Riconosciuto, nella causa tra una donna e un Condominio, l’errato calcolo del risarcimento dovuto alla danneggiata, in virtù della preesistenza di malattia non imputabile al responsabile civile

In tema di risarcimento del danno alla salute, la preesistenza di malattia in capo al danneggiato costituisce una concausa naturale dell’evento di danno ed il concorso del fatto umano la rende irrilevante in virtù del precetto dell’equivalenza causale dettato dall’art. 41 c.p. sicché di essa non dovrà tenersi conto nella determinazione del grado di invalidità permanente e nella liquidazione del danno. Può costituire concausa dell’evento di danno anche la preesistente menomazione, vuoi ‘coesistente’ vuoi ‘concorrente’ rispetto al maggior danno causato dall’illecito, assumendo rilievo sul piano della causalità giuridica ai sensi dell’art. 1223 c.c. In particolare, quella ‘coesistente’ è, di norma, irrilevante rispetto ai postumi dell’illecito apprezzati secondo un criterio contro fattuale (vale a dire stabilendo cosa sarebbe accaduto se l’illecito non si fosse verificato) sicché anche di essa non dovrà tenersi conto nella determinazione del grado di invalidità permanente e nella liquidazione del danno; viceversa, secondo lo stesso criterio, quella ‘concorrente’ assume rilievo in quanto gli effetti invalidanti sono meno gravi, se isolata, e più gravi, se associata ad altra menomazione (anche se afferente ad organo diverso) sicché di essa dovrà tenersi conto ai fini della sola liquidazione del risarcimento del danno e non anche della determinazione del grado percentuale di invalidità che va determinato comunque in base alla complessiva invalidità riscontrata in concreto, senza innalzamenti o riduzioni”.

E’ il principio ribadito dalla Cassazione con l’ordinanza n.12052/2021. Gli Ermellini sin sono pronunciati sul ricorso presentato da un Condominio contro la sentenza di condanna al risarcimento dei danni patiti da una donna che, intorno alle ore 22 della sera, al fine di fare visita al fratello ed alla cognata, si era recata presso lo stabile e, mentre attraversava il cortile, era caduta, inciampando in un tombino sporgente e riportando lesioni all’arto superiore sinistro.

Il Giudice di prime cure aveva stabilito un risarcimento pari a trentaquattromila euro, oltre interessi legali. La Corte di appello aveva poi aumentato la posta risarcitoria, in quanto aveva sommati i nove punti d’invalidità riconosciuti alla danneggiata a seguito della caduta, ai sessantasette preesistenti in capo alla stessa, per pregressa invalidità, e le aveva liquidato la somma di oltre centocinquantatremila euro, maggiorata di interessi.

Nel ricorrere per cassazione, il Condominio deduceva, tra gli altri motivi, l’erroneo e (o) contraddittorio utilizzo dei parametri in uso per il riconoscimento dell’invalidità civile INPS in luogo delle percentuali e dei metodi di calcolo tabellari per l’accertamento e la quantificazione del risarcimento del danno in ipotesi di responsabilità civilistica; eccepiva, inoltre, l’erroneo computo, nell’ambito della percentuale di riferimento per il calcolo del risarcimento dovuto, di patologie pregresse e successive non imputabili al responsabile civile.

Gli Ermellini hanno ritenuto di aderire alla doglianza proposta.

La Corte territoriale, infatti, aveva sommato ai nove punti percentuali d’invalidità, secondo il criterio del punto di cui alle cd. Tabelle Milanesi, accertati in capo alla donna dal consulente tecnico d’ufficio e riconducibili alla caduta nel cortile condominiale, l’invalidità civile, nella misura del sessantasette per cento – commisurandola automaticamente in altrettanti ‘punti’ – che già le era stata riconosciuta dall’INPS a seguito di preesistenti lesioni e patologie ed aveva, quindi, detratto dall’ammontare complessivo di ritenuta invalidità, pari al settantasei per cento, quello relativo al sessantasette per cento d’invalidità.

La sommatoria tra le due percentuali non era stata, tuttavia, correttamente effettuata.

Sommando le due percentuali d’invalidità, quella del nove per cento, derivante dalla caduta nel cortile condominiale e quella, preesistente, del sessantasette per cento, la Corte territoriale non aveva fatto corretta applicazione del principio sopra richiamato, in quanto aveva sommato entità non omogenee.

Il corretto procedimento, di competenza del giudice di merito consiste – hanno specificato dal Palazzaccio – “nell’effettuare una quantificazione rapportata alla invalidità complessiva successiva al sinistro per il quale è causa” (comprensiva delle menomazioni preesistenti e di quelle causate dal sinistro che, in rapporto policrono concorrente hanno aggravato la preesistente condizione dell’attrice) “per giungere, tramite sottrazione del valore monetario corrispondente alla patologia originaria, a determinare il ‘differenziale’ risarcitorio spettante alla danneggiata.

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