L’uomo è morto per un mesotelioma pleurico all’età di 6o anni, aveva svolto il servizio di leva in Marina a Taranto

Ammonta a oltre un milione e mezzo di euro il risarcimento disposto dal Tribunale civile di Roma in favore dei familiari di un sommergibilista della Marina Militare morto per un mesotelioma pleurico contratto in servizio a causa della esposizione all’amianto. La cifra si aggiunge a quanto già riconosciuto in virtù del riconoscimento di vittima del dovere.

A riportare la notizia è il Corriere della Sera che evidenzia come, per la prima volta venga riconosciuto ai congiunti del defunto, il cosiddetto “danno futuro”, calcolato sulle aspettative di vita media (e i conseguenti crescenti guadagni) in base a coefficienti più aggiornati rispetto a quelli fissati per legge nel 1922.

L’uomo, di origini campane, era morto dopo una lunga agonia all’età di 60 anni; aveva svolto il servizio di leva tra il 1979 e il 1980 a Taranto, dove, secondo quanto accertato da una relazione tecnica “l’amianto era applicato a tonnellate in ogni parte, dalla sala macchine, agli alloggi alla cucina, fino alle condotte”.

Sulle stesse imbarcazioni, secondo quanto affermato nella sentenza e riportato dal Corriere, “era diffusa e macroscopica l’assenza di misure di protezione collettive ed individuali, informative, preventive e sanitarie nei confronti dei militari esposti ad alte dose cumulative di polveri di amianto, nonostante già da decenni la normativa imponesse che i lavoratori venissero edotti sui rischi specifici ai quali venivano esposti”.

“Nonostante il noto elevatissimo livello di rischio di inalazione e anche ingestione di polveri di amianto – proseguono i Giudici capitolini – la Marina militare italiana ha esposto i propri militari che su quei sommergibili (vecchi di decenni, ndr) sarebbero venuti a contatto con gli onnipresenti impianti e rivestimenti in amianto ormai deteriorato, senza interventi di contenimento del rischio”.

La redazione giuridica

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