Il datore di lavoro non è legittimato a stravolgere la pianificazione del periodo di ferie, dopo che si sia concluso il suo iter autorizzativo: riconosciuto il risarcimento del danno da mobbing sul lavoro ad un medico dipendente di un’ASL

L’accusa di mobbing

Un medico aveva agito dinanzi al Tribunale di Vibo Valentia per l’accertamento della natura mobbizzante della condotta datoriale e il conseguente risarcimento del danno (patrimoniale e non).

Il ricorrente aveva dichiarato di essere stato assunto nel 1988 dalla struttura sanitaria convenuta in giudizio, con la qualifica di medico di ostetricia e ginecologica e che a partire dall’anno 2005 aveva sperimentato l’ampliamento del suo orario di lavoro, con un numero aggiuntivo di 12 ore. Nel luglio dello stesso anno aveva presentato richiesta di congedo ordinario per le prime due settimane del mese di agosto, per poter andare in vacanza con la famiglia; l’istanza veniva accolta il giorno successivo dal direttore sanitario dell’ospedale; cosicchè egli prenotava una vacanza di due settimane a Lipari, versando l’acconto di 4.200 euro.

Tuttavia, qualche giorno più tardi riceveva una comunicazione in virtù della quale, viste le esigenze di servizio, avrebbe dovuto rimanere a lavoro anche nei giorni coincidenti con le ferie già assentite e programmate.

Il medico aveva contestato tale circostanza, evidenziando come le eccessive ore di lavoro fossero espressione di una condotta vessatoria e mobbizzante nei suoi confronti.

Di recente, la Sezione Lavoro della Cassazione (n. 24837/2018) ha affermato che è configurabile il mobbing lavorativo ove ricorra l’elemento obiettivo, integrato da una pluralità di comportamenti del datore di lavoro, e quello soggettivo dell’intendimento persecutorio del datore medesimo.

Più in particolare, “ai fini della configurabilità del mobbing lavorativo, l’elemento qualificante, che deve essere provato da chi assume di aver subito la condotta vessatoria, va ricercato non nell’illegittimità dei singoli atti bensì nell’intento persecutorio che li unifica”. Pertanto, nel caso in cui il lavoratore chieda il risarcimento del danno patito alla propria integrità psico-fisica in conseguenza di una pluralità di comportamenti del datore di lavoro e dei colleghi di lavoro di natura asseritamente persecutoria, il giudice del merito è tenuto a valutare se i comportamenti denunciati possano essere considerati vessatori e mortificanti per il lavoratore e se siano causalmente ascrivibili a responsabilità del datore”.

Mobbing e straining

Lo “straining” è, invece, una forma attenuata di “mobbing”, in cui difetta la continuità della azioni vessatorie, sicché la prospettazione solo in appello di tale fenomeno, se nel ricorso di primo grado gli stessi fatti erano stati allegati e qualificati come “mobbing” non integra la violazione dell’art. 112 c.p.c., costituendo entrambi comportamenti datoriali ostili, atti ad incidere sul diritto alla salute” (Cass. n. 18164/2018).

Tanto premesso, il Tribunale di Vibo Valentia (sentenza n. 197/2019) ha ritenuto che la disposta protrazione del distacco del lavoratore in corrispondenza dei giorni di ferie già assentite dovesse ritenersi scorretta e incompatibile con il canone di buona fede.

“D’altra parte, l’attribuzione al datore di lavoro del potere di revocare eventuali ferie già concesse (anche a seguito di una mera riconsiderazione delle esigenze aziendali e non solamente al cospetto di circostanze sopravvenute), onera comunque la parte datoriale alla congrua esternazione delle valutazioni appositamente compiute, al fine di scongiurare profili di arbitrarietà della decisione di revoca o modifica”.

L’illegittima revoca delle ferie

Nella vicenda esaminata, il provvedimento revocatorio – peraltro intervenuto ventiquattro giorni dalla concessione del congedo, e a una settimana dall’esordio della sua concreta fruizione – è stato ritenuto per lo più tautologico, nella misura in cui si limitava a rappresentare “l’attuale situazione di disponibilità di personale medico e le inderogabili esigenze di servizio”.

Ebbene, -ha affermato il Tribunale di Vibo Valentia – “qualora non si ritenesse biasimevole detto contegno si consegnerebbe la vita extra-lavorativa del dipendente alla mercè della sua controparte datoriale, così legittimata a stravolgere – per ragioni nella specie imperscrutabili, stante la motivazione autoreferenziale apodittica, rassegnata dal direttore del dipartimento nel provvedimento di revoca del congedo – la pianificazione del periodo di riposo, nonostante l’utile perfezionamento del suo iter autorizzativo, attivato e concluso in epoca sufficientemente risalente”.

Il risarcimento del danno

A causa di tali condotte l’uomo aveva sofferto di “depressione acuta” e “ulcera duodenale”, circostanza peraltro, confermata da una collega e dalle dichiarazioni testimoniali della moglie, che aveva riferito di un “cambio totale di comportamento” manifestato dal marito nei confronti suoi e dei figli.

Anche il consulente tecnico aveva confermato la sussistenza di un “disturbo dell’adattamento con ansia e umore depresso cronico”, riconducibile a mobbing; rilevando un danno biologico del 10 per cento, ioltre al danno morale ed esistenziale rispettivamente pari al 5% e al 3%.

La decisione

Tanto premesso, tenuto conto della natura degli accadimenti, il Tribunale di Vibo Valentia ha ritenuto di dover riconoscere al lavoratore il diritto al risarcimento del danno non patrimoniale, nella sua componente esistenziale, riferibile alla frustrazione del diritto a godere delle ferie con modalità autenticamente in grado di soddisfare il suo interesse alla rigenerazione delle energie psicofisiche, in compagnia dei propria affetti, e alla conseguenze prodotte da tale frustrazione sulla quotidianità con significativi riverberi sui suoi cari, attraverso un incremento del punto “danno non patrimoniale” contemplato dalle Tabelle milanesi più recenti.

In definitiva, l’Azienda sanitaria è stata condanna a corrispondere al proprio dipendente la somma di 4.200 euro a titolo di risarcimento del danno patrimoniale e 26.961,60 euro quale danno non patrimoniale.

La redazione giuridica

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