Nel caso di infortunio mortale in itinere per il lavoratore il permesso per motivi personali non esclude l’indennizzo per i familiari

La fruizione di un permesso di lavoro per motivi personali non interrompe il nesso di causa con l’attività lavorativa, conseguentemente è indennizzabile l’evento infortunistico verificatosi nel percorso per rientrare al lavoro dopo un permesso retribuito. 

In tal senso ha deciso la Suprema Corte (Cass. Civ., sez. Lavoro, Ordinanza n. 18659 del 8 settembre 2020) che ha accolto le doglianze dei familiari del lavoratore deceduto ed ha enunciato il seguente principio di diritto: “la nozione di rischio elettivo rilevante al fine di escludere l’indennizzabilità dell’infortunio in itinere va circoscritta al caso in cui il lavoratore, in base a ragioni o ad impulsi personali, abbia compiuto una scelta arbitraria che abbia creato e comportato la necessità di affrontare una situazione diversa da quella inerente al cosiddetto percorso normale tra casa e lavoro”.

E’ operativa la copertura INAIL anche per l’incidente stradale subito dal lavoratore durante il rientro in azienda, dopo essere stato temporaneamente assente con un permesso per motivi personali concessogli dalla società datrice di lavoro.

La vertenza trae origine dal sinistro stradale che causava la morte del lavoratore durante il percorso casa-lavoro. La particolarità del caso è che il sinistro stradale si verificava mentre il lavoratore dopo avere utilizzato un permesso retribuito per motivi personali stava rientrando sul luogo di lavoro.

I congiunti delI’uomo presentano domanda volta ad ottenere le prestazioni per i superstiti. Il Tribunale di prime cure accoglie la richiesta, considera il sinistro occorso all’uomo rientrante nella tipologia di infortunio in itinere e condanna l’Inail a rifondere le prestazioni previdenziali inerenti l’infortunio ai familiari del lavoratore deceduto.

La Corte d’Appello, invece, dà ragione all’INAIL e considera che la fruizione di un permesso per motivi personali esclude il nesso di causalità tra l’infortunio e l’attività lavorativa.

La vertenza approda in Cassazione.

Gli Ermellini preliminarmente evidenziano che l’assicurazione obbligatoria erogata dall’Inail comprende anche gli infortuni occorsi alle persone assicurate durante il normale percorso di andata e ritorno dal luogo di abitazione a quello di lavoro e che l’interruzione e la deviazione si intendono necessitate quando sono dovute a cause di forza maggiore, ad esigenze essenziali ed improrogabili o all’adempimento di obblighi penalmente rilevanti.

In altri termini, la garanzia Inail riconosce la tutela assicurativa a qualsiasi infortunio verificatosi lungo il percorso da casa al luogo di lavoro, escludendo qualsiasi rilevanza all’entità del rischio o alla tipologia della specifica attività lavorativa cui l’infortunato sia addetto.

Ciò che viene tutelato, dunque, è il rischio generico cui soggiace qualsiasi persona che lavori, conseguentemente resta confinato il cosiddetto rischio elettivo a tutto ciò che sia dovuto piuttosto ad una scelta arbitraria del lavoratore, il quale crei ed affronti volutamente, in base a ragioni o ad impulsi personali, una situazione diversa da quella legata al cosiddetto percorso normale, ponendo così in essere una condotta interruttiva di ogni nesso tra lavoro-rischio ed evento.

Tanto evidenziato, la Suprema Corte censura la decisione d’Appello e statuisce che il permesso è una sospensione dell’attività lavorativa nell’interesse del lavoratore che ontologicamente non è differente dalle pause o dai riposi.

Non può, pertanto, affermarsi che il lavoratore che si allontani dall’azienda o vi faccia ritorno in relazione alla necessità di fruire del riposo giornaliero non sia tutelato durante il normale percorso di andata e ritorno dal luogo di abitazione a quello di lavoro.

Per tal ragione la sentenza impugnata viene cassata con rinvio in diversa composizione che dovrà decidere secondo il seguente principio di diritto:  “la nozione di rischio elettivo rilevante al fine di escludere l’indennizzabilità dell’infortunio in itinere va circoscritta al caso in cui il lavoratore, in base a ragioni o ad impulsi personali, abbia compiuto una scelta arbitraria che abbia creato e comportato la necessità di affrontare una situazione diversa da quella inerente al cosiddetto percorso normale tra casa e lavoro”.

Avv. Emanuela Foligno

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