E’ compito della casa di cura dimostrare che l’inadempimento non vi è stato ovvero che, pur esistendo, esso non è stato eziologicamente rilevante

E’ onere della struttura sanitaria provare che l’inadempimento non è dovuto a sue responsabilità ma ad altre cause. Lo ha affermato la Corte d’Appello di Napoli nella sentenza n. 350/2020

Il sig.***** veniva operato per un igroma al ginocchio presso una casa di cura. Durante l’intervento contraeva una infezione nosocomiale, per la quale conveniva in giudizio la casa di cura, accusandola di non aver adeguatamente proceduto alla disinfezione degli strumenti chirurgici e degli ambienti operatori.

Si costituiva in giudizio la casa di cura la quale a sua volta chiamava in giudizio il medico, dott****, il quale era stato l’esecutore materiale dell’intervento e pertanto doveva essere ritenuto responsabile di quanto era avvenuto in sala operatoria.

Il medico, costituitosi in giudizio, chiedeva il rigetto integrale della domanda della casa di cura nei suoi confronti, e chiamava a sua volta in giudizio la propria compagnia assicuratrice, dalla quale intendeva essere sollevato in caso di soccombenza.

L’assicurazione interveniva nel giudizio, eccependo l’assoluta infondatezza della domanda contro il medico. Si costituiva in proprio anche il coniuge chiedendo il risarcimento dei danni per le limitazioni intervenute nella vita della propria congiunta.

Il Tribunale di Napoli accoglieva la domanda di parte attrice, rigettava la domanda avanzata dalla Casa di Cura nei confronti del medico e assegnava alla parte il risarcimento per quanto di ragione.

La Casa di Cura decideva di proporre appello avverso la sentenza di primo grado, perché il giudice del gravame accogliesse la domanda nei confronti del medico dott********.

La Corte d’appello così statuiva: ” ….consegue che, correttamente, rilevata la mancanza di tale prova – di cui era onerata la struttura sanitaria – il giudice di primo grado ha affermato la responsabilità di quest’ultima nella causazione dell’infezione, per non aver adottato le necessarie cautele atte ad evitare l’insorgenza della complicanza infettiva. Come, infatti, chiarito dalla Suprema Corte, “ai fini del riparto dell’onere probatorio, l’attore, paziente danneggiato, deve limitarsi a provare l’esistenza del contratto (o del contatto sociale) e l’insorgenza o l’aggravamento della patologia ed allegare l’inadempimento del debitore, astrattamente idoneo a provocare il danno lamentato, rimanendo a carico del debitore dimostrare o che tale inadempimento non vi è stato ovvero che, pur esistendo, esso non è stato eziologicamente rilevante” (ex pluribus, Cass. III, 11/03/2016, n. 4764).

Come chiarito, anche più di recente, dalla Suprema Corte (cfr. Cass. n. 28989/2019), “una volta comprovata la riconducibilità causale del danno alla salute al fatto della struttura sanitaria che aveva accettato il ricovero (….) incombeva su detta struttura l’onere di fornire la prova della riconducibilità dell’inadempimento a una causa autonoma ad essa struttura non imputabile, in coerenza al principio, consolidato nella giurisprudenza di legittimità, in forza del quale, in tema di responsabilità contrattuale della struttura sanitaria, incombe sul paziente che agisce per il risarcimento del danno l’onere di provare il nesso di causalità tra l’insorgenza di una nuova malattia e l’azione o l’omissione dei sanitari, mentre, ove il danneggiato abbia assolto a tale onere, spetta alla struttura dimostrare l’impossibilità della prestazione derivante da causa non imputabile, provando che l’inesatto adempimento è stato determinato da un impedimento imprevedibile ed inevitabile con l’ordinaria diligenza” (cfr. anche Cass. ordinanza n. 26700/2018; sentenza n. 18392/2017)”.

                                                                              Avv. Claudia Poscia

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