Respinto il ricorso di un automobilista condannato per aver causato la morte di un motociclista con una manovra di invasione della corsia di marcia opposta

In tema di reati colposi conseguenti alla circolazione stradale, il giudice del merito deve procedere all’accertamento e alla graduazione delle colpe concorrenti dell’autore del reato e della persona offesa, sia ai fini della determinazione della pena da applicare, ex art. 133 cod. pen., sia perché la misura del concorso di colpa della vittima nella causazione del danno incide sulla quantificazione del risarcimento. Lo ha ribadito la Cassazione con la sentenza n. 2858/2021 pronunciandosi sul ricorso di un automobilista contro la sentenza con cui la Corte di appello, confermando la pronuncia del Tribunale, lo condannava alla pena di un anno di reclusione per il reato di omicidio colposo, commesso con violazione delle norme del Codice della strada, nello specifico l’invasione della corsia di marcia opposta, da cui era dipeso il decesso di un motociclista.

In base a quanto accertato in sede di merito, l’imputato aveva deciso di iniziare una manovra di svolta a sinistra per parcheggiare la sua vettura ai margini della corsia dell’opposto senso di marcia, invadendo l’opposta carreggiata nonostante la presenza della doppia striscia continua sulla sede stradale che indica un limite invalicabile per i conducenti. Nel mentre sopraggiungeva la vittima, a bordo di un motociclo, ad una velocità stimata intorno ai 65 Km/h; il centauro, di fronte all’ostacolo rappresentato dal veicolo, nonostante il tentativo di frenata, aveva urtato violentemente contro la parte anteriore destra della vettura, riportando lesioni che ne determinavano la morte.

Nel rivolgersi alla Suprema Corte, il ricorrente deduceva l’erronea applicazione dell’art. 2054 cod. civ. da parte del Collegio territoriale, che non avrebbe in alcun modo giustificato l’esclusione della colpa del conducente del motoveicolo, sebbene fosse stato accertato che egli viaggiava ad una velocità superiore ai limiti previsti e non avesse attuato alcuna manovra tesa ad evitare l’impatto. Il comportamento colposo serbato dal motociclista, a suo dire, sarebbe stato maggiormente influente nella determinazione dell’evento e sarebbe stato la causa principale della gravità delle conseguenze che ne erano derivate; ciò sarebbe risultato in modo evidente dalla ricostruzione della dinamica del sinistro, dalla quale si evinceva che, se il centauro avesse soltanto rallentato l’andatura, invece di frenare repentinamente, avrebbe sicuramente potuto evitare l’urto contro l’auto, essendo ottimali le condizioni della strada. Egli, al contrario, una volta completata la sua manovra, nulla avrebbe potuto fare per evitare l’incidente.

La parte ricorrente sottolineava poi come sul punto relativo all’attribuzione della totale responsabilità a suo carico in ordine alla determinazione dell’evento dannoso, la Corte di merito non avrebbe offerto alcuna precisa giustificazione, benché tale aspetto fosse stato particolarmente evidenziato nell’atto di appello. Anche sulla base dei risultati della consulenza tecnica disposta dal P.M., in cui si poneva in rilievo l’aspetto della velocità serbata dal motociclista, la causa del sinistro e delle sue conseguenze avrebbe dovuto essere attribuita a quest’ultimo; sarebbe stata quindi erroneamente quantificata la percentuale di colpa attribuita all’automobilista.

I Giudici Ermellini hanno ritenuto manifestamente infondate le doglianze proposte, dichiarando pertanto il ricorso inammissibile.

Dal Palazzaccio hanno osservato che “il riferimento all’art. 2054 cod. civ., il quale prevede la presunzione di un concorso di colpa a carico di ciascuno dei conducenti in caso di scontro tra autovetture, non può trovare applicazione fuori del processo civile, dettando una regula iuris incompatibile con i criteri di accertamento propri del giudizio penale. Ciò non significa che il giudice penale, in tema di reati colposi inerenti alla circolazione stradale, debba esimersi dal considerare eventuali corresponsabilità nella determinazione dell’evento, ma tale valutazione è finalizzata all’accertamento della penale responsabilità di tutti i soggetti coinvolti in un sinistro stradale e della graduazione della colpa, che incide sul trattamento sanzionatorio e sulla quantificazione del risarcimento”.

Nel caso in esame, la Corte di merito aveva mostrato di condividere la interpretazione offerta dal Tribunale che aveva quantificato il grado di colpa ascritto all’imputato ed alla vittima, indicando anche le relative percentuali (90% a carico dell’imputato e 10% a carico della vittima). Tale determinazione era sorretta da adeguata giustificazione in punto di causalità, avendo la Corte di appello evidenziato la pericolosità della manovra intrapresa dall’imputato ed il fatto che il sinistro sarebbe stato sicuramente evitato ove il ricorrente non avesse deciso di invadere la corsia opposta per effettuare l’azzardata manovra di parcheggio. Quanto all’aspetto della velocità serbata dalla vittima, i Giudici di secondo grado avevano attribuito minimale rilievo a tale profilo, ponendo anche in evidenza che l’imputato aveva una visuale libera molto ampia che gli avrebbe permesso di avvistare la moto tempestivamente prima di invadere la sua corsia di marcia e rappresentare un ostacolo inevitabile per il motociclista.

La redazione giuridica

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