Telecom aziona il giudizio lamentando che nel corso dell’esecuzione di lavori stradali venivano danneggiati cavi telefonici 2400 cp Secco.
La vicenda
Dinanzi al Tribunale di Lecce, Telecom chiede il risarcimento dei danni alla società esecutrice dei lavori stradali per il danneggiamento di cavi telefonici.
Nello specifico, il 11/1/2008, a Lecce, alcuni dipendenti della società convenuta, nel corso della esecuzione di lavori stradali di “sbancamento e rifacimento del manto stradale per la realizzazione di una rotatoria spartitraffico”, avevano danneggiato con un mezzo meccanico cavi telefonici da “2400 cp Secco” di proprietà Telecom. Tale attività era stata eseguita in assenza dei tecnici Telecom ed in mancanza della fornitura – da parte della stessa società – della “pianta dei sottoservizi”. Inoltre la riparazione del danno ad opera dell’intervento dei tecnici di Sirti Spa aveva comportato costi pari ad 10.452,09 euro. Telecom chiedeva quindi la condanna della convenuta al risarcimento dei danni subiti.
Il Tribunale di Lecce (sent. n.2727/2016 del 6/5/2016) accoglieva la domanda di Telecom e condannava l’assicurazione della ditta esecutrice dei lavori al pagamento della somma di 5.603,82 euro, oltre IVA e spese del giudizio.
L’assicurazione proponeva ricorso e la Corte d’appello di Lecce, con sentenza del 22/6/2022, in riforma della decisione di primo grado, dichiarava non operativa la garanzia assicurativa invocata dalla ditta esecutrice, rigettando ogni domanda da questa formulata nei confronti della Compagnia. I giudici di secondo grado condannavano, inoltre, Telecom alla restituzione in favore della stessa Compagnia di tutte le somme incamerate in esecuzione della sentenza di primo grado.
La vicenda approda in Cassazione
La ditta esecutrice dei lavori lamenta, in sintesi, la esclusione della operatività della garanzia assicurativa e deduce anche il mancato accertamento di corresponsabilità di Telecom nella causazione del danno occorso nella esecuzione degli interventi manutentivi stradali realizzati.
Il rischio garantito dall’assicurazione concerneva quanto l’assicurato (ossia, la ditta esecutrice dei lavori) fosse “tenuto a pagare, quale civilmente responsabile ai sensi di legge, a titolo di risarcimento (capitale, interessi e spese) per danni involontariamente cagionati a terzi per morte, lesioni personali, e per danneggiamenti a cose in conseguenza di un fatto accidentale verificatosi in relazione alla costruzione delle opere, che abbia avuto origine nel luogo di esecuzione delle stesse” (art. 5.02); alla successiva clausola di cui all’art. 5.09, denominata “rischi esclusi dall’assicurazione”, era poi previsto che “l’assicurazione non copre i danni…) a condutture ed impianti sotterranei in genere”.
Ebbene, la Corte di Lecce ha ritenuto che “la parte di clausola di cui si discute si limita ad individuare una serie ben circoscritta di casi che non comportano l’insorgere dell’obbligazione dell’assicuratore ad eseguire la prestazione indennitaria, in quanto l’evento dannoso è connotato da una peculiarità predeterminata, ossia dalla particolare tipologia di beni interessati dal sinistro”; ed ha concluso, evidenziando che:
“L’esclusione dal rischio garantito di una così limitata casistica (“danni a condutture ed impianti sotterranei”) non è certamente idonea né a comportare una preventiva limitazione di responsabilità, tale da violare le norme in materia di allocazione del rischio, né a svuotare di contenuto l’obbligazione della società assicuratrice fino a svilire la stessa causa del negozio giuridico de quo”.
La doglianza comunque non è ammissibile
Il ricorrente, non solo deve fare esplicito riferimento alle regole legali di interpretazione, mediante specifica indicazione delle norme asseritamente violate ed ai principi in esse contenuti, ma è tenuto, altresì, a precisare in quale modo e con quali considerazioni il Giudice del merito si sia discostato dai canoni legali assunti come violati, o se lo stesso li abbia applicati sulla base di argomentazioni illogiche od insufficienti non potendo, invece, la censura risolversi nella mera contrapposizione dell’interpretazione del ricorrente e quella accolta nella sentenza impugnata.
Una volta definitivamente ricondotta la clausola in questione (per effetto dell’inammissibilità della censura che precede) al piano dell’oggetto del contratto di assicurazione, quale delimitazione del rischio garantito, ne resta evidentemente esclusa la pretesa natura limitativa della responsabilità ex art. 1229 c.c.; pertanto, la censura non coglie nel segno, perché ciò che attiene all’oggetto del contratto non può, per definizione, assumere carattere vessatorio, ex art. 1341 c.c., come correttamente statuito dai Giudici di secondo grado.
In definitiva, il ricorso è rigettato (Cassazione Civile, sez. III, 14/02/2024, n.4145).
Avv. Emanuela Foligno