Le due professioniste erano accusate di omicidio colposo per non aver diagnosticato in tempo la patologia cardio respiratoria che avrebbe condotto il piccolo al decesso

Assolte con formula piena perché il fatto non sussiste.  Si tratta di una ginecologa e un’ostetrica in servizio, a luglio 2010, presso una clinica privata di Lecce. Le due imputate erano accusate di omicidio colposo nell’ambito del processo per la morte di un neonato, deceduto appena venti giorni dopo la nascita.

Il bimbo era venuto alla luce con parto naturale dopo una gravidanza portata a termine senza complicazioni. Poco dopo essere nato il piccolo aveva iniziato a manifestare problemi di natura respiratoria ed era stato trasferito d’urgenza all’Ospedale ‘Vito Fazzi’ di Lecce dove tuttavia il suo quadro clinico si era aggravato rapidamente sino al tragico epilogo.

L’esposto presentato dai genitori ha immediatamente fatto scattare l’inchiesta. La magistratura ha disposto il sequestro delle cartelle cliniche e della documentazione relativa al parto oltre all’esame autoptico, i cui risultati sono finiti agli atti assieme alla perizia disposta dalla Procura.

Nel registro degli indagati erano finiti quattro medici; oltre alle due imputate, l’avviso di garanzia è scattato anche per un pediatra e un anestesista, le cui posizioni tuttavia erano state stralciate e archiviate. Secondo l’ipotesi accusatoria i due camici bianchi rinviati a giudizio avrebbero omesso di effettuare l’analisi del monitoraggio cardiaco tra le 22: 38 e le 23:45 di quel tragico giorno. Inoltre, non avendo individuato i segnali di sofferenza del feto, non avrebbero messo in atto alcune possibili opzioni terapeutiche, quali il parto cesareo. Infine, avrebbero ritardato l’intubazione del neonato, non somministrando la terapia di bicarbonato di sodio che sarebbe servita ad evitare “l’acidosi metabolica insorta a seguito dell’ipossia intrapartum”.

Il giudice, tuttavia, su richiesta dello stesso Pubblico ministero, ha assolto i due medici ritenendoli esenti da qualsiasi responsabilità. Non vi sarebbe stata alcuna negligenza o imperizia da parte delle due professioniste che avrebbero operato correttamente, rispettando regole e protocolli. Il Tribunale ha accolto la tesi dei legali della difesa che hanno evidenziato come il povero neonato ebbe una crisi respiratoria che si sarebbe verificata in maniera imprevedibile ed acuta solo nella fase “espulsiva” del parto.

 

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