La sospensione delle azioni esecutive contro le Asl deve costituire un evento eccezionale, sorretto da un ragionevole bilanciamento tra i valori costituzionali in conflitto (Corte Costituzionale, Sentenza n. 236 del 7 dicembre 2021)
La Corte Costituzionale è chiamata ad esprimere giudizi di legittimità costituzionale dell’art. 117, comma 4, del decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34 (Misure urgenti in materia di salute, sostegno al lavoro e all’economia, nonché di politiche sociali connesse all’emergenza epidemiologica da COVID-19).
Con ordinanza del 4 gennaio 2021, il Tribunale ordinario di Napoli ha sollevato questioni di legittimità costituzionale dell’art. 117, comma 4, del decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34 in riferimento agli artt. 24 e 111 della Costituzione.
Il Tribunale espone di operare quale Giudice dell’esecuzione in una procedura espropriativa a carico dell’Azienda Ospedaliera di Rilievo Nazionale A. Cardarelli, instaurata con pignoramento notificato nel luglio 2019 in forza di una sentenza di condanna emessa nel febbraio 2018 avente ad oggetto il risarcimento del danno sofferto per la morte di un congiunto.
Il rimettente aggiunge di dover emettere ordinanza di assegnazione della somma, avendo il terzo pignorato, tesoriere dell’Azienda, reso dichiarazione positiva di quantità a norma dell’art. 547 del c.p.c. e non risultando attivo il vincolo di impignorabilità.
Tuttavia, ad avviso del Giudice a quo, l’ordinanza di assegnazione non potrebbe essere emanata per la sopravvenienza della disposizione censurata, poiché questa, nel contesto delle misure urgenti di gestione dell’emergenza sanitaria da COVID-19, ha previsto la sospensione delle azioni esecutive contro le Asl e l’inefficacia dei pignoramenti nei confronti degli enti del Servizio Sanitario nazionale fino al 31 dicembre 2020.
Secondo il Tribunale la disposizione censurata potrebbe violare l’art. 24 Cost., «atteso che il “sacrificio” posto a carico dei creditori degli enti del servizio sanitario nazionale (sotto forma di improcedibilità delle azioni esecutive dagli stessi già promosse) non appare “bilanciato” con la previsione di un sistema di effettiva tutela equivalente».
Sarebbe violato anche l’art. 111 Cost. «con riguardo al concetto della “parità delle armi”, atteso che, con la disposizione censurata, il legislatore ha finito per introdurre una fattispecie di ius singulare che – pur originata da comprensibili preoccupazioni legate all’emergenza epidemiologica in corso – ha determinato uno sbilanciamento fra due posizioni in gioco, esentando quella pubblica, di cui lo Stato risponde economicamente, dagli effetti pregiudizievoli delle condanne giudiziarie subite».
Secondo l’Avvocatura, la norma censurata, in quanto volta al recupero di liquidità per il miglior funzionamento del servizio sanitario nella fase dell’emergenza pandemica, è «giustificata, sul piano della ragionevolezza e della proporzionalità, dalla tutela del bene della salute collettiva», di cui agli artt. 2 e 32Cost.
La gravità dell’emergenza sanitaria renderebbe la fattispecie imparagonabile con quella oggetto della sentenza n. 186 del 2013, quest’ultima connotata peraltro da un’assai più lunga durata del “blocco” delle esecuzioni e dall’assenza di misure compensative.
Con ordinanza del 31 marzo 2021, iscritta al n. 98 del registro ordinanze 2021, il Tribunale amministrativo regionale per la Calabria, sezione staccata di Reggio Calabria, ha sollevato questioni di legittimità costituzionale dell’art. 117, comma 4, del d.l. n. 34 del 2020, come convertito, modificato dall’art. 3, comma 8, del d.l. n. 183 del 2020, come convertito, per violazione degli artt. 3, 24, primo e secondo comma, e 111, secondo comma, Cost.
Il rimettente espone di essere investito del giudizio instaurato dalla Casa di Cura Villa S. Anna spa per l’ottemperanza al giudicato formatosi su decreto ingiuntivo dalla stessa ottenuto nel febbraio 2019 verso l’Azienda sanitaria provinciale di Reggio Calabria per il corrispettivo di prestazioni erogate in regime di accreditamento negli anni 2016 e 2017.
Richiamata la prima ordinanza di rimessione del Tribunale di Napoli, il TAR Calabria ne fa propri gli argomenti, declinandoli con specifico riguardo alla proroga dell’efficacia della disposizione censurata, che avrebbe determinato «l’aggravamento del margine di incertezza in ordine all’an e al quando del soddisfacimento delle legittime ragioni creditorie».
Anche il Tribunale ordinario di Benevento ha sollevato questioni di legittimità costituzionale dell’art. 117, comma 4, del d.l. n. 34 del 2020, come convertito, in riferimento agli artt. 24, 111 e 136 Cost.
Il rimettente espone di operare quale giudice dell’esecuzione instaurata con pignoramento in forza di un decreto ingiuntivo per il corrispettivo di forniture di materiale ospedaliero, procedura sospesa per effetto della disposizione oggetto di censura.
Una delle ordinanze di rimessione, lamentando la violazione dei medesimi parametri indicati, aggiunge uno specifico riferimento all’eccessiva durata del “blocco”, prorogata – mediante modifica all’indicato art. 117, comma 4 – dal 31 dicembre 2020 al 31 dicembre 2021 ad opera dell’art. 3, comma 8, del decreto-legge 31 dicembre 2020, n. 183, recante «Disposizioni urgenti in materia di termini legislativi, di realizzazione di collegamenti digitali, di esecuzione della decisione (UE, EURATOM) 2020/2053 del Consiglio, del 14 dicembre 2020, nonché in materia di recesso del Regno Unito dall’Unione europea», convertito, con modificazioni, nella legge 26 febbraio 2021, n. 21.
La Corte osserva che l’art. 115, comma 1, del d.l. n. 34 del 2020 ha previsto l’istituzione di un «Fondo per assicurare la liquidità per pagamenti dei debiti certi, liquidi ed esigibili», distinto in due sezioni, con separate dotazioni, l’una «per debiti diversi da quelli finanziari e sanitari» e l’altra per i debiti degli «enti del Servizio Sanitario Nazionale».
A norma del successivo art. 116, commi 1 e 4, gli Enti locali e le Regioni che, per carenza di liquidità, anche a seguito della situazione straordinaria derivante dall’epidemia da COVID-19, non possono far fronte ai pagamenti dei debiti certi, liquidi ed esigibili maturati alla data del 31 dicembre 2019, relativi a somministrazioni, forniture, appalti e a obbligazioni per prestazioni professionali, possono chiedere alla Cassa depositi e prestiti un’anticipazione di liquidità da destinare ai predetti pagamenti, a valere sulla sezione per i debiti diversi da quelli finanziari e sanitari.
Analoga anticipazione possono chiedere, a norma del successivo art. 117, comma 5, le Regioni i cui enti sanitari, per la situazione straordinaria derivante dalla pandemia, non riescono a far fronte ai pagamenti dei debiti certi, liquidi ed esigibili maturati alla data del 31 dicembre 2019, relativi a somministrazioni, forniture, appalti e a obbligazioni per prestazioni professionali, e in tal caso l’anticipazione vale sulle risorse della sezione per i debiti degli enti sanitari.
I rimettenti hanno giudicato l’esistenza del mezzo di tutela alternativa correlato a tale anticipazione di liquidità inidoneo, poiché la richiesta di provvista è solo in facoltà della singola Regione, oltre ad essere funzionale al pagamento dei soli debiti commerciali.
Trattasi di una motivazione non implausibile, che supera il controllo “esterno” di ammissibilità demandato alla Corte Costituzionale.
Anche qualora la singola Regione abbia esercitato in concreto la facoltà di chiedere l’anticipazione di liquidità – ciò che l’Avvocatura deduce nei giudizi promossi dal Tribunale di Napoli –, non si può dubitare della rilevanza delle questioni, giacché essa concerne l’applicazione della disposizione censurata e la pregiudizialità rispetto alla definizione del processo principale (ex multis, sentenze n. 85 del 2020, n. 160 del 2019 e n. 105 del 2018), non necessariamente gli effetti concreti di un’eventuale pronuncia di illegittimità costituzionale per le parti in causa (ex plurimis, sentenze n. 172 del 2021, n. 253 e n. 170 del 2019, n. 20 del 2016).
La denunciata violazione da parte dell’art. 117, comma IV, D.L. 34/2020, del giudicato di cui all’art. 136 Cost. non è fondata, poiché si configura solo quando la nuova disposizione mantiene in vita o ripristina gli effetti della medesima struttura normativa oggetto della pronuncia di illegittimità costituzionale (ex multis, sentenze n. 272 e n. 256 del 2020, n. 101 del 2018, n. 231 del 2017 e n. 72 del 2013).
Fondate, invece, le questioni sollevate da tutti i rimettenti in riferimento agli artt. 24 e 111 Cost., limitatamente alla proroga dal 31 dicembre 2020 al 31 dicembre 2021, di cui all’art. 3, comma 8, del
D.L.. n. 183/2020.
Occorre quindi verificare se l’art. 117, comma 4, del DL. 34/ 2020 violi i parametri di cui agli artt.
24 e 111 Cost. nell’estensione cronologica determinata dall’art. 3, comma 8, del d.l. n. 183 del 2020.
La Corte sottolinea che nel dichiarare l’illegittimità costituzionale, per violazione degli artt. 3, primo comma, e 24, primo e secondo comma, Cost., dell’art. 13, comma 14, del DL 183/ 2020 – recante la proroga dal 31 dicembre 2020 al 30 giugno 2021 della sospensione delle procedure aventi ad oggetto l’abitazione principale del debitore –, la sentenza n. 128 del 2021 ha ribadito che la tutela in executivis è componente essenziale del diritto di accesso al Giudice, sicché la sospensione delle procedure esecutive deve costituire un evento eccezionale, sorretto da un ragionevole bilanciamento tra i valori costituzionali in conflitto.
Tale decisione ha rimarcato che, se l’irrompere dell’emergenza pandemica da COVID-19 può aver giustificato in una prima fase il sacrificio dei creditori procedenti sulla base di un criterio applicativo «a maglie larghe», la proroga della misura nelle fasi successive avrebbe richiesto da parte del legislatore una riedizione e un affinamento del bilanciamento sotteso alla misura, poiché la sua invarianza cristallizza un pregiudizio individuale che dovrebbe essere invece strettamente limitato nel tempo.
“Uno svuotamento legislativo degli effetti di un titolo esecutivo giudiziale non è compatibile con l’art.24 Cost. se non è limitato ad un ristretto periodo temporale ovvero controbilanciato da disposizioni di carattere sostanziale che garantiscano per altra via l’effettiva realizzazione del diritto di credito.”
In difetto di queste cautele, la disposizione legislativa vulnera il diritto di azione e si risolve in uno «ius singulare che determina lo sbilanciamento fra le due posizioni in gioco, esentando quella pubblica, di cui lo Stato risponde economicamente, dagli effetti pregiudizievoli della condanna giudiziaria, con violazione del principio della parità delle parti di cui all’art. 111 Cost.».
Nonostante l’evoluzione dell’emergenza sanitaria e la possibilità di ricalibrare su di essa la programmazione di cassa, l’art. 3, comma 8, del DL n. 183 del 2020 ha prorogato la misura in danno dei creditori per un intero anno senza alcun aggiornamento della valutazione comparativa tra i loro diritti giudizialmente accertati e gli interessi dell’esecutato pubblico.
In tal modo, gli effetti negativi del blocco delle esecuzioni sono stati lasciati a carico dei creditori, tra i quali possono trovarsi anche soggetti cui è stato riconosciuto un risarcimento in quanto gravemente danneggiati nella salute, o operatori economici a rischio di espulsione dal mercato.
Per tali ragioni viene dichiarata l’illegittimità costituzionale dell’art. 3, comma 8, del DL n. 183 del 2020, come convertito, per violazione degli artt. 24 e 111 Cost., con assorbimento della questione di cui all’art. 3 Cost.
Avv. Emanuela Foligno
Leggi anche:
Il diritto all’autodeterminazione secondo la Corte Costituzionale