L’art. 583 c.p. disciplina le circostanze aggravanti del reato di lesioni personali

In particolare, il delitto di lesioni personali, previste e punite dall’art. 582 c.p., sanziona penalmente chiunque pone in essere atti nei riguardi di un terzo tali da far discendere una malattia nel corpo ovvero nella mente.
Sul punto, risulta opportuno specificare a chi legge che la malattia, rilevante da un punto di vista penale, alla luce della Dottrina e della Giurisprudenza oramai consolidata, consiste in un “processo patologico acuto ovvero cronico, localizzato o diffuso, idoneo a determinare un’apprezzabile menomazione funzionale dell’organismo fisico o psichico”.
Inoltre, la lesione personale può essere lieve, quando la malattia – certificata da apposito referto medico – ha una durata compresa tra i 21 ed i 40 giorni, lievissima, quando la malattia ha una durata non superiore a 20 giorni ovvero può essere grave o gravissima, allorquando ricorrono le circostanze di cui all’art. 583 c.p..
Ebbene, tra le circostanze che rendono una malattia gravissima, vi è, tra l’altro, la perdita di un senso, espressamente prevista dall’art. 583 n° 2) del Codice Penale.
Dunque, nella vicenda analizzata dagli Ermellini (sentenza n° 4177/2015), Tizio risulta imputato e condannato per una ipotesi di lesioni personali gravissime, in quanto avrebbe cagionato a Caio, persona offesa, una “completa avulsione traumatica di un incisivo superiore”, tale da determinare un indebolimento permanente dell’organo della masticazione.
Orbene, nel caso di specie, la Corte di Cassazione, richiamando consolidati orientamenti Giurisprudenziali sul punto, ha precisato che la lesione cagionata da Tizio nei confronti di Caio è da considerare gravissima e, dunque, rientrante appieno nella ipotesi cristallizzata dall’art. 583 n° 2) c.p., in quanto l’avulsione del dente è stata cagionata da una condotta lesiva dell’imputato ed ha fatto venir meno la piena funzionalità dell’organo della masticazione.
Peraltro, la Suprema Corte ha chiarito che ai fini della configurazione della circostanza aggravante in esame, non rileva affatto la possibilità di applicare una protesi dentaria, che consentirebbe all’organo di riprendere la propria naturale funzionalità.
Dunque, l’orientamento degli Ermellini è stato confermato anche in questa sentenza, oggetto della mia breve disamina.
Ai fini della configurabilità della circostanza aggravante, tale da ritenere la lesione personale classificabile quale gravissima, con conseguente aumento della pena da irrogare in concreto all’imputato, occorre prendere in considerazione la condotta lesiva dell’agente, escludendo, per contro, la possibilità di “ovviare al danno” (rectius: garantire la funzionalità dell’organo leso) tramite ulteriore strumentazione tecnica ad hoc.

Avv. Aldo Antonio Montella

(Foro di Napoli)

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