Il concorso di colpa del lavoratore nell’infortunio può aver effetto esimente solo in caso di abnormità ed esorbitanza del comportamento assunto
Il datore di lavoro è responsabile dell’infortunio occorso al proprio dipendente non solo per la mancata adozione delle misure di sicurezza, ma anche quando non svolge la dovuta vigilanza sul corretto operato del lavoratore.
“E principio indiscusso che il datore di lavoro sia sempre responsabile dell’infortunio occorso al lavoratore, sia quando ometta di adottare le idonee misure protettive, sia quando non accerti e vigili che di queste misure venga fatto effettivamente uso da parte del dipendente, non potendo attribuirsi alcun effetto esimente all’eventuale concorso di colpa del lavoratore, se non nei limiti in cui questa assuma i caratteri dell’abnormità ed esorbitanza, come pure dell’atipicità ed eccezionalità, così da porsi come causa esclusiva dell’evento.”
In tal senso si è pronunziata la Suprema Corte (Cass. Civ., sezione VI, ordinanza n. 21633 del 8 ottobre 2020), nel decidere l’impugnativa alla sentenza resa dalla Corte d’Appello di Bologna che condannava il datore di lavoro a versare al dipendente infortunato l’importo di euro 147.373,48.
La Corte territoriale ha osservato come il datore di lavoro ed il lavoratore si trovassero all’interno di un capannone; il primo, dopo aver ordinato al dipendente, di “mettere in ordine e pulire il capannone” si allontanava; il lavoratore, assunto il giorno prima, procedendo alla pulizia della betoniera, si infortunava perchè la mano sinistra rimaneva incastrata all’interno del macchinario in movimento.
La Corte d’Appello, nell’affermare la responsabilità del datore di lavoro, ha evidenziato che le disposizioni impartite non consentivano al lavoratore di individuare esattamente il contenuto dell’ordine e le modalità esecutive.
Inoltre, il datore di lavoro, allontanandosi dal capannone non vigilava sulle modalità concrete di attuazione della disposizione impartita al dipendente, in considerazione del fatto che il rapporto di lavoro veniva instaurato solo il giorno precedente.
Oltretutto, il datore di lavoro non dimostrava di avere adottato tutte le misure idonee a preservare l’integrità fisica del lavoratore considerato che la pompa utilizzata dal dipendente era dotata di una copertura di protezione degli organi meccanici la cui rimozione durante la pulitura non interrompeva l’azione degli organi meccanici.
I Giudici di merito hanno anche escluso che il comportamento del lavoratore possa essere considerato abnorme rispetto all’attività da svolgersi.
Il datore di lavoro impugna in Cassazione la decisione della Corte d’Appello lamentando che la pompa era spenta e non collegata ad alcuna presa elettrica e che, quindi, l’infortunio si verificava per esclusiva responsabilità del lavoratore che, peraltro, era esperto e qualificato.
Gli Ermellini considerano il ricorso inammissibile.
Le censure svolte dal datore di lavoro riguardano l’apprezzamento delle fonti di prova e si risolvono in una critica dell’iter logico argomentativo che sorregge la decisione; nessuno dei motivi, però, illustra, nei rigorosi termini richiesti dalla legge, il fatto storico, non esaminato, che abbia costituito oggetto di discussione e che abbia carattere decisivo.
Ad ogni modo, osserva la Corte, è principio indiscusso che il datore di lavoro sia sempre responsabile dell’infortunio occorso al lavoratore, sia quando ometta di adottare le idonee misure protettive, sia quando non accerti e vigili che di queste misure venga fatto effettivamente uso da parte del dipendente, non potendo attribuirsi alcun effetto esimente all’eventuale concorso di colpa del lavoratore, se non nei limiti in cui questa assuma i caratteri dell’abnormità ed esorbitanza, come pure dell’atipicità ed eccezionalità, così da porsi come causa esclusiva dell’evento.
Avv. Emanuela Foligno
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