La Corte d’Appello de L’Aquila, che si è pronunciata quale giudice del rinvio, all’esito dell’ordinanza di Cassazione n. 17434/19, del 28 giugno 2019, ha condannato il Comune di Casoli e l’ANAS in solido a risarcire i danni conseguenti al decesso della donna terza trasportata a causa del manto stradale dissestato.
La vicenda
La donna, gravida al quarto mese, rimaneva vittima nel novembre 1999 di un sinistro stradale. La responsabilità dell’evento veniva addebitata nella misura del 70% al manto stradale dissestato e dunque al Comune di Casoli e all’ANAS, mentre il restante 30% veniva attribuito al comportamento del conducente dell’automobile a bordo del quale viaggiava la donna in gravidanza.
Il Tribunale rigettava la domanda risarcitoria motivando che gli attori non avessero “fornito adeguata prova del nesso di causalità tra il sinistro per cui è causa e le condotte omissive specificamente contestate alle convenute amministrazioni”.
Confermata tale decisione dal Giudice d’appello, la sentenza da esso pronunciata veniva, però, cassata dalla Cassazione che ravvisava – in base a quanto dedotto in primo grado dagli allora attori – la sussistenza di un’ipotesi di responsabilità da cose in custodia.
Il giudizio di rinvio
Il Giudice del rinvio, a propria volta, affermava, quanto alla responsabilità del Comune di Casoli e di ANAS, che il conducente del veicolo perdeva il controllo del mezzo, andando a collidere con un trattore che procedeva sulla strada statale nell’opposto senso di marcia, “a causa delle condizioni del manto stradale dissestato, vuoi per la sua intrinseca e preesistente precarietà (presenza di un vero e proprio scalino sulla carreggiata), vuoi per l’inondazione proveniente dalla strada comunale gestita dal Comune di Casoli”.
La strada in questione era stata interessata, da alcune ore, da un movimento franoso, sicché il conducente dell’automobile si trovava improvvisamente la sede stradale totalmente inondata di acqua mista a fango, sbandava e perdeva il controllo del mezzo, pertanto, il Giudice riteneva fornita la prova del nesso causale da parte del suddetto conducente e mancante la prova liberatoria del caso fortuito.
Il giudizio di Cassazione sulla sentenza di rinvio
Il Comune di Casoli lamenta l’addebito di responsabilità e deduce che il giudizio penale si è concluso con l’assoluzione proprio dei tecnici comunali ai quali “si addebitava di aver omesso di provvedere alle opere di contenimento e di manutenzione della strada comunale”. Lamenta, inoltre, che il Giudice del rinvio abbia disatteso prove legali, mentre ha recepito senza apprezzamento critico elementi di prova soggetti a valutazione giungendo ad erronee conclusioni, soprattutto negando che il Comune avesse fornito la prova liberatoria di cui all’art. 2051 cod. civ.
I familiari della vittima, con ricorso incidentale, assumono che le indicazioni della Corte di Cassazione in sede di rinvio “vincolanti per il giudice del rinvio ex art. 384 cod. proc. civ., erano chiare nello stabilire che ai fini della decisione si dovesse tenere conto di quanto rilevato” nella relazione disposta su incarico della Procura della Repubblica di Lanciano, nella quale si attribuiva “ben scarso rilievo eziologico alla velocità tenuta dal veicolo e nessun all’usura dei pneumatici”, donde l’erroneità dell’impugnata decisione che ha attribuito a tali “circostanze marginali” addirittura “efficienza eziologica pari al 30%”.
La sentenza di appello è stata pubblicata l’ultimo giorno utile per il deposito degli scritti
Preliminarmente la Cassazione dà atto che la sentenza di appello è stata pubblicata l’ultimo giorno utile per il deposito degli scritti conclusivi delle parti, senza dunque attendere il decorso del termine all’uopo previsto.
In tale ottica “la parte che proponga l’impugnazione della sentenza d’appello deducendo la nullità della medesima per non aver avuto la possibilità di esporre le proprie difese conclusive ovvero di replicare alla comparsa conclusionale avversaria non ha alcun onere di indicare in concreto quali argomentazioni sarebbe stato necessario addurre in prospettiva di una diversa soluzione del merito della controversia.
Invero, la violazione determinata dall’avere il giudice deciso la controversia senza assegnare alle parti i termini per il deposito delle comparse conclusionali e delle memorie di replica, ovvero senza attendere la loro scadenza, comporta di per sé la nullità della sentenza per impedimento frapposto alla possibilità per i difensori delle parti di svolgere con completezza il diritto di difesa, in quanto la violazione del principio del contraddittorio, al quale il diritto di difesa si associa, non è riferibile solo all’atto introduttivo del giudizio, ma implica che il contraddittorio e la difesa si realizzino in piena effettività durante tutto lo svolgimento del processo” (Cass. Sez. Un., sent. 25 novembre 2021, n. 36596).
Al riguardo, la Corte ribadisce che il termine per il deposito degli atti, soprattutto in ambiente o modalità telematici, viene ad identificarsi alle ore 23:59:59 del giorno corrispondente. Pertanto, prima delle ore zero del giorno successivo il termine per il deposito delle memorie di replica era ancora in corso e la sentenza risulta quindi deliberata e depositata in pendenza di quello.
La sentenza impugnata viene pertanto cassata in relazione con rinvio alla Corte d’appello de L’Aquila, in diversa composizione, per la decisione sul merito.
Avv. Emanuela Foligno