Se l’esito del procedimento amministrativo è sfavorevole per mancato riconoscimento del requisito sanitario, bisogna espletare il giudizio per ATP (Tribunale di Foggia, Sez. lavoro, Sentenza n. 1060/2021 del 10/03/2021)
Il beneficiario della prestazione di invalidità civile chiama a giudizio l’Inps con il procedimento 445 bis c.p.c. per contestare la misura dell’invalidità civile stimata dalla Commissione Medica dell’Inps.
Il Tribunale di Foggia, ritiene la domanda inammissibile.
Preliminarmente viene ribadito che l’art. 445 bis c.p.c. – aggiunto dall’art. 38 comma 1 lett. b) n. 1, d.l. 06/07/11, n. 98, come modificato dall’allegato alla l. 15/07/11, n. 111, ed applicabile dal 01/01/12 – stabilisce, ai primi due commi, quanto segue: «Nelle controversie in materia di invalidità civile, cecità civile, sordità civile, handicap e disabilità, nonché di pensione di inabilità e di assegno di invalidità, disciplinati dalla legge 12 giugno 1984, n. 222, chi intende proporre in giudizio domanda per il riconoscimento dei propri diritti presenta con ricorso al giudice competente ai sensi dell’articolo 442 codice di procedura civile, presso il Tribunale del circondario in cui risiede l’attore, istanza di accertamento tecnico per la verifica preventiva delle condizioni sanitarie legittimanti la pretesa fatta valere.
Il giudice procede a norma dell’articolo 696-bis codice di procedura civile, in quanto compatibile nonché secondo le previsioni inerenti all’accertamento peritale di cui all’articolo 10, comma 6-bis, del decreto-legge 30 settembre 20 05, n. 203, convertito, con modificazioni, dalla legge 2 dicembre 2005, n. 248, e all’articolo 195.
L’espletamento dell’accertamento tecnico preventivo costituisce condizione di procedibilità della domanda. L’improcedibilità deve essere eccepita dal convenuto a pena di decadenza o rilevata d’ufficio dal giudice, non oltre la prima udienza. Il giudice ove rilevi che l’accertamento tecnico preventivo non è stato espletato ovvero che è iniziato ma non si è concluso, assegna alle parti il termine di 15 giorni per la presentazione dell’istanza di accertamento tecnico ovvero di completamento dello stesso».
I commi 6 e 7 del medesimo articolo dispongono inoltre: “6. Nei casi di mancato accordo la parte che abbia dichiarato di contestare le conclusioni del consulente tecnico dell’ufficio deve depositare, presso il giudice di cui al comma primo, entro il termine perentorio di trenta giorni dalla formulazione della dichiarazione di dissenso, il ricorso introduttivo del giudizio, specificando, a pena di inammissibilità, i motivi della contestazione. 7. La sentenza che definisce il giudizio previsto dal comma precedente è inappellabile”.
In buona sostanza, evidenzia il Tribunale, il legislatore ha delineato un meccanismo giudiziale per l’accertamento dei diritti connessi alla condizione di invalido civile, che, ove l’esito del procedimento amministrativo sia stato sfavorevole per mancato riconoscimento del presupposto sanitario, prevede necessariamente l’espletamento di una prima fase di accertamento della mera condizione sanitaria mediante un procedimento speciale ad hoc.
In definitiva, a partire dal 2012, il beneficiario, cui è stato negato il requisito sanitario in sede amministrativa, se intende proporre un giudizio in materia di invalidità civile, potrà accedervi solo dopo un giudizio per ATP delle condizioni sanitarie, e non può proporre direttamente un giudizio ordinario, giudizio che ove proposto deve essere definito con una declaratoria di improcedibilità.
Inoltre, il giudizio instaurato a seguito dell’Accertamento Tecnico Preventivo ha carattere impugnatorio, nella misura in cui si richiede alla parte ricorrente di specificare a pena di inammissibilità del ricorso i motivi specifici di contestazione della consulenza.
Si tratta di un giudizio radicalmente nuovo e diverso dal procedimento giurisdizionale esperibile fino all’entrata in vigore della nuova normativa, e come tale del tutto incompatibile con la sopravvivenza di quest’ultimo.
Né la sopravvivenza di un giudizio ordinario si giustificherebbe con l’esigenza di impedire il verificarsi della decadenza prevista dall’art. 42 d.l. 30/09/03 n. 269 conv. in l. 24/11/03 n. 326.
La proposizione dell’ATP è già di per sé idonea a produrre tale effetto.
Risulterebbe palesemente illogico, prevedere un procedimento speciale obbligatorio e parallelamente un giudizio ordinario parimenti da proporre obbligatoriamente ma al solo fine di impedire la decadenza, prima di sentirne dichiarare la improcedibilità, in favore dell’ATP.
Relativamente alla previsione dello stringente termine di 15 gg. per la presentazione dell’istanza di ATP o di completamento dello stesso, che il giudice deve assegnare alle parti contestualmente alla dichiarazione di improcedibilità, la finalità è quella di conservare, al giudizio erroneamente proposto e pertanto dichiarato improcedibile, la sua idoneità quantomeno ad impedire il verificarsi della decadenza semestrale per l’impugnazione del verbale reso in sede amministrativa ai sensi dell’art. 42 d.l. 30/09/03 n. 269 conv. in l. 24/11/03 n. 326.
Detto in altri termini, qualora la parte non abbia proposto, come avrebbe dovuto, l’istanza di ATP nel termine semestrale di decadenza dalla comunicazione del provvedimento reso in sede amministrativa, ma abbia proposto entro quel medesimo termine, il ricorso ordinario sulla base della normativa previgente, questo ricorso sarà dichiarato improcedibile ma la presentazione, nel termine di 15 giorni dalla dichiarazione di improcedibilità, dell’istanza di ATP (o di completamento dello stesso ove nelle more del giudizio ordinario sia stato iniziato ma non completato), farà sì che la parte non incorra nella decadenza, come se avesse fin dall’inizio instaurato il procedimento obbligatorio.
Ciò tuttavia non esclude che il giudizio ordinario debba comunque ritenersi concluso, non essendo possibile ipotizzare la sopravvivenza di un procedimento, in materia di invalidità civile, che non sia stato introdotto da un ricorso successivo all’Accertamento Tecnico Preventivo, contenente a pena di inammissibilità i motivi di contestazione dell’ATP.
Ciò doverosamente vagliato, il ricorrente, non ha dedotto, né prodotto, alcunchè in merito agli ulteriori requisiti socio – economici necessari alla fruizione del beneficio cui è preordinato l’ATPO (in particolare, i requisiti economici necessari all’ottenimento dell’assegno d’invalidità).
Tali allegazioni e/o produzioni sarebbero state necessarie al fine di verificare l’interesse ad agire del ricorrente, ex art. 100 c.p.c. , da ritenersi, pertanto, non provato.
L’interesse ad agire “deve essere attuale e il diritto all’azione ex art. 24 Costituzione ha per oggetto diritti (o interessi legittimi) nella loro intera fattispecie costitutiva, deve escludersi l’ammissibilità di un’azione di accertamento che abbia per oggetto un fatto che costituisca uno solo dei presupposti del diritto ” (in tal senso, ex multis, Cass., Sez. 3, Sentenza n. 5074/2007; sent. n. 17877/2007; ord. n. 2051/2011; sent. n. 6749/2012).
Considerata, quindi, la mancata prova dell’interesse ad agire il Tribunale dichiara la domanda inammissibile.
In conclusione, il Tribunale di Foggia, in qualità di Giudice del lavoro, dichiara la domanda inammissibile e compensa tra le parti integralmente le spese di lite attesi i contrasti giurisprudenziali in materia.
Avv. Emanuela Foligno
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