Non dimostrato il nesso causale tra la prestazione lavorativa e il danno subito da una donna in occasione di un infortunio in area esterna al luogo lavorativo
La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 32259/2021, si è pronunciata sul ricorso di una donna, agente di polizia municipale, che si era vista negare, in sede di merito, il risarcimento del danno subito a seguito di un infortunio occorsole in area esterna al luogo lavorativo. La Corte territoriale, in accordo con il primo giudice, aveva ritenuto mancante la prova del nesso causale tra la prestazione lavorativa ed il danno.
La donna era uscita dalla palazzina degli uffici e si trovava in un’area destinata alla polizia locale; non era chiaro se si trattasse di una pausa di lavoro, circostanza che il Comune negava mentre la lavoratrice assumeva trattarsi di pausa per attività su videoterminale.
Per il Collegio territoriale, anche a voler ritenere l’area esterna come pertinenziale agli uffici e la pausa in tale area legittima, mancava la prova del nesso di causa tra le condizioni generali dell’area ed il fatto. L’allegazione della lavoratrice sul fatto che ella stesse procedendo sulla striscia di cemento utilizzata per il camminamento che dal cancello di ingresso portava alla palazzina degli uffici non aveva trovato riscontro probatorio diretto. A maggior ragione non era dimostrato che il camminamento non perfettamente livellato fosse stato causa dell’evento, non essendo noto dove la danneggiata si trovasse al momento della caduta. Non era pertanto dimostrato che fosse causa della caduta un difetto di manutenzione o segnalazione del pericolo da parte del Comune: i testi avevano riferito che nella zona non si erano verificati in precedenza infortuni e che parte dell’area era destinata anche a parcheggio delle autovetture; il vialetto ritratto in una fotografia presentata in giudizio portava ad un ingresso carrabile e non a quello pedonale mentre quest’ultimo non presentava i difetti lamentati dalla lavoratrice.
Nel rivolgersi alla Suprema Corte, la ricorrente deduceva, tra gli altri motivi, falsa applicazione degli articoli 2087 e 1218 cod. civ. in relazione all’articolo 2697 cod. civ. 3. La censura, nello specifico, coglieva la statuizione relativa al difetto di prova del nesso di causa tra le condizioni generali dell’area esterna ed il fatto. La parte ricorrente evidenziava, al riguardo, che, trattandosi di responsabilità contrattuale, il riparto degli oneri probatori era regolato dall’articolo 1218 cod. civ. sicché era il debitore a dovere provare l’adempimento o l’impossibilità della prestazione per causa non imputabile. Nella specie risultavano violate le disposizioni dell’articolo 8 DPR nr. 574/1955 (Vie di circolazione, zone di pericolo, pavimenti e passaggi) e dell’allegato IV 1.4 D. Lgs. nr. 81/2008: entrambi i testi avevano dichiarato che non vi erano cartelli o avvisi che segnalassero il pericolo (l’irregolarità del suolo o della pavimentazione). L’inosservanza di specifiche norme di prevenzione dimostrava la colpa del datore di lavoro (che neppure aveva depositato il documento di valutazione dei rischi). Si assumeva, altresì, la erroneità della identificazione della ‘occasione di lavoro’, che ben può sussistere anche durante la pausa lavorativa, quando i comportamenti tenuti dal lavoratore non siano abnormi. Del pari si censurava la identificazione del luogo di lavoro, evidenziando come, ai sensi dell’articolo 62 D.L.gs. nr. 81/2008, si intende per tale ogni pertinenza della azienda accessibile al lavoratore.
Gli Ermellini hanno ritenuto la doglianza inammissibile.
La Corte territoriale aveva infatti fondato il rigetto della domanda risarcitoria sulla mancanza di prova delle circostanze nelle quali si era verificato l’infortunio e, dunque, dell’eventuale rapporto con una situazione di pericolo riguardante l’area pertinenziale agli uffici e non adeguatamente segnalata dal datore di lavoro. Rispetto a tale ratio decidendi non erano pertinenti le censure svolte dalla ricorrente, sotto il profilo della violazione delle regole di riparto dell’onere della prova dell’inadempimento e della colpa nelle obbligazioni contrattuali e di individuazione dell”occasione di lavoro’ e del ‘luogo di lavoro’. Trattavasi, invero, di un accertamento di fatto relativo al rapporto di causalità tra l’inadempimento dedotto dal creditore ed il danno, per il quale l’onere della prova cade a carico del medesimo creditore. Il fatto, accertato dal giudice dell’appello, che non vi fosse prova del luogo in cui la danneggiata era caduta e, pertanto, del rapporto tra eventuali irregolarità dell’area (non segnalate) e la stessa caduta costituiva, infine, un tipico accertamento di merito.
La redazione giuridica
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