Un ordine di carcerazione emesso nei confronti dell’autore dei maltrattamenti in famiglia, già condannato con pena patteggiata, alla reclusione di 1 anno e 8 mesi

Il reato di maltrattamenti era aggravato, poiché commesso alla presenza del figlio minore della coppia.

La vicenda

Contro l’ordinanza, la difesa aveva presentato istanza, al giudice dell’esecuzione di Oristano, volta ad ottenere la declaratoria di illegittimità di detto provvedimento.
Ma il Giudice dell’esecuzione, a causa di un’erronea interpretazione di legge, aveva ritenuto che tra il reato di maltrattamenti in famiglia, indicato nell’elenco dei titoli ostativi di cui all’art. 656 c.p.p., comma 9, lett. a) – art. 572 c.p., comma 2, – e l’attuale formulazione dell’ipotesi aggravata ai sensi dell’art. 61 c.p., n. 11 quinquies, introdotta con L. 15 ottobre 2013, n. 119, esistesse una continuità normativa, limitatamente alle ipotesi di fatto commesso in danno o alla presenza di minore infra-quattordicenne.
Come noto la disciplina prevista in materia di esecuzione delle pene detentive di cui al citato art. 656 c.p.p. dispone che la sospensione della esecuzione riconosciuta nei casi indicati dal comma 5, non è ammessa per tutti una serie di reati: tra questi, il delitto di maltrattamenti in famiglia commessi in danno di un minore degli anni quattordici.
Ebbene, nella vicenda in esame la serie degli atti delittuosi perpetrati dall’uomo nei confronti della propria compagna e alla presenza del figlio, era avvenuta in epoca in cui quest’ultimo era minore degli anni quattordici anni.
Perciò – a detta del giudice dell’esecuzione – il reato doveva intendersi aggravato ai sensi dell’art. 61 c.p., n. 11 quinquies, introdotta con L. 15 ottobre 2013, n. 119: “l’avere, nei delitti non colposi contro la vita e l’incolumità individuale, contro la libertà personale nonché nel delitto di cui all’art. 572 c.p. commesso il fatto in presenza o in danno di un minore di anni diciotto ovvero in danno di persona in stato di gravidanza”.

Per la cassazione della predetta ordinanza, ricorreva il condannato, a mezzo del proprio difensore di fiducia.

La questione giuridica controversa è la seguente: si tratta di capire se l’aggravante di avere commesso il fatto alla presenza di minore coincida o meno con la forma aggravata del reato ex art. 572 c.p. indicata nell’elenco dei reati ostativi di cui all’art. 656 c.p.p., comma 9, lett. a), e pertanto, se essa costituisca o meno, limite alla sospensione dell’esecuzione della pena.
Preliminarmente i giudici della Cassazione hanno ricordato che «La continuità normativa tra l’originaria forma aggravata del reato di maltrattamenti ex art. 572 c.p., comma 2, e quella introdotta con l’art. 61 c.p., n. 11 quinquies, deve intendersi limitata alle sole condotte commesse in danno dei minori di anni 14, unico terreno comune ad entrambe le aggravanti. Invece, non rientrano nell’originaria previsione nè possono ritenersi richiamate in forma “mobile” o formale, ai fini di cui all’art. 656 c.p.p., comma 9, lett. a), le ulteriori forme di aggravamento della condotta introdotte con l’art. 61 c.p., n. 11 quinquies, trattandosi di nuove ipotesi di responsabilità aggravata, quindi soggette ai principi di tassatività e di irretroattività della legge penale».
Tale lettura discende dalla interpretazione letterale e sistematica delle due disposizioni a raffronto, nonché dalla natura mobile o formale del rinvio che opera l’art. 656 c.p.p., comma 9 lett. a) a determinati titoli di reato, ostativi alla concessione dei benefici esecutivi.

 Che si tratti di un rinvio di tale natura, è un dato acquisito da condivisa giurisprudenza di legittimità.

A tal proposito, la Prima Sezione Penale della Cassazione con la sentenza n. 52181 del 08/11/2016, ha chiarito che “la natura “mobile” del rinvio contenuto nell’art. 656 c.p.p., comma 9, all’art. 572 c.p., comma 2, in quanto conforme allo scopo della disposizione processuale in esame che, richiamando talune fattispecie incriminatrici, prescinde dalla formulazione linguistica delle stesse e consente alla norma richiamante di incorporarne le evoluzioni.
Una simile conclusione, non solo è “pienamente coerente con il criterio dell’interpretazione letterale di cui all’art. 12 preleggi”, ma “nel settore penale è la tecnica del rinvio “mobile” o “formale” quella che appare più coerente con il carattere permanente del potere del legislatore di compiere le scelte punitive”.
È stato, inoltre, precisato che in ogni caso siffatto rinvio deve contemperarsi con il basilare principio di irretroattività delle norme penali sfavorevoli, ed in tal senso soccorre il criterio di continuità normativa, onde espungere da un generalizzato rinvio le disposizioni che per l’appunto non si pongono in linea di continuità con le norme non più vigenti, ma che costituiscono una novità legislativa.

La decisione

Appare perciò evidente, che l’ordinanza impugnata non aveva fatto buon governo degli indicati principi, cercando da un lato di assimilare situazioni diverse per forzare la portata della continuità normativa, e dall’altro individuando sponde per questa costruzione in pronunce di legittimità che in effetti recavano insegnamenti di differente lettura.
Ed infatti, se quella dichiarata era l’intenzione del legislatore, è evidente che l’introduzione della nuova aggravante, sviluppata in tale maggiore portata, costituisce una norma peggiorativa che quindi deve trovare applicazione soltanto per i fatti successivi alla sua introduzione, a tenore dell’art. 2 c.p. e in primis dell’art. 25 Cost., comma 2, (Sez. 6, sentenza n. 22530 del 18/3/2015).
L’aggravante di avere commesso il fatto alla presenza di minore non combacia con la forma aggravata del reato ex art. 572 c.p. indicata nell’elenco dei reati ostativi di cui all’art. 656 c.p.p., comma 9, lett. a), e pertanto, non costituisce limite alla sospensione dell’esecuzione prevista al comma 5 della citata disposizione.
è può concordarsi con la lettura del giudice dell’esecuzione, secondo il quale la commissione del reato alla presenza del minore equivale alla commissione in danno del medesimo.
Per tutti questi motivi, l’ordinanza impugnata è stata annullata, con rinvio al giudice dell’esecuzione perché proceda a nuovo esame.

La redazione giuridica

 
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