Il CTU ha confermato l’esistenza del quadro patologico denunciato dal ricorrente e quantificato i postumi permanenti nella misura del 85% con decorrenza dalla domanda (Tribunale di Bari, Sez. Lavoro, Sentenza n. 3501/2021 del 30/11/2021 RG n. 17612/2006)

Il ricorrente espone che a seguito di infortunio lavorativo in itinere dell’1.8.2001, l’Inail non gli aveva riconosciuto il diritto ai postumi derivante dal denunciato evento, disconoscendo l’occasione di lavoro.

L’Istituto contesta l’esistenza dei requisiti oggettivi e soggettivi per il riconoscimento di un infortunio sul lavoro indennizzabile.

In data 21.10.2006 il Giudice designato alla trattazione della causa disponeva la sospensione del giudizio in attesa della definizione del giudizio proposto dal ricorrente per il risarcimento dei danni subiti nel sinistro che lo aveva visto coinvolto.

Definito con ordinanza della Corte di cassazione n.27738/19 tale giudizio, il ricorrente ha riattivato il procedimento con istanza del 2.1.2020, e il ricorso viene ritenuto fondato.

In tema di “occasione di lavoro”, rilevante, ai sensi dell’art. 2 del D.P.R. n° 1124/65, ai fini della sussistenza del diritto alla tutela assicurativa, il nesso di causalità tra l’attività lavorativa ed il sinistro presuppone non tanto una mera correlazione cronologica e topografica, o un collegamento marginale tra prestazione di lavoro ed evento dannoso, ma richiede che questo evento dipenda dal rischio specifico (proprio) insito nello svolgimento delle mansioni tipiche del lavoro affidato, ovvero dal rischio, pur sempre specifico (ma improprio), insito in attività accessorie, ma immediatamente e necessariamente connesse o strumentali allo svolgimento di quelle mansioni (Cass. Sez. Lav. n° 11683/95; Cass. Sez. Lav. n° 9143/97). Sono esclusi dalla copertura assicurativa i rischi generici cui il lavoratore è sottoposto, come qualsiasi altro cittadino, cioè a prescindere dall’esplicazione di attività lavorativa, così come è da escludere che la assicurazione miri ad apprestare una particolare tutela in favore del lavoratore per il solo fatto che al medesimo sia occorso, in attualità di lavoro, un evento qualsiasi che ne abbia leso l’integrità fisica o psichica.

Viene ulteriormente osservato che, anche prima dell’entrata in vigore dell’art. 12 del D. Lgs. 23 febbraio 2000, n. 38, che ha espressamente previsto la indennizzabilità dell’infortunio “in itinere”, ai sensi dell’art . 2 D.P.R. n. 1124 del 1965, l’indennizzabilità dell’infortunio in itinere, subito dal lavoratore nel percorrere, con mezzo proprio, la distanza fra la sua abitazione ed il luogo di lavoro, postulava: a) la sussistenza di un nesso eziologico tra il percorso seguito e l’evento, nel senso che tale percorso costituisca per l’infortunato quello normale per recarsi al lavoro e per tornare alla propria abitazione; b) la sussistenza di un nesso almeno occasionale tra itinerario seguito ed attività lavorativa, nel senso che il primo non sia dal lavoratore percorso per ragioni personali o in orari non collegabili alla seconda; c) la necessità dell’uso del veicolo privato, adoperato dal lavoratore, per il collegamento tra abitazione e luogo di lavoro, considerati i suoi orari di lavoro e quelli de i pubblici servizi di trasporto e tenuto conto della possibilità di soggiornare in luogo diverso dalla propria abitazione, purché la distanza fra tali luoghi sia ragionevole.

Anche di recente è stato ribadito che in tema di infortunio lavorativo in itinere, “per rischio elettivo, che esclude la cosiddetta occasione di lavoro, si intende una condotta del lavoratore avulsa dall’esercizio della prestazione lavorativa, tenuta volontariamente in base a ragioni e motivazioni del tutto personali, tale da interrompere il nesso eziologico tra prestazione ed attività assicurata; ne consegue che, seppur è vero che l’infortunio che sia occorso al lavoratore nel tragitto prescelto per raggiungere il posto di lavoro non è escluso dalla copertura assicurativa per il sol fatto che non fosse il “più breve”, si deve pur sempre verificare la “normalità” della percorrenza dell’itinerario seguìto e la sua non riconducibilità a ragioni personali, estranee all’attività lavorativa”. (Cass. n. 22180/21).

L’istruttoria svolta ha evidenziato che il lavoratore ha subito l’infortunio in quanto coinvolto in un grave sinistro stradale mentre si recava al cantiere in cui doveva lavorare.

Conseguentemente risultano sussistenti le condizioni indicate come necessarie per il riconoscimento dell’occasione di lavoro; invero l’istante è stato coinvolto in un sinistro mentre si recava presso il posto di lavoro; tale attività deve essere, pertanto, considerata connessa o strumentale all’attività lavorativa.

“In tema di infortunio sul lavoro, di rischio elettivo e della conseguente responsabilità esclusiva del lavoratore può parlarsi soltanto ove questi abbia posto in essere un contegno abnorme, inopinabile ed esorbitante rispetto al procedimento lavorativo e alle direttive ricevute, così da porsi come causa esclusiva dell’evento, creando egli stesso condizioni di rischio estraneo a quello connesso alle normali modalità del lavoro da svolgere, restando diversamente irrilevante la condotta colposa del lavoratore, sia sotto il profilo causale che sotto quello dell’entità del risarcimento, atteso che la ratio di ogni normativa antinfortunistica è proprio quella di prevenire le condizioni di rischio insite negli ambienti di lavoro e nella possibile negligenza, imprudenza o imperizia dei lavoratori”.

In materia di assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro, costituisce rischio elettivo la deviazione, puramente arbitraria ed animata da finalità personali, dalle normali modalità lavorative, che comporta rischi diversi da quelli inerenti le usuali modalità di esecuzione della prestazione.

Tale genere di rischio – che è in grado di incidere, escludendola, sull’occasione di lavoro -si connota per il simultaneo concorso dei seguenti elementi: a) presenza di un atto volontario ed arbitrano, ossia illogico ed estraneo alle finalità produttive; b) direzione di tale atto alla soddisfazione di impulsi meramente personali; c) mancanza di nesso di derivazione con io svolgimento del l’attività lavorativa.

Soltanto se nella condotta del lavoratore siano, in concreto, rinvenibili tutti tali elementi essa si può considerare idonea a comportare l’esonero totale del datore di lavoro da ogni responsabilità rispetto all’infortunio. Se, invece, l’incidente si sia verificato per colpa esclusiva o concorrente del lavoratore, tale situazione non esclude la responsabilità del datore di lavoro.

Nel caso in esame la condotta del ricorrente è stata posta in essere per soddisfare esigenze riconducibili all’attività lavorativa (tornare a prendere la cassetta degli attrezzi necessaria allo svolgimento dell’attività lavorativa), dunque la fatale deviazione con l’autovettura non è avvenuta per soddisfare bisogni meramente personali.

I testi hanno confermato che il ricorrente non aveva la cassetta degli attrezzi in quanto aveva utilizzato l’auto del fratello e non la propria, di qui la decisione di tornare a prendere la cassetta, la manovra di accostamento per potere invertire la marcia e il fatale coinvolgimento nell’incidente.

Il CTU ha confermato l’esistenza del quadro patologico denunciato dal ricorrente e quantificato i postumi permanenti nella misura del 85 % con decorrenza dalla domanda.

Sussiste, pertanto, il diritto alla costituzione di una rendita per una percentuale pari al 85% con decorrenza dalla domanda.

Spese di giudizio e di CTU vengono poste a carico dell’Istituto.

Avv. Emanuela Foligno

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