato nel contraddittorio con il Comune di Lecce.
I Giudici di appello, dopo aver disposto CTU, hanno osservato che la classificazione della porzione di area come destinata a viabilità escludeva qualsiasi possibilità di edificazione. Quindi che il CTU aveva ritenuto di dare all’area in questione le stesse caratteristiche del suolo a monte (F23 con indici F15), assegnate a seguito di ricorsi al TAR e che aveva poi precisato che l’espropriazione non aveva prodotto alcuno spostamento della fascia di rispetto interno alla proprietà dell’espropriato. Dunque il Consulente aveva correttamente quantificato l’indennità di esproprio in 6.889,74 euro, in misura leggermente inferiore a quella liquidata dal Comune.
Il ricorso in Cassazione
L’espropriato ricorre per Cassazione censurando la omessa declaratoria di incompatibilità del CTU, per avere quest’ultimo effettuato la stima del bene in altro giudizio pendente tra le medesime parti, “sebbene affine”, con conseguente nullità delle operazioni peritali.
La Cassazione, preliminarmente, dà atto che l’espropriato non ha provveduto a ricusare il Consulente e ritiene la censura non ammissibile. La scelta del CTU è rimessa al potere discrezionale del Giudice, salva la facoltà delle parti di far valere mediante istanza di ricusazione ai sensi degli artt. 63 e 51 c.p.c. gli eventuali dubbi circa la obiettività e l’imparzialità del Consulente stesso, dubbi che, ove l’istanza di ricusazione non sia stata proposta, non sono più deducibili mediante il ricorso per cassazione.
La causa d’incompatibilità del CTU non può essere fatta valere in sede di giudizio di legittimità se non è stata tempestivamente denunciata con richiesta di ricusazione formulata ai sensi dell’art. 192 c.p.c. Tale formale istanza non è equiparabile alla richiesta di revoca e sostituzione del Consulente per motivi di opportunità, ancorché formulata, con generico richiamo all’art. 51 c.p.c., nel corso del giudizio di secondo grado, e l’ordinanza di rigetto non è, conseguentemente, censurabile con ricorso in Cassazione per vizio di motivazione. (in tal senso S.U. n. 7770 del 31/3/2009).
Oltre a ciò, la Corte di Cassazione deduce che la critica dell’espropriato alla omessa sostituzione del CTU è sostanzialmente fondata su presupposti normativi inesistenti.
Nessuna norma stabilisce che il CTU che abbia svolto una consulenza in un previo giudizio pendente tra le medesime parti non possa essere nominato anche in una successiva vertenza, insorta tra i medesimi soggetti.
La scelta del CTU
Il ricorrente sembra “rappresentare” il rischio che il CTU confermi nel secondo processo gli accertamenti peritali effettuati nel primo, sebbene errati. Ebbene, la “forza della prevenzione” – che deriva dall’aver già giudicato in separata e precedente sede su un aspetto o una questione dibattuta anche nel giudizio successivo – non costituisce una causa legale di astensione del CTU, se non nei limiti dell’art. 63 cpc. L’articolo infatti rimette al Giudice che ha nominato l’ausiliare di accertare che non sussistano “giusti motivi di astensione”: espressione generica che rende palese che le ragioni di sostituzione dell’esperto sono prudentemente valutate dal Giudice caso per caso.
Nel caso in esame, la Corte ha correttamente esercitato il suo potere, in quanto, dopo che il difensore dell’espropriato l’aveva invitata a nominare altro esperto, la Corte con l’ordinanza 25 novembre – 2 dicembre 2022 ha motivatamente esposto le ragioni per le quali l’istanza non potesse essere accolta: argomentazioni che non risultano contrastate dal ricorrente, non solo nel merito, ma anche con riferimento a parametri legali.
Conclusivamente, per privare di validità la motivazione della sentenza che recepisca le conclusioni del CTU, di cui il Giudice dichiari di condividere il merito, è necessario che la parte alleghi di avere rivolto critiche alla consulenza stessa già dinanzi al Giudice del merito, e ne trascriva, poi, per autosufficienza, almeno i punti salienti onde consentirne alla Cassazione la valutazione in termini di decisività e di rilevanza, atteso che, diversamente, una mera disamina dei vari passaggi dell’elaborato peritale, corredata da notazioni critiche, si risolverebbe nella prospettazione di un sindacato di merito inammissibile in sede di legittimità.
Avv. Emanuela Foligno