Non viene effettuato nessun esame obiettivo dell’articolazione scapolo omerale di destra, onde escludere una lesione tendinea compatibile con il trauma subito (Tribunale di Lecce, I Sez. civile, Sentenza n. 849/2021 del 24/03/2021 – RG n. 11792/2016)

Il paziente cita a giudizio l’ASL di Lecce al fine di ottenere il risarcimento dei danni patiti a seguito dell’omessa tempestiva diagnosi di lesione inveterata della cuffia dei rotatori della spalla destra a seguito del ricovero avvenuto il 9.3.2009.

Si costituisce in giudizio l’Asl sostenendo l’infondatezza della domanda e chiedendo il rigetto della domanda.

Il Tribunale istruisce la causa attraverso l’espletamento di CTU Medico-Legale e, terminata la fase istruttoria, la domanda avanzata viene ritenuta fondata.

Preliminarmente vengono ricapitolati i principi in materia di responsabilità medica.

Pacifico che la responsabilità della struttura sanitaria per i danni arrecati ai pazienti in ragione di una erronea esecuzione della prestazione medica, è ricondotta nell’ambito della responsabilità contrattuale, con le conseguenze che ne derivano in punto di prescrizione e regime probatorio.

Recentemente, la Suprema Corte ha ribadito la natura contrattuale della responsabilità della struttura sanitaria privata o pubblica, distinguendo tra ipotesi di responsabilità diretta (ovvero quelle di inadempimento da parte della struttura sanitaria delle obbligazioni sulla stessa gravanti), e quelle di responsabilità indiretta (ovvero per il fatto dell’ausiliario, del medico cioè che opera all’interno della struttura sanitaria).

Il paziente ha posto a fondamento dell’azione risarcitoria l’omessa tempestiva diagnosi della lesione inveterata della cuffia dei rotatori della spalla destra, a causa della quale ha subito un intervento chirurgico tardivo e comunque non risolutivo delle lesioni subite.

Le regole sulla ripartizione dell’onere probatorio, impongono al paziente di dimostrare il peggioramento del proprio stato di salute in conseguenza della condotta colposa dei medici che lo ebbero in cura.

Dalla documentazione clinica prodotta risulta che il paziente si recava in ospedale il 9.03.2009 a seguito di una caduta e veniva sottoposto a visita ortopedica, conclusasi con la diagnosi di “contusione della spalla destra e frattura epifisaria distale radio destro”.

Non veniva effettuato nessun esame obiettivo dell’articolazione scapolo omerale di destra, atto ad evidenziare, oppure a sospettare, una eventuale lesione tendinea verosimilmente compatibile con il trauma subito, anche in assenza di lesioni ossee evidenziate dall’esecuzione delle radiografie.

Al riguardo i CTU hanno segnalato: ” Solo in data 08.5.2009 a distanza di 2 mesi dal trauma, una radiografia di controllo dell’articolazione scapolo-omerale destra metteva in evidenza una “lieve irregolarità della grande tuberosità dell’omero con sospetto piccolo distacco periostale” a cui seguiva in data 11.5.2009 la richiesta da parte dello specialista ortopedico di un esame RM della spalla destra su sospetto di lesione del tendine sovraspinoso posttraumatico conseguente alla valutazione di un esame ecografico muscolo -tendineo effettuato in data 04.5.2009 “, giungendo alla conclusione, assolutamente condivisibile in quanto immune da vizi logici o evidenti carenze tecniche, che le lesioni, ovvero quella completa del tendine sovraspinato e quella parziale del sottospinato, sono andate verosimilmente aggravandosi nel corso dei mesi, concretizzandosi in quella lesione massima della cuffia dei rotatori evidenziata nel corso dell’intervento chirurgico effettuato in data 24.9.2009. La diagnosi precoce di tale patologia avrebbe comunque richiesto, si un intervento chirurgico ma meno complesso di quello effettuato, consistente nel solo reinserimento del tendine in assenza di accorciamenti del ventre muscolare ed interessamento massivo della cuffia. Da tanto consegue che la causa dell’aggravamento della patologia a carico della spalla destra è da attribuire al ritardo diagnostico colpevole dei sanitari della struttura convenuta.”

Il Tribunale, pertanto, ritiene accertata la responsabilità colposa omissiva dell’Asl.

Riguardo la responsabilità, viene sottolineato che non è dirimente il riferimento alla caduta sul luogo di lavoro, dedotto dall’ASL convenuta allo scopo di ritenere insussistente il nesso causale tra la condotta addebitata all’Ente e le lesioni riportate dal paziente, poiché è indubitabile che il danno non è ascrivibile di per sé al sinistro, bensì all’omessa tempestiva corretta diagnosi.

Passando alla liquidazione del danno subito, la CTU ha stimato postumi permanenti nella misura del 10% e inabilità temporanea parziale di 30 gg al 50% e di 60 gg al 25%.

Trattandosi di danno macropermanente vengono utilizzate, per la monetizzazione, le Tabelle milanesi.

Il Tribunale sottolinea che le predette tabelle prevedono la liquidazione congiunta del danno non patrimoniale conseguente a «lesione permanente dell’integrità psico -fisica della persona suscettibile di accertamento medico legale», nei suoi risvolti anatomo -funzionali e relazionali medi, e del danno non patrimoniale conseguente alle medesime lesioni in termini di “dolore”, “sofferenza soggettiva”, in via di presunzione in riferimento ad un dato tipo di lesi one, vale a dire la liquidazione congiunta dei pregiudizi in passato liquidati a titolo di c.d. danno biologico “standard”, c.d. personalizzazione – per particolari condizioni soggettive – del danno biologico e c.d. danno morale.

A titolo di ristoro viene monetizzata la somma di euro 17.981,00 a titolo di danno biologico per lesione dell’integrità psico-fisica, ed euro 2.970,00 per l’invalidità temporanea per complessivi euro 20.951,00.

Non vi sono elementi idonei per personalizzare il danno in quanto il profondo disturbo psichico di ansia e depressione post-traumatica invocato dal paziente, risulta sguarnito di adeguata prova.

Da tale somma devono essere detratti gli importi già ricevuti dalla vittima a titolo di rendita vitalizia erogata dall’Inail, perché diversamente il danneggiato realizzerebbe un ingiustificato arricchimento, percependo due diverse attribuzioni patrimoniali scaturenti dal medesimo fatto materiale.

L’attore, nel 2014 percepiva dall’Istituto a titolo di rendita vitalizia la somma di euro 5.532,89 e, dunque la somma residuale spettante è pari ad euro 15.418,00.

L’attore ha ulteriormente chiesto il ristoro del danno patrimoniale derivante dalla riduzione della capacità lavorativa specifica.

Tale voce di danno costituisce un danno futuro da valutarsi su base prognostica anche a mezzo di presunzioni semplici.

Il paziente risulta aver lavorato presso la stessa impresa fino al 28.12.2010 (quindi il rapporto di lavoro è proseguito per un periodo pari a un anno e nove mesi dopo il sinistro), e non risulta provato che la cessazione dello stesso sia avvenuta per le lesioni subite.

Al riguardo è stato a più riprese ribadito che ” La circostanza che la vittima di un infortunio abbia, a guarigione avvenuta, mutato lavoro o mansioni non è di per sé sufficiente a ritenere provata la sussistenza d’un valido nesso causale tra la conseguente riduzione del reddito ed il danno alla persona, essendo onere del danneggiato allegare e provare, anche mediante presunzioni, che l’invalidità permanente abbia inciso, riducendola, sulla capacità di guadagno, potendo solo in tal caso la riduzione di reddito effettivamente percepito essere risarcita come lucro cessante “.

Non essendo stata dimostrata una riduzione della capacità di guadagno, la domanda non è accoglibile.

Le spese di lite e di CTU seguono la regola della soccombenza.

In conclusione, il Tribunale di Lecce, accoglie la domanda dell’attore e, per l’effetto, condanna l’Asl al pagamento di euro 15.418,11, a titolo di risarcimento del danno non patrimoniale; rigetta le restanti domande; condanna l’Asl convenuta alla rifusione delle spese di lite liquidate in euro 2.500,00 oltre accessori; condanna altresì l’Asl al pagamento delle spese di CTU.

§§

Si segnala il pregio delle disamine svolte nella decisione qui commentata.

Assai ben argomentata, oltreché logica, la motivazione sull’utilizzo delle Tabelle milanesi; egualmente impeccabile il ragionamento sotteso al mancato riconoscimento del danno patrimoniale derivante dalla riduzione della capacità lavorativa specifica.

Avv. Emanuela Foligno

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