Maltrattamenti in famiglia è la condanna inflitta all’uomo (Cass. pen., sez. VI, dep. 3 novembre 2022, n. 41568).

Maltrattamenti in famiglia è la condanna inflitta all’uomo per avere oltraggiato la compagna anche attraverso l’ostentazione di relazioni avute con altre donne.

I Giudici di merito ritengono sussistente il reato di maltrattamenti in famiglia. La Corte di appello di Torino, a seguito di gravame interposto dall’imputato ha confermato la decisione con la quale è stato riconosciuto responsabile del reato di cui all’art. 572 c.p. ai danni della convivente.

L’uomo ricorre in Cassazione deducendo che la Corte di merito avrebbe erroneamente considerato due episodi di violenza fisica distanti nel tempo e caratterizzati da specifici moventi senza che la parte offesa abbia individuato – nelle sue dichiarazioni – altri specifici episodi nell’ambito di una relazione conflittuale e burrascosa, che non prevedeva alcun obbligo di fedeltà rispetto al quale, pertanto, la relazione con altre persone non poteva costituire ragione di rimprovero e causa di umiliazione.

Con il secondo motivo deduce difetto di motivazione in ordine alla mancata esclusione della recidiva, riferita a condanne per le quali era intervenuta sia la causa di estinzione del reato ai sensi dell’art. 167 c.p. sia quella di cui all’art. 445 c.p. e, in ogni caso in assenza di una specifica valutazione in ordine alla maggior colpevolezza rispetto a una risalente condanna per fatto del 2009.

Le censure sono inammissibili.

Il primo motivo è genericamente proposto rispetto alla individuata articolata e perdurante condotta vessatoria ricostruita dal doppio conforme accertamento di merito, consistita in una costante pesante condotta violenta ed ingiuriosa ai danni della convivente, persona offesa, alla quale non può essere sottratta l’ostentata frequenza da parte del ricorrente di rapporti con altre donne volutamente accompagnata dal manifesto disprezzo della stessa persona offesa, a lui legata da una stabile relazione implicante un obbligo di reciproco rispetto.

Il secondo motivo – inerente la ritenuta estinzione delle precedenti condanne – è generico non essendo stata devoluta la specifica questione in appello; quanto alla valutazione in ordine alla maggiore gravità è manifestamente infondato rispetto all’incensurabile valorizzazione a riguardo di un precedente per reato commesso con violenza alle persone in relazione alla commissione di un delitto abituale espresso anche con analoghe violenze.

Ad ogni modo le contestazioni in fatto risultano generiche.  L’apprezzamento compiuto dai Giudici di merito, insindacabile in legittimità, altro non è che esercizio dei poteri discrezionali demandati al Giudice di merito che ha considerato non solo il precedente penale a carico del ricorrente, ma anche la complessiva gravità oggettiva e soggettiva del reato, anche tenuto conto della durata nel tempo della condotta.

Il ricorso viene dichiarato inammissibile e l’uomo viene condannato al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila a favore della Cassa delle Ammende.

Avv. Emanuela Foligno

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