Tutto quello che c’è da sapere sull’infezione epatica: le diverse forme che esistono per riconoscere la malattia, prevenire ed evitare il contagio

L’infezione epatica colpisce il fegato e deriva da cause diverse tra cui il contatto con alimenti o acque contaminate, rapporti sessuali non protetti. Genera dei malfunzionamenti del fegato, che possono essere passeggeri o cronici, degenerando anche in tumore.
Ad oggi sono note 5 tipologie principali di infezione epatica determinate dai virus epatitici maggiori: l’epatite A, l’epatite B e l’epatite C, l’epatite D (Delta) e l’epatite E. Tra i virus epatitici minori troviamo invece citomegalovirus, virus di Epstein-Barr, virus Coxsackie ed herpesviru, che in concomitanza alla malattia di base possono a volte causare un quadro di epatite di varia gravità.
Esiste un piano nazionale per la prevenzione delle forma di infezione epatica più diffuse ossia l’epatiti virali B e C, varato nel 2015. Cinque le linee strategiche individuate dai Componenti del Gruppo di lavoro per la prevenzione delle epatiti: Epidemiologia, Prevenzione, Sensibilizzazione informazione e formazione, Cura trattamento e accesso, Impatto sociale. 
Il Pnev mira a definire
 un approccio omogeneo con la realizzazione di un Pdta nazionale per il trattamento delle epatiti B e C, equità e parità di accesso alle cure. Molta importanza viene data anche alla prevenzione con campagne informative capillari, rivolte sia agli operatori del settore sanitario sia alla popolazione, e con una standardizzazione a livello nazionale delle attività di prevenzione. Particolare attenzione viene poi data alla trasmissione perinatale con campagne di sensibilizzazione e prevenzione specifiche e attraverso la somministrazione del vaccino anti-HBV>95% nei nuovi nati. Per i malati e i loro familiari viene poi istituito un servizio di counselling per migliorare la qualità della vita.
Vediamo ora le principali caratteristiche delle diverse forme di infezioni epatiche e gli accorgimenti per evitare il contagio.
L’epatite A (HAV)
L’infezione epatica determinata dal virus a RNA appartenente al genere Heparnavirus, nota comunemente come epatite A, è una malattia infettiva acuta che colpisce le cellule del fegato.
Si trasmette per via orale-fecale, attraverso il consumo di frutti di mare, altri cibi crudi (o non cotti a sufficienza) e bevande contaminate o con il contatto diretto con persone infette.
Non cronicizza e decorre in modo asintomatico. Qualora siano presenti dei sintomi, si manifestano prevalentemente dopo 15-45 giorni dal contatto con il virus e si caratterizzano per stanchezza, perdita di appetito, nausea e vomito intermittenti, febbre, dolori addominali e ittero.
L’epatite A ha un’evoluzione benigna, perché dopo la guarigione, che avviene entro 10 settimane, fornisce un’immunità permanente alla malattia. Rare le forme fulminanti, che tendono a manifestarsi dopo i 50 anni, con una prognosi sfavorevole con decesso nell’80% dei casi.
Tra gli accorgimenti per non contrarre l’infezione epatica determinata dal visus A: lavare accuratamente frutta e verdura, non bere acqua dai pozzi, consumare frutti di mare solo se cotti, consumare i frutti di bosco surgelati solo se cotti, curare l’igiene personale.
Esiste un vaccino che può proteggere dall’epatite A, altamente efficace e ben tollerato. Si tratta di un vaccino da virus inattivato, ossia ucciso, che fornisce una copertura per 10-20 anni. Ultimamente scarseggia nel nostro paese a causa del perdurare dello stato di carenza legato storicamente alla revoca da parte della Crucell Italy Srl di tutte le proprie Aic. La vaccinazione è offerta gratuitamente a persone con malattie epatiche croniche, persone che viaggiano in paesi in cui l’epatite A è endemica, omosessuali maschi, soggetti che fanno uso di droghe, persone che lavorano in laboratori o che sono a contatto con familiari con epatite A in atto.
L’epatite B (HBV)
L’infezione epatica causata da un virus a DNA appartenente al genere degli Orthohepadnavirus, nota come epatite b, è uno dei virus più infettivi al mondo
L’epatite B può evolvere in quattro modi differenti in base alla carica virale e alla diversa reazione immunitaria dell’ospite infettato. Nel 90% dei casi si ha una completa guarigione con l’acquisizione di una un’immunità permanente alla malattia. Tra il 5 e il 10% dei casi porta ad un’infezione cronica – rendendo la persona infetta – che nel giro di 10-30 anni compromette la funzionalità epatica con l’eventuale insorgenza di cirrosi epatica o di carcinoma epatocellulare primitivo. Può evolvere anche in una epatite fulminante, che necessita di un trapianto, oppure il virus può persistere nel fegato senza provocare danni (stato di portatore inattivo).
L’epatite B si trasmette venendo a contatto con liquidi biologici infetti. Ci si può contagiare con trasfusioni di sangue o emoderivati infetti – il rischio oggi è notevolmente diminuito grazie allo screening dei donatori di sangue –  con siringhe, aghi e strumenti sanitari non adeguatamente sterilizzati o con l’uso di spazzolini, rasoi e forbici di persone infette.  
Nei bambini l’epatite B è perlopiù asintomatica, mentre negli adulti si manifesta con inappetenza, malessere generale, dolore muscolare, febbre e nausea. Segni della malattia sono poi l’ittero e le urine scure color marsala, a causa della presenza della bilirubina nel sangue.
Non serve una terapia specifica per l’infezione epatica determinata dal virus B in quanto il nostro organismo è in grado di debellare da solo l’infezione. Per accelerare la guarigione i medici raccomandano riposo a letto, dieta leggera ricca di liquidi, evitando alcol, cibi grassi da evitare anche l’assunzione di farmaci.
Qualora la malattia diventi cronica, la terapia farmacologica – che in Italia può essere somministrata solo da centri ospedalieri o universitari – è volta a migliorare le condizioni di vita dei pazienti, garantendo la sopravvivenza, prevenendo la degenerazione verso la cirrosi, l’insufficienza epatica o il tumore.
Anche per l’epatite B esiste un vaccino sin dal 1991 che ha contribuito a debellare la malattia.
Tra gli accorgimenti per evitare il contagio: utilizzare strumenti medici monouso o usa e getta, non scambiare oggetti personali che possono entrare in contatto con liquidi biologici, usare il preservativo nei rapporti sessuali con partner sconosciuti o portatori di HBsAg.
L’epatite C (HCV)
L’infezione epatica causata da un virus a RNA (HCV) appartenente al genere Hepacivirus, è nota come epatite C.
L’epatite C si trasmette entrando in contatto con liquidi biologici infetti, con l’uso di strumenti medici non sterilizzati e non usa e getto omonouso, con trasfusioni da sangue infetto e con l’uso di droghe per via endovenosa con lo scambio delle siringhe.
Questa infezione epatica ha un decorso perlopiù sintomatico, o con il manifestarsi di sintomi vaghi.La guarigione avviene in circa il 20% dei casi, nei resti casi si cronicizza trasformandosi eventualmente in cirrosi.
Non esiste un vaccino contro l’epatite C. Si può evitare la trasmissione della malattia utilizzando strumenti usa e getta, proteggendosi nei rapporti sessuali e rispettando le norme igieniche personali e alimentari.
L’epatite D (HDV)
Esiste anche una tipologia di infezione epatica satellite, l’epatite D, che si manifesta solo in concomitanza con la presenza di altri virus, specificatamente in soggetti colpiti dal virus HBV ossia dall’epatite B.
L’epatite D si manifesta in due modi, simultaneamente a quella B tanto che sono clinicamente simili oppure con una sovra-infezione in un portatore cronico da HBV in questo caso il decorso è acuto e a volte fatale.
L’epatite D si trasmette negli stessi modi dell’epatite B, e il vaccino per l’infezione da HBV rende immuni anche da questo virus.
L’epatite E (HEV)
L’infezione epatica classificato nella famiglia dei Caliciviridae, nota come epatite E, è un virus autolimitante e anitterica.
Nella sintomatologia è simili all’infezione epatica generata dal virus A. Anche la trasmissione rispetta i medesimi criteri dell’epatite A per via oro-fecale con l’acqua contaminata da feci che risulta il primo fattore di contagio.
Il decorso clinico può essere particolarmente severo nelle donne in gravidanza (specialmente durante il terzo trimestre), con una letalità che può raggiungere il 20%.
Non è ancora in commercio un vaccino che renda immuni da questo virus, anche se sono attivi diversi studi.

Barbara Zampini

 
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