Lesione del nervo circonflesso per protesi alla spalla (Tribunali Napoli, Sezione VIII, Sentenza n. 217/2023 pubbl. 10/01/2023).
Lesione del nervo circonflesso post protesi alla spalla ed esecuzione dell’intervento.
Vengono citati a giudizio, da parte della paziente e del suo coniuge, la Casa di Cura e il Medico per sentirne accertata la responsabilità per la errata esecuzione di intervento.
Il paziente espone che in data 03/5/2013, a seguito di diagnosi di artrosi gleno-omerale, veniva ricoverato per la protesizzazione cui seguiva lesione del nervo circonflesso con conseguente atrofia del muscolo deltoide e gravi esiti di carattere funzionale a carico dell’arto superiore destro, con esiti permanenti. Rapidamente si verificava una progressiva degenerazione articolare controlaterale e il paziente subiva ulteriore intervento di protesi alla spalla sinistra.
Il Giudice, preliminarmente passa al vaglio in maniera molto precisa la struttura della responsabilità medica e i relativi oneri probatori delle parti coinvolte.
Il paziente indica quali profili di inadempimento dei convenuti:
- Lesione intraoperatorio del nervo circonflesso co secondaria atrofia del muscolo deltoide
- Mancato studio preoperatorio e assenza di indicazione all’intervento chirurgico
- Assenza di consenso informato
Sul secondo punto il Giudice evidenzia che l’attrice non ha adeguatamente argomentano la doglianza attraverso valutazioni medico-legali finalizzato a sviluppare il giudizio controfattuale. Viene osservato difatti “manca qualsivoglia approfondimento scientifico avuto riguardo agli approcci curativi concretamente adottabili nel caso di specie, anche mediante richiamo alla letteratura di riferimento, ed alla loro prevedibile efficacia risolutiva.
Con riferimento alla lesione del nervo circonflesso, il CTP dell’attrice così argomenta: “Le lesioni neurologiche in corso di impianto protesico di spalla sono relativamente comuni, ma usualmente transitorie e quindi senza esiti funzionali….(….)…. Se è vero che non tutti siamo uguali, è anche vero che l’operatore deve essere a conoscenza e, quindi, considerare le possibili varianti anatomiche del nervo proprio per evitare lesioni incaute….(..).. le altre modalità lesive descritte stiramento, compressione diretta, devono essere comunque considerate come espressione di imperizia tecnica: infatti proprio per evitare lesioni iatrogene il nervo deve essere preliminarmente isolato e repertato, trattasi infatti di complicanza prevedibile e quindi prevenibile”.
In sostanza, il CTP dell’attrice non enuclea specifici profili di inadempimento.
Il Giudice osserva che la mera considerazione secondo cui l’operatore esperto debba evitare lesioni incaute, non costituisce specifico addebito di responsabilità. Anche laddove il CTP discorre della possibilità di subire una lesione nervosa soprattutto a carico del nervo ascellare, o per stiramento durante le manovre intraoperatorie, o per compressione diretta dei divaricatori, o per lesione incauta da alterazione anatomica, non risultano specificati errori tecnici e condotte alternative possibili per escludere l’evento avverso.
Egualmente inadeguata viene ritenutala prospettazione attorea in ordine alla dedotta derivazione causale dell’atrofia del muscolo deltoide alla lesione del nervo circonflesso. Tale evento viene valutato dal CTP solo in relazione al consenso informato, laddove non contiene l’espressa indicazione che dalla lesione del nervo circonflesso potrebbe derivare atrofia al deltoide.
I convenuti contestano le valutazioni del CTP dell’attrice ed evidenziano la presenza di patologie pregresse: “artrosi gleno-omerale, con segni di marcata degenerazione artrosica, con dismorfismo della testa omerale associato a disomogenea sclerosi della spongiosa ossea sottocorticale ed esuberante ostefitosi marginocapsulare..Segni di artrosi acromio-claveare, riduzione della rima articolare, segnimarcati di periartrite scapolo-omerale ed artrosi acromio-claveare, presenza di calcificazioni dei tessuti molli a destra, spalla dolorosa cronica bilaterale più grave a destra da artrosi gleno-omerale severa”.
Tali patologie, ancor prima dell’intervento, già impedivano i movimenti all’attrice. Ebbene, a fronte di tali specifiche contestazioni l’attrice non ha adempiuto all’onere probatorio né ha adempiuto in ordine al nesso di causalità materiale, in quanto elemento costitutivo della fattispecie dedotta in giudizio, né ha allegato l’inadempimento, l’evento dannoso e il nesso causale tra condotta dei sanitari e l’evento dannoso.
Oltre a ciò, i referti degli esami radiografici allegati dall’attrice, ed eseguiti presso altra Struttura refertano “controllo di impianto protesico ben posizionato”…..e conformi risultano anche i successivi controlli.
Particolarmente significativo il referto dell’Istituto Rizzoli di Bologna del 2015 in cui si rileva “controindicato intervento di revisione alla spalla destra, essendo la protesi in sede”.
A fronte di tali lacune assertive e probatorie dell’attrice, il Giudice osserva che la eventuale nomina di un CTU non può supplire o esonerare le parti dagli oneri di allegazione e di prova.
Per tutte le ragioni indicate, il Tribunale rigetta la domanda dell’attrice che viene condannata al pagamento delle spese di lite delle parti convenute.
Osservazioni.
Nel procedimento di merito qui analizzato emerge in maniera cristallina, a parere di chi scrive, la carenza probatoria, argomentativa e processuale della parte attrice.
La stessa, solo con la seconda memoria istruttoria ha depositato una consulenza di parte, continuando, tuttavia, ad opporsi all’espletamento di CTU. Nello specifico, nella seconda memoria l’attrice ha scritto “ci si oppone sin da ora ai mezzi istruttori ex adverso richiesti ed all’espletamento di una CTU che, in mancanza di deduzione e prova da parte dei convenuti dell’esatto adempimento della prestazione, abbia un carattere ingiustificatamente indagatorio ed ispettivo, incompatibile con il carattere contrattuale della domanda alla luce del quale l’inadempimento qualificato riconducibile al danno appare evidente”.
Come correttamente osservato in sentenza, è pacifico che l’ammissione di una CTU costituisce un potere discrezionale del Giudice, lo stesso è tenuto a motivare adeguatamente il rigetto dell’istanza proveniente da una delle parti, dimostrando di potere risolvere i problemi tecnici connessi alla valutazione degli elementi rilevanti ai fini del decidere.
Il Giudice, in sostanza, non può limitarsi a rigettare l’istanza di CTU sul presupposto della mancata prova dei fatti che la consulenza medesima avrebbe potuto accertare.
Ne deriva, sempre a parere di chi scrive, che nelle controversie inerenti la dedotta responsabilità medica, è il contenuto stesso della domanda che richiede un accertamento tecnico medico-legale.
E’ anche vero, però, che a fronte della opposizione di parte attrice di ammissione della CTU, si palesa contrario al principio di disponibilità delle prove e di ragionevole durata del processo, la decisione del Giudice che a fronte del diniego della parte che vi ha interesse, provveda alla sua ammissione.
Avv. Emanuela Foligno
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