Confermata la responsabilità di un automobilista in relazione al decesso di un altro conducente a causa dell’invasione dell’opposta corsia di marcia

Era stato condannato, in sede di merito, per avere causato la morte di un automobilista in un incidente stradale, dopo la perdita di controllo della propria autovettura e l’invasione dell’opposta corsia di marcia da dove proveniva l’auto condotta dall’uomo deceduto.

La Corte di appello, a fronte del fatto che la dinamica dell’incidente era risultata pacifica, aveva disatteso le censure proposte nell’interesse dell’imputato, attraverso le quali la difesa intendeva ottenere il riconoscimento del concorso di colpa della vittima (con conseguente applicazione dell’attenuante di cui al comma 7 dell’art. 589-bis cod.pen.) per non avere la vittima allacciato la cintura di sicurezza e non avere tenuto strettamente la destra della propria corsia di marcia: circostanze, queste ultime, che il Giudice di secondo grado non aveva ritenuto comprovate e aveva reputato comunque ininfluenti sul corso degli eventi.

Nel ricorrere per cassazione, l’imputato lamentava vizio di motivazione in relazione alla mancata applicazione dell’attenuante dì cui all’art. 589-b/s, comma 7, cod.pen. osservando che sarebbe stato necessario accertare l’eventuale concorso di colpa della vittima, che al momento dell’urto con la vettura dell’imputato probabilmente non teneva allacciata la cintura di sicurezza, come affermato nella consulenza tecnica. Il ricorrente enunciava poi gli elementi deponenti per il mancato uso della cintura di sicurezza in relazione alla posizione del corpo, nonché ai rilievi fotografici eseguiti dai Carabinieri; e deduceva che, ove il avesse indossato la cintura, ciò avrebbe impedito che lo sterzo premesse contro l’addome e il torace della vittima, evitandone la morte. La decisione dei giudici di merito veniva censurata in quanto basata su un percorso argomentativo del tutto carente, a fronte del fatto che la vittima non indossava la cintura e che l’introflessione delle lamiere conseguente all’urto non era andata a comprimere la parte superiore del corpo (tronco e addome), non costituendo perciò causa della morte.

Gli Ermellini, tuttavia, con la sentenza n. 37621/2021 hanno ritenuto il ricorso inammissibile.

“E’ di tutta evidenza – hanno sottolineato dal Palazzaccio – che, poiché il ricorrente intende accreditare la tesi secondo la quale la persona offesa non avrebbe indossato la cintura di sicurezza al momento dell’incidente – tesi che la Corte di merito non ha ritenuto comprovata – , si sottopone al vaglio della Corte di legittimità una prospettazione alternativa del materiale probatorio, che in questa sede non é consentita”. Lo stesso é a dirsi per quanto concerne la valutazione dell’inevitabilità del decesso anche qualora la vittima avesse indossato la cintura, che il Tribunale dapprima, la Corte di appelo poi hanno sviluppato sulla base del fatto che lo stesso automobilista, “in esito all’incidente, si presentava completamente incastrato nelle lamiere contorte del veicolo, ciò che ha indotto i giudici di merito a ritenere che, quand’anche fosse stato provato che la vittima indossasse la cintura, nulla sarebbe cambiato nell’esito mortale dell’incidente”.

In definitiva il motivo in esame si fondava su elementi che il ricorrente assumeva probabili, ma rispetto ai quali non era stata raggiunta alcuna certezza processuale ed anzi vi erano elementi logici che deponevano in senso contrario alla prospettazione dell’impugnante.

La redazione giuridica

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