Lesioni al volto e alla caviglia provocate da una caduta sul marciapiede sconnesso (Tribunale Novara, 20/05/2022, n.287).

Lesioni al volto e alla caviglia patite dal pedone caduto sul marciapiede sconnesso.

Il danneggiato cita in giudizio il Comune onde ottenerne la condanna al ristoro dei danni per le lesioni al volto e alla caviglia subite a causa della cattiva manutenzione del marciapiede comunale.

A sostegno della domanda espone che in data 03.07.2013, alle ore 17.00 circa, usciva dal cancelletto dell’abitazione della figlia e girava verso sinistra, iniziando a percorrere a piedi il marciapiede, ma poco dopo perdeva l’equilibrio e cadeva improvvisamente a terra a causa del marciapiede sconnesso e pieno di buche, procurandosi lesioni al volto, alla caviglia destra e alla parte superiore del corpo, dalle quali erano residuati dei postumi di carattere permanente.

Aggiunge che la cattiva manutenzione del marciapiede in questione veniva accertata dalla Polizia Municipale che constatava erosione dell’asfalto e un dislivello rispetto al piano calpestabile di circa 4 centimetri.

Il Tribunale di Novara ritiene la domanda infondata.

Il danneggiato ha chiesto accertarsi la responsabilità del comune di Novara ai sensi dell’art. 2051 c.c. deducendo l’omessa manutenzione del marciapiede luogo del sinistro.

La responsabilità del custode invocata  è esclusa in tutti i casi in cui l’evento sia imputabile ad un caso fortuito riconducibile al profilo causale dell’evento e, perciò: a) quando si sia in presenza di un fattore esterno che, interferendo nella situazione in atto, abbia di per sé prodotto l’evento (assumendo il carattere del c.d. fortuito autonomo); b) quando si versi nei casi in cui la cosa sia stata resa fattore eziologico dell’evento dannoso da un elemento o fatto estraneo del tutto eccezionale (c.d. fortuito incidentale), e per ciò stesso imprevedibile, ancorché dipendente dalla condotta colpevole di un terzo o della stessa vittima.

In tale contesto, l’attore dovrà provare il nesso di causalità tra la cosa in custodia e il danno, mentre il custode dovrà fornire la prova liberatoria del caso fortuito, inteso come fattore che, in base ai principi della regolarità o adeguatezza causale, esclude il nesso eziologico tra cosa e danno, comprensivo della condotta incauta della vittima.

Nell’ipotesi di danno proveniente da cose inerti, ossia prive di un intrinseco dinamismo e che richiedono, per la causazione di un evento lesivo, un comportamento attivo da parte di terzi (in particolare, dal danneggiato), la cosa, affinché possa configurarsi una responsabilità da custodia, deve essere connotata da una situazione di oggettivo pericolo in ragione delle sue caratteristiche, tale da rendere il danno molto probabile – se non inevitabile – e pertanto non superabile con l’ordinaria diligenza.

Ciò significa che se il contatto con la cosa provochi un danno per l’abnorme comportamento del danneggiato, difetta il presupposto per la presunzione di responsabilità di cui all’art. 2051 c.c., atteggiandosi in tale caso la cosa come mera occasione e non come causa del danno.

Il danneggiato, pertanto, deve provare l’oggettiva pericolosità della strada luogo del sinistro, tale da rendere molto probabile, se non inevitabile, il danno.

Traslando tali principi al caso concreto, il danneggiato non ha raggiunto la prova del nesso causale tra le condizioni della strada e le patite lesioni al volto e alla caviglia denunciate.

Ad impedire il raggiungimento di tale prova è stata la formulazione dei capitoli della prova testimoniale perché articolati su circostanze superflue, documentali o non contestate.

Ed infatti i capitoli di prova che il danneggiato ha articolato sono del seguente tenore:

“’cap. 1) Vero è che in data 03.07.2013 …usciva dal cancelletto dell’abitazione della figlia; cap. 2) Vero è che in tale circostanza di tempo e di luogo cadeva a terra sul marciapiede di fronte la casa della figlia; cap. 3) Vero è che la buca sul marciapiede presentava un dislivello rispetto al piano calpestabile di circa 4 centimetri; cap. 4) Vero è che si procurava lesioni al volto e alla caviglia destra e alla parte superiore del corpo”.

Ebbene, nessun capitolo di prova è stato dedotto sulle modalità della caduta e, soprattutto, circa l’individuazione, nel dissesto stradale, dell’origine eziologica della perdita di equilibrio che poi ha condotto alla caduta.

Oltre a ciò, le dimensioni della superficie dissestata e del colore arancione/marrone dei detriti misti a fogliame accumulatisi in prossimità del punto di erosione dell’asfalto, erano del tutto percepibili da parte di un passante non distratto, il quale, accortosene con l’utilizzo di una media diligenza, ben avrebbe potuto evitarlo, utilizzando il tratto di attraversamento pedonale libero dalla sua presenza.

La domanda, per tali ragioni, viene rigettata con condanna alle spese.

La redazione giuridica

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