Lavori di manutenzione del condominio e infortunio mortale dell’operaio

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La vicenda ha ad oggetto un infortunio sul lavoro verificatosi nel corso di lavori di manutenzione di un condominio decisi dai proprietari di alcuni appartamenti di una palazzina facente parte di un complesso residenziale sito a Messina. I balconi di questi appartamenti erano ammalorati e i proprietari avevano concordato di provvedere ai lavori necessari nello stesso arco temporale, ciascuno affidando l’incarico alla medesima impresa che era stata segnalata loro dall’amministratore.

La ricostruzione della dinamica dell’incidente

Secondo la ricostruzione fornita dai Giudici di merito, per raggiungere i “soffitti” dei balconi, i dipendenti della MEA (la ditta dei lavori di manutenzione) utilizzavano un ponteggio costituito da elementi prefabbricati, “in parte già precomposti e in parte smontabili e componibili tra loro in cantiere” che constava “di un corpo principale a struttura reticolare su ruote, con montanti ancorabili a pressione al pavimento e al soffitto, e di due corpi a sbalzo, uno frontale e uno laterale, atti a consentire le lavorazioni fuori dalla linea dei balconi”. Ultimati i lavori di manutenzione di un balcone, il ponteggio veniva smontato e rimontato in altro balcone.

Quando l’infortunio si verificò, altri 2 dipendenti avevano smontato il ponteggio dal balcone del sesto piano per “spostarlo a passamano” nel balcone del quinto piano. Lo avevano poi rimontato per lavorare sul “soffitto” di questo balcone (vale a dire sulla parte di sotto del pavimento del balcone del sesto piano). Prima che il ponteggio fosse fissato al soffitto (facendo uso di viti senza fine posizionate sulla parte finale superiore dei montanti del corpo principale), l’infortunato ci salì, ma la struttura si sbilanciò sotto il peso dell’operaio e precipitò giù dal balcone trascinando con sé il lavoratore, che morì a causa delle gravissime lesioni riportate nella caduta.

Il titolare dell’impresa nonché datore di lavoro dell’infortunato venne dichiarato responsabile per la morte del dipendente sussistendo la violazione di norme in materia di prevenzione degli infortuni sul lavoro, rispettando le quali avrebbe potuto essere evitato l’evento letale.

La vicenda giudiziaria

In particolare, la sentenza di primo grado ha attribuito rilevanza causale alle seguenti omissioni:

  • non aver fornito ai dipendenti (e in primis all’infortunato) “una accurata informazione e formazione inerente ai rischi connessi alle attività di cantiere e all’esecuzione di lavori in quota” (artt. 36 e 37 D.Lgs. 9 aprile 2008 n. 81).
  • Non aver messo a disposizione dei lavoratori “materiale idoneo e conforme alle norme di legge, in luogo del ponteggio, intrinsecamente pericoloso e instabile (art, 112; art. 122 […] D.Lgs. n. 81/08)”.
  • Non aver fornito ad A. “cinture di sicurezza, quali dispositivi di protezione individuale idonei a scongiurare il pericolo di caduta dall’alto” (art. 18, comma 1, lett. d) D.Lgs. n. 81/08).

La sentenza di primo grado è impugnata dai fratelli della vittima sia con riferimento alla mancata liquidazione di una provvisionale, sia nella parte in cui aveva respinto la richiesta risarcitoria avanzata nei confronti dei committenti dei lavori di manutenzione, assolti in primo grado dall’accusa di aver violato l’art. 589 cod. pen. per non aver verificato l’idoneità tecnico professionale della ditta esecutrice. L’appello è stato accolto quanto alla liquidazione della richiesta provvisionale ed è stato respinto nel resto.

La Corte territoriale di Messina ha confermato l’affermazione della penale responsabilità del datore di lavoro per l’infortunio occorso al dipendente e ha dichiarato non doversi procedere, per intervenuta prescrizione, in relazione agli illeciti contravvenzionali contestati all’imputato.

Il ricorso in Cassazione

Il datore di lavoro ricorre in Cassazione sostenendo non essere sussistente il nesso causale tra le condotte omissive e l’evento. Secondo la difesa, l’infortunio fu determinato esclusivamente dal comportamento abnorme del lavoratore e la sentenza impugnata ha potuto escludere tale abnormità soltanto perché ha travisato le dichiarazioni rese nel corso del giudizio da un altro dipendente, testimone oculare dell’incidente. Insiste anche nel sostenere il comportamento abnorme dell’infortunato.

Le suddette doglianze non superano il vaglio di ammissibilità (Corte di Cassazione, quarta penale, sentenza 28 marzo 2025, n. 12253).

Le sentenze di merito non hanno ignorato le dichiarazioni del teste oculare, ma, pur tenendone conto, hanno ritenuto che la vittima abbia agito nello svolgimento delle mansioni affidategli e hanno sottolineato che egli salì su un ponteggio messogli a disposizione dal datore di lavoro. Hanno ritenuto, dunque, che non fosse estraneo alle mansioni del lavoratore, consistenti nel passare materiali ad un suo collega, e nell’aver cercato di recuperare la morsetta di aggancio di una carrucola.

Entrambe le sentenze di merito hanno rilevato inoltre che, come emerso nell’istruttoria, il ponteggio veniva smontato da un balcone e montato in un balcone diverso senza che fosse stato predisposto un piano di montaggio e senza che la vittima, incaricata di coadiuvare l’altro collega in queste operazioni, avesse ricevuto una apposita formazione.

La sentenza di primo grado ha anche sottolineato che il ponteggio era “intrinsecamente pericoloso e instabile” e che il datore era presente alle operazioni di smontaggio e successivo montaggio del ponte. Era, dunque, ben consapevole delle caratteristiche della struttura messa a disposizione dei dipendenti e delle modalità operative adottate per svolgere il lavoro.

Condotta imprudente del lavoratore e violazione di norme di prevenzione

In sintesi, i Giudici di merito hanno ritenuto che la condotta imprudente dell’infortunato sia stata resa possibile dalla violazione di norme di prevenzione ascritta all’imputato e che il lavoratore abbia deciso di salire sul ponte non ancora fissato al soffitto perché non era stato informato dei rischi connessi e della instabilità della struttura.

La motivazione della Corte di Messina è congrua, priva di contraddittorietà o manifesta illogicità e conforme ai principi di diritto che regolano la materia.

Per giurisprudenza costante, cui viene dato seguito, un comportamento, anche avventato, del lavoratore, se realizzato mentre egli è dedito al lavoro affidatogli, può essere invocato come imprevedibile o abnorme solo se il datore di lavoro ha adempiuto tutti gli obblighi che gli sono imposti in materia di sicurezza sul lavoro.

La condotta abnorme del lavoratore

Ed ancora, “affinché la condotta colposa del lavoratore possa ritenersi abnorme e idonea ad escludere il nesso di causalità tra la condotta del datore di lavoro e l’evento lesivo, è necessario non tanto che essa sia imprevedibile, quanto, piuttosto, che sia tale da attivare un rischio eccentrico o esorbitante dalla sfera di rischio governata dal soggetto titolare della posizione di garanzia”.

Per quanto esposto, la decisione di secondo grado non è censurabile né sotto il profilo dell’identificazione del rischio concretizzatosi, né per quanto riguarda le regole cautelari applicabili. Inoltre è coerente con le emergenze istruttorie, l’identificazione della condotta alternativa doverosa, individuata nella messa a disposizione di attrezzature da lavoro adeguate, accompagnata da formazione e informazione specifiche.

Il ricorso viene dichiarato inammissibile, con conferma del secondo grado.

Avv. Emanuela Foligno

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