I conviventi per regolamentare i loro rapporti patrimoniali possono utilizzare il “contratto di convivenza” – segue dalla prima parte

In ogni caso, la legge riconosce in caso di convivenza tre importanti diritti patrimoniali:

  1. Il diritto di essere preferiti nelle graduatorie per l’assegnazione delle case popolari
  2. Il diritto di lavorare nell’azienda dell’altro convivente
  3. Il diritto di ricevere il risarcimento del danno nel caso in cui il partner muoia a causa di un fatto illecito ex art. 2043 c.c.

I tre diritti sopra elencati operano anche in assenza di contratto di convivenza.

Il contratto di convivenza è rimesso alla libertà negoziale delle parti, ma non può prescindere dai canoni di meritevolezza e legittimità che l’Avvocato o il Notaio nel redigere il contratto devono rispettare.

Detto in altri termini, le disposizioni contrattuali non devono ledere norme di ordine pubblico e di buon costume.

Il contratto di convivenza deve necessariamente avere le sottoscrizioni autenticate o dall’Avvocato, o dal Notaio, a pena di nullità. Inoltre l’autentica delle sottoscrizione è anche condizione per la registrazione del contratto presso l’Ufficio Anagrafe del Comune.

Il contratto deve indicare la residenza comune, le modalità di contribuzione alle necessità della vita in comune parametrate alle capacità economiche di ciascun partner e il regime patrimoniale (separazione o comunione dei beni) prescelto.

E’ precluso ai conviventi, anche se hanno registrato la convivenza in comune, costituire un Fondo Patrimoniale.

Il Fondo Patrimoniale può essere definito come una parte del patrimonio “blindato” cioè separato e distinto rispetto ai patrimoni personali dei partner che è destinato alla realizzazione degli interessi familiari. Difatti, solitamente viene costituito fondo patrimoniale sull’abitazione ove vive il nucleo familiare.

Tuttavia, i conviventi possono ricorrere a forme analoghe previste dall’ordinamento, come ad esempio il vincolo di destinazione ex art. 2645 ter c.c., oppure il trust.

Con il vincolo di destinazione vengono destinati determinati beni alla realizzazione di interessi che devono essere meritevoli di tutela.

La costituzione di un vincolo di destinazione necessita della forma di atto pubblico o di una scrittura privata autenticata, ai fini della trascrizione e della conseguente opponibilità ai terzi.

Il trust, invece, di matrice anglosassone, vede il soggetto disponente che trasferisce determinati beni ad un altro soggetto perché questo li gestisca e, allo scadere di un certo termine, li ritrasferisca a sua volta al beneficiario, il quale ne acquista definitivamente la proprietà.

Anche il trust per essere opponibile a terzi necessita di trascrizione.

Il trust, a differenza del fondo patrimoniale, garantisce una separazione perfetta nel senso che, esauriti i beni costituiti in trust, ai creditori aventi titolo è impedito di soddisfarsi, per l’eventuale residuo, sul patrimonio personale del disponente o del gestore, mentre viceversa i loro creditori personali non possono aggredire i beni costituiti in trust.

Tornando ai conviventi, alla luce di questa brevissima panoramica è utile ribadire che sarà compito del notaio o dell’avvocato chiamato a redigere il contratto di convivenza, indicare alle parti – laddove esse lo richiedano – il mezzo migliore (vincolo ex 2645 ter o trust) per realizzare i propri interessi attraverso la costituzione di un patrimonio segregato.

Avv. Emanuela Foligno

SEGUE

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