La menomazione della capacità lavorativa specifica, configurando un pregiudizio patrimoniale, va ricondotta nell’ambito del danno patrimoniale e non del danno biologico
Con l’ordinanza n. 21403/2021 la Cassazione si è pronunciata sul ricorso di un motociclista che aveva agito in giudizio al fine di ottenere il risarcimento dei danni patrimoniali e non patrimoniali subiti in conseguenza di un sinistro stradale. La Corte territoriale, confermando la decisione di primo grado, aveva riconosciuto all’attore una corresponsabilità nella causazione dell’incidente nella misura del 25%, condannando il conducente la società assicuratrice del veicolo antagonista a risarcire la parte relativa alla rispettiva quota di colpa, quantificata in € 42.180,96.
Nel rivolgersi alla Suprema Corte, la parte danneggiata censurava la sentenza impugnata nella parte in cui aveva ritenuto di escludere la risarcibilità del danno patrimoniale, e ciò sul presupposto che la documentazione prodotta fosse assolutamente inidonea a provare una ridotta diminuzione del reddito in conseguenza del sinistro, essendo insufficiente allo scopo “l’indicazione da parte del CTU dell’astratta percentuale di invalidità sulla capacità lavorativa specifica”, dovendo il danneggiato fornire “prova certa e rigorosa dell’incidenza sul reddito dell’invalidità indicata”; tale prova, secondo la Corte territoriale non poteva dirsi raggiunta in ragione di due sole denunce dei redditi (una precedente l’altra successiva l’anno del sinistro), la cui inidoneità probatoria discendeva dal fatto che l’attività lavorativa cui si riferivano era svolta in regime di libera professione ed era notoriamente incostante nel tempo, essendo, infatti, “soggetta, di per sé, ad oscillazione e mutamenti da un anno d’imposta all’altro”, sicché l’unica dichiarazione fiscale precedente al sinistro era, in quanto isolata, insufficiente a dimostrare che il reddito in essa indicato si fosse stabilizzato; per contro, il ricorrente assumeva di non essersi “limitato ad asserire, sulla scorta dell’elaborato peritale, di aver subito un danno alla capacità di produrre reddito”, ma di aver “fornito la prova documentale di tale pregiudizio” e, in particolare, di aver “dimostrato la contrazione dei redditi”.
Gli Ermellini hanno ritenuto non fondata la doglianza proposta.
Come rammentato dallo stesso ricorrente, infatti, “la menomazione della capacità lavorativa specifica, configurando un pregiudizio patrimoniale, va ricondotta nell’ambito del danno patrimoniale e non del danno biologico”.
Sicché “il grado di invalidità permanente determinato da una lesione all’integrità psico-fisica, non determina automaticamente la riduzione percentuale della capacità lavorativa specifica del danneggiato né, conseguentemente, una diminuzione del correlato guadagno, dovendo comunque il soggetto leso dimostrare, in concreto, lo svolgimento di un’attività produttiva di reddito (o, trattandosi di persona non ancora dedita ad attività lavorativa, che presumibilmente avrebbe svolto) e la diminuzione o il mancato conseguimento di questo in conseguenza del fatto dannoso”.
Nel caso di specie, secondo la sentenza impugnata, era mancata proprio tale dimostrazione “in concreto” della “diminuzione del reddito”, avendo la Corte territoriale ritenuto all’uopo insufficiente la produzione di “due sole denunce dei redditi. Siffatta motivazione doveva ritenersi esente da vizi, visto che non recava “argomentazioni obbiettivamente inidonee a far conoscere il ragionamento seguito dal giudice per la formazione del proprio convincimento” o da “affermazioni inconciliabili” , non ricorrendo, così, le sole evenienze suscettibili di integrare, ormai, il vizio motivazionale.
La redazione giuridica
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