Napoli, muore dopo attesa di 3 ore per una pericardiocentesi. Piccone: «Ritardo inaccettabile»

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Non c’è posto in nessuna delle cardiochirurgie campane, l’intervento viene rimandato. Ma secondo l’esperto chirurgo e medico legato interpellato da «Responsabile Civile»: «una pericardiocentesi di  emergenza può essere eseguita non solo in sala di rianimazione, ma in qualunque stanza “lavoro” di ogni unità coronarica»

Una donna di 42 anni di Bagnoli è morta nella notte tra l’8 e il 9 marzo scorso, dopo aver attero tre ore per essere sottoposta a periocardiocentesi (cioè un drenaggio del pericardio necessario a far defluire il liquido che si è accumulato attorno al cuore).

Era stata ricoverata all’ospedale San Paolo di Napoli  in condizioni gravissime a causa di una miocardite con versamento pericardico, ma a causa dell’indisponibilità di una sala operatoria in nessuna delle 9 cardiochirurgie campane, solo alle 6 di mattina, è stata trasferita al Monaldi (che più volte aveva rifiutato il ricovero perché le due sale chirurgiche erano impegnate per un trapianto di cuore e per un aneurisma dissecante dell’Aorta); qui i sanitari hanno potuto eseguire l’intervento sulla donna in una delle sale della rianimazione. Dopo due ore, però, un arresto cardiocicircolatorio ha causato il decesso la donna. Vane sono state la manovre rianimative.

I familiari, ora, hanno sporto denuncia e la cartella clinica è stata sequestrata. «Responsabile Civile» ha chiesto sul caso un parere del dottor Umberto Piccone, cardiologo e medico legale.

«Esaminato il caso con tutta l’attenzione che merita per la sua delicatezza e per la giovane età della paziente, ritengo che ci siano tutti gli estremi per la denuncia. Un tamponamento cardiaco con segni clinici (polso paradosso, segno patognomonico) ed ecocardiografici (abbondante versamento pericardico, segni di collasso dell’atrio ds) rappresentano non un’urgenza, bensì un’emergenza che richiede un intervento nel giro di trenta minuti. Un ritardo di tre ore, in una condizione clinica di questo tipo, è del tutto inaccettabile» ci spiega.

«L’argomentazione della non disponibilità delle sale operatorie per importanti interventi non può essere in alcun modo una giustificazione per il semplice motivo che una pericardiocentesi di  emergenza può essere eseguita non solo in sala di rianimazione, ma in qualunque stanza “lavoro” di ogni unità coronarica (la stanza dove, per intendersi, vengono posizionati i pacemaker temporanei) . Potrà esere una scelta subottimale, ma che avrebbe con criterio di grande probabilità salvato la vita della paziente.

Non dobbiamo dimenticare che per la pericardiocentesi non è necessaria una incisione, ma l’accesso è per via percutanea. Purtroppo,  questo tragico episodio è una conferma dell’aforisma di Golberger il quale scriveva che “Quando ci si prepara all’emergenza, l’emergenza cessa di esistere”».

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