Malattia per Covid causa il superamento del periodo di comporto e il lavoratore viene licenziato (Trib. Asti, Sezione Lavoro, 5 gennaio 2022).

Malattia per Covid e superamento del periodo di comporto: il Giudice del Lavoro del Tribunale di Asti dispone la reintegra nel posto di lavoro.

L’interessante decisione qui a commento chiarisce che i periodi di assenza dal lavoro causati da malattia per Covid (compresi isolamento domiciliare e quarantena), non devono essere conteggiati nel periodo di comporto.

Nello specifico, il Giudice annulla il licenziamento, dichiarandolo illegittimo, relativo al presunto superamento del periodo di comporto causa malattia per COVID-19.

La ricorrente, impugna il licenziamento ritenendolo illegittimo e contesta il mancato superamento del periodo di comporto, deducendo che i periodi di assenza devono considerarsi come infortunio sul lavoro poiché il virus è stato contratto nel luogo di lavoro.

Inoltre, deduce, che il predetto periodo andrebbe escluso dal computo ai fini del comporto, in quanto qualificabile come “quarantena con sorveglianza attiva o in permanenza domiciliare fiduciaria con sorveglianza attiva” ex art. 26 comma 1 del d.l. 18/2020.

Il datore di lavoro, per contro, deduce la legittimità del licenziamento in quanto la dipendente risulta essere stata assente per 183 giorni, superando il periodo di conservazione del posto di lavoro.

Secondo il Giudice del Lavoro, il riferimento alle misure di quarantena e isolamento fiduciario effettuato attraverso il richiamo a specifiche disposizioni di legge, e in ogni caso ripetutamente modificate alla luce dell’evoluzione della situazione epidemiologica, deve intendersi comprensivo di tutte le misure che sono state nel tempo normativamente previste per arginare la diffusione del virus, e quindi sia quelle legate al mero contatto con casi confermati di malattia, o di rientro da zone a rischio epidemiologico, sia quelle connesse alla positività al virus COVID-19.

Ne deriva l’esclusione dal computo del periodo di comporto tutto il periodo non coperto dal primo certificato di malattia (con diagnosi di sindrome influenzale), e coperto l’intero periodo pari a dieci giorni (per il provvedimento di quarantena e di isolamento), poiché derivante da malattia per Covid, con conseguente mancato superamento del comporto.

In particolare, la donna veniva segnalata dal Medico curante, in data 23.11.2020, al SISP della ASL di Asti quale possibile caso sospetto di infezione Covid-19;  in pari data veniva inserita nella c.d. “Piattaforma Covid-19” (prot. n. 1084159) con disposizione, a far data dall’inserimento (e cioè dal 23.11.2020), della “quarantena” con obbligo di dimora presso la propria abitazione fino al 7.12.2020. Dopo due giorni la lavoratrice otteneva dal Medico curante un nuovo certificato medico telematico (25.11.2020) con indicazione del codice “V07.0” e della diagnosi “Necessità isolamento, virosi sospetto Covid, in attesa tampone, ancora non pervenuto codice di riferimento dal SISP”, con data di prognosi fino al 7.12.2020 (ossia la data di prevista quarantena indicata in piattaforma dal SISP).

Quindi, il periodo dal 23.11.2020 al 07.12.2020 non deve essere conteggiato ai fini del periodo di comporto.

L’art. 26, comma 1, d.l. 18/2020 nella versione ratione temporis vigente (dal 14/10/2020 al 31/12/2020) prevedeva che: “1.Il periodo trascorso in quarantena con sorveglianza attiva o in permanenza domiciliare fiduciaria con sorveglianza attiva di cui all’articolo 1, comma 2, lettere h) e i) del decreto-legge 23 febbraio 2020, n. 6, convertito, con modificazioni, dalla legge 5 marzo 2020, n. 13, e di cui all’articolo 1, comma 2, lettere d) ed e), del decreto-legge 25 marzo 2020, n. 19, dai lavoratori dipendenti del settore privato, è equiparato a malattia ai fini del trattamento economico previsto dalla normativa di riferimento e non è computabile ai fini del periodo di comporto”, e il successivo comma 3 prevedeva che “3. Per i periodi di cui al comma 1, il medico curante redige il certificato di malattia con gli estremi del provvedimento che ha dato origine alla quarantena con sorveglianza attiva o alla permanenza domiciliare fiduciaria con sorveglianza attiva di cui all’articolo 1, comma 2, lettere h) e i) del decreto-legge 23 febbraio 2020, n. 6, convertito, con modificazioni, dalla legge 5 marzo 2020, n. 13, e di cui all’articolo 1, comma 2, lettere d) ed e), del decreto-legge 25 marzo 2020, n. 19”.

Per questi motivi, il Tribunale di Asti, annulla il licenziamento e condanna il datore di lavoro alla reintegrazione nel posto di lavoro per la ricorrente, con le medesime mansioni svolte in precedenza.

Avv. Emanuela Foligno

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