Il giocatore di rugby veniva incorporato nella Polizia di Stato ai sensi dell’art. 1 della legge n. 343/1980 in data 15 luglio 1998 e immediatamente veniva reclutato in qualità di atleta della rappresentativa Seniores dal Gruppo Sportivo Fiamme Oro Rugby, sezione rugbistica del Gruppo Sportivo Fiamme Oro.
Tale attività sportiva veniva prestata sino al 30 giugno 2005, quando il ricorrente, dopo un infortunio di gioco, si vedeva costretto a passare ai servizi ordinari con la qualifica raggiunta di “Assistente”. A seguito dell’infortunio riportato in data 17 aprile 2005 la vittima veniva sottoposta ad accertamenti clinici, che rilevavano, tra l’altro, altre patologie.
La causa di servizio
In data 4 luglio 2005 veniva presentata domanda di riconoscimento da causa di servizio con manifestazioni cliniche di impegno funzionale e radicolare, oltre che per la liquidazione di equo indennizzo. Successivamente, in data 15 giugno 2006, il poliziotto presentava ulteriore domanda di riconoscimento della causa di servizio evidenziata da esami medici del 25 gennaio 2006, con relativa domanda di equo indennizzo.
Entrambe le domande venivano respinte dal Ministero dell’Interno con decreto n. 1606/13 del 20 marzo 2013, richiamato il parere del Comitato di Verifica per le Cause di Servizio n. 33586/2010 del 21 giugno 2011, che negava la dipendenza da causa di servizio per entrambe le patologie.
La questione finisce dinanzi al TAR Lazio. Con nuovo D.M. n. 2677/14 in data 10 settembre 2014, adottato in conformità all’ulteriore parere n. 12645 espresso dal Comitato di Verifica per le Cause di Servizio nella seduta del 2 luglio 2014 (confermativo del precedente giudizio negativo), veniva nuovamente e definitivamente negato il riconoscimento della dipendenza da causa di servizio delle infermità, confermato, poi, dall’adito TAR.
L’attività sportiva del giocatore di rugby nelle Fiamme Oro
Tale decisione viene impugnata e il Consiglio di Stato accoglie il gravame.
Il Comitato di Verifica per le Cause di Servizio (anche nel parere del 2 luglio 2014) ha rapportato la propria indagine scientifica esclusivamente a quella che gli era stata indicata, dal Ministero dell’Interno con nota di riesame del 29 aprile 2014, come una breve durata di due anni. Infatti, ha valutato – poiché così gli era stato indicato dal Ministero dell’Interno – i rapporti informativi dell’Istituto per Sovrintendenti di Spoleto del 22 gennaio 2014 e del Reparto Mobile di Roma del 25 febbraio 2014, dove si certificava solo parzialmente l’attività di atleta svolta dalla vittima.
Tuttavia, è provato che il Comitato di Verifica non ha valutato la circostanza dello svolgimento, da parte del poliziotto, per la Polizia di Stato, e più precisamente per il suo gruppo sportivo rappresentativo denominato “Fiamme Oro”, di attività sportiva a far data dall’anno 1998 sino al 2005, e quindi non solamente per due anni.
Neppure il Comitato ha valutato il foglio matricolare del poliziotto, e precisamente della tabella “M”, ove emerge la storia degli infortuni e lesioni subite dal ricorrente durante il servizio e il periodo in questione, servizio caratterizzato da allenamenti e gioco a forte impatto fisico, conseguenza naturale della pratica del Rugby.
Tutti i suddetti elementi avrebbero potuto influenzare la decisione finale in ordine all’ascrivibilità delle citate patologie alla specifica causa di servizio, rapportata non più a soli due anni di intensa prestazione fisica, bensì ai sette anni (dal 1998 al 2005), durante i quali, tra l’altro, la vittima ha partecipato sotto il vessillo delle Fiamme Oro a competizioni di alto livello.
Le patologie conseguenza degli allenamenti del giocatore di rugby
Questo significa che il Ministero dell’Interno doveva discostarsi dal parere espresso dal Comitato di Verifica.
Oltre a ciò, la perizia di parte allegata al ricorso introduttivo di primo grado riportava che: “i traumi più gravi sono sicuramente quelli a carico del rachide, soprattutto a livello cervicale, dove il meccanismo di iperflessione può determinare la frattura o la lussazione della quarta vertebra rispetto alla quinta o della quinta rispetto alla sesta, con possibili danni midollari immediati o differiti”, e che “… va ricordato … che il giocatore di rugby è soggetto anche ad una patologia traumatica di tipo (non acuta), legata al sovraccarico funzionale conseguente al sempre maggior impegno delle strutture osteoarticolari, muscolari e tendinee derivanti dallo stile e dai contatti di gioco, spesso violenti, e dagli allenamenti sempre più duri”.
In conclusione, il Consiglio di Stato, in riforma della impugnata sentenza, accoglie il gravame con annullamento degli atti impugnati.
Avv. Emanuela Foligno