Motociclo parcheggiato cade sul lato destro colpendo altro veicolo in sosta

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Motociclo parcheggiato cade sul lato destro

Motociclo parcheggiato colpisce un veicolo in sosta (Tribunale Torre Annunziata, Sentenza n. 2803/2023 pubblicata il 31/10/2023).

Con atto di citazione in appello l’appellante premetteva che aveva evocato in giudizio dinanzi al Giudice di Pace di Sorrento, la proprietaria del motociclo Honda e la sua assicurazione per il risarcimento dei danni subiti dal proprio motociclo Kymco.

Il predetto veicolo si trovava regolarmente in sosta allorquando il motociclo Honda, parcheggiato alla sua sinistra, improvvisamente cadeva sul lato destro lo urtava facendolo cadere a terra.

L’assicurazione convenuta contestava la domanda e il Giudice di Pace rigettava le richieste, compensando le spese di lite.

Il Giudice di Pace ha rigettato la domanda ritenendo che il sinistro si sia verificato per una causa autonoma estranea alla circolazione; ha sostenuto, altresì, che i testi escussi abbiano solo riferito di aver visto il ciclomotore convenuto cadere senza un apparente motivo sul lato destro e collidere il motociclo Kymco che a sua volta nel cadere investiva un altro motociclo anch’esso in sosta negli appositi stalli e che sia “mancata la prova che la caduta del motociclo era stata determinata da una anomalia e/o mancata manutenzione del motociclo (es. cavalletto difettoso e quant’altro)”.

Inoltre, il primo Giudice ha dato atto che il giorno del sinistro era caratterizzato da condizioni atmosferiche ventose con raffiche di vento e  che proprio per tali ragioni causavano la caduta del motociclo Honda.

L’appellante, oltre a lamentare errata interpretazione delle risultanze probatorie, deduce che   l’eventuale riscontro della prova di un fattore esterno che abbia contribuito alla produzione del sinistro non osterebbe all’accoglimento della domanda, considerato che il fortuito può anche non costituire l’unica causa di un sinistro stradale, potendo concorrere con altre cause, quali l’imprudenza e l’imperizia del conducente del veicolo.

L’appello è fondato.

Il comma 2 dell’art. 2054 c.c. dispone che nel caso di scontro tra veicoli si presume, fino a prova contraria, che ciascuno dei conducenti abbia concorso ugualmente a produrre il danno subìto dai singoli veicoli. Tale norma fornisce un riparto di responsabilità in capo ai veicoli coinvolti in un sinistro stradale. La Suprema Corte ha anche recentemente chiarito che la presunzione stabilita dalla norma in parola non configura a carico del conducente un’ipotesi di responsabilità oggettiva, ma una responsabilità presunta da cui il medesimo può liberarsi dando la prova di aver fatto tutto il possibile per evitare il danno, ovvero dimostrando non l’impossibilità di una condotta diversa o la diligenza massima, bensì di avere osservato, nei limiti della normale diligenza, un comportamento esente da colpa e conforme alle regole del codice della strada.

In tale ottica il proprietario del veicolo Kymco ha fornito la prova  del danno cagionato dal veicolo Honda  che per sottrarsi da responsabilità deve fornire la prova di assenza di colpa nella sua condotta. Ciò posto è da ritenersi pacifico che il concetto di circolazione stradale include anche la posizione di arresto e di sosta del veicolo in relazione all’ingombro da esso determinato sugli spazi di sosta, sia alle operazioni inerente la partenza o connesse alla fermata.

Dalle dichiarazioni testimoniali emerge la prova del sinistro e dell’attribuzione della sua responsabilità al conducente del motoveicolo Honda, poiché non è stata fornita la prova liberatoria dell’assenza di colpa, o quantomeno del corretto posizionamento del motociclo e dell’inserimento del cavalletto.

Non può attribuirsi efficacia interruttiva del nesso eziologico alla presenza di raffiche di vento. Per caso fortuito è da intendersi un avvenimento imprevedibile, imponderabile, che si inserisce nella serie causale come fattore determinante in modo autonomo dell’evento.

Il carattere di un fenomeno naturale atmosferico non è sufficiente, di per sé solo, a configurare tale esimente, in quanto non ne esclude la prevedibilità in base alla comune esperienza” (Cass. n. 5267 del 1991; Cass. n. 26545 del 2014; Cass. ord. n. 2482 del 2018).

Difatti, la giurisprudenza sul punto ha affermato che la riconducibilità degli eventi naturali, anche intensi, all’ipotesi di caso fortuito è condizionata dalla presenza di caratteri di eccezionalità e imprevedibilità. Tali caratteri “eccezionali” richiedono un accertamento sulla base di elementi di prova concreti e specifici e con riguardo al luogo ove da tali eventi sia derivato un evento dannoso, mediante un’indagine orientata essenzialmente da dati scientifici di tipo statistico o che comunque presentino riferimenti obiettivi con riguardo al contesto specifico di localizzazione dell’evento (cfr. Cass. n. 522 del 1987; Cass. ord. n. 2482 del 2018).

Orbene, nel caso di specie, non è stata ritenuta configurabile una ipotesi di caso fortuito la presenza di condizioni atmosferiche ventose con raffiche di vento,  in quanto manca la prova della intensità, o della elevata velocità del vento, tale da attribuire all’evento naturale un carattere imprevedibile ed inevitabile che sia idoneo a costituire causa autonoma ed esclusiva o, comunque, a dispiegare efficacia concausale nella verificazione dell’evento dannoso.

L’appello viene accolto e la decisione del Giudice di Pace riformata.

Avv. Emanuela Foligno

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