Omicidio stradale e pericolo di fuga, confermati gli arresti domiciliari

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La Corte di Cassazione si è pronunciata sul ricorso presentato da un imputato per omicidio stradale aggravato, confermando la misura cautelare degli arresti domiciliari disposta a seguito di un grave incidente con pericolo di fuga (Cassazione Penale, sez. IV, dep. 19/02/2024, n.7230).

Il giorno 8 luglio 2023, l’imputato, alla guida di un veicolo Range Rover con targa inglese, percorreva una rotatoria a velocità superiore al limite consentito di 50 km/h, senza rallentare. In tali circostanze, perdeva il controllo del mezzo, che si cappottava più volte fino a fermarsi a circa 70 metri dalla rotatoria, prendendo fuoco. Nell’incidente perdeva la vita il passeggero seduto sul sedile anteriore lato passeggero; un’altra persona rimaneva ferita. L’indagato si allontanava dal luogo del sinistro, rendendosi irreperibile.

Per tali fatti, veniva applicata nei suoi confronti la misura cautelare degli arresti domiciliari, con l’aggravante di aver causato la morte di una persona, lesioni a un’altra e di essersi dato alla fuga. L’imputato proponeva istanza di revoca o sostituzione della misura cautelare, che veniva rigettata con ordinanza del GIP di Milano in data 15 settembre 2023. Il Tribunale di Milano, in qualità di Giudice dell’appello cautelare, confermava tale provvedimento. L’imputato proponeva, quindi, ricorso in Cassazione.

Limiti del ricorso per Cassazione in materia cautelare

Secondo la difesa, il ragionamento del Tribunale violerebbe la legge e sarebbe illogico in quanto il rigetto dell’istanza è fondato sul pericolo di fuga correlato alla situazione di cittadino straniero stabilmente residente in altro Paese con la famiglia, privo di qualsiasi legame con il nostro territorio e intenzionato ad allontanarsi dall’Italia. La valutazione concernente il pericolo di fuga, secondo la tesi del ricorrente, si baserebbe su elementi che evidenzino la concretezza del pericolo, ossia su elementi indicativi della volontà dell’indagato di sottrarsi alla giustizia, per cui esso non può ricavarsi dal mero dato di fatto che l’indagato abbia la residenza all’estero.

Preliminarmente la Cassazione dà atto che è sottratto alla propria valutazione il nuovo esame degli elementi sui quali i Giudici di merito hanno ritenuto irrogare la misura cautelare, posto che il ricorso per cassazione in materia di misure cautelari è ammesso per denunciare la violazione di specifiche norme di legge, ovvero la manifesta illogicità della motivazione del provvedimento, secondo i canoni della logica e i principi di diritto, ma non anche per proporre censure che riguardino la ricostruzione dei fatti, ovvero che si risolvano in una diversa valutazione delle circostanze già esaminate e valorizzate.

Il vizio di manifesta illogicità della motivazione e valutazione del pericolo di fuga

Con riguardo al vizio di manifesta illogicità della motivazione, ciò deve risultare di spessore tale da risultare percepibile ictu oculi, dovendo il sindacato di legittimità al riguardo essere limitato a rilievi di macroscopica evidenza, restando ininfluenti le minime incongruenze e considerandosi disattese le deduzioni difensive che, anche se non espressamente confutate, siano logicamente incompatibili con la decisione adottata, purché siano spiegate in modo logico e adeguato le ragioni del convincimento senza vizi giuridici.

Per quanto concerne la motivazione posta a sostegno del pericolo di fuga, il ricorso si confronta solo parzialmente con il provvedimento impugnato. Il Giudice dell’appello cautelare ha preliminarmente fatto riferimento all’attuale situazione dell’indagato, sottoposto alla misura degli arresti domiciliari con ordinanza del 25/07/2023, e ha richiamato l’istanza proposta in precedenza dalla difesa, con la quale si era chiesta la revoca di tale misura in quanto l’uomo vive nel Regno Unito con la famiglia e il mancato rientro nel territorio inglese per un periodo superiore a 90 giorni comporterebbe la revoca del permesso di soggiorno.
È stato anche riportato il contenuto del provvedimento emesso dal GIP, che ha rigettato l’istanza rilevando che il tempo di sottoposizione alla misura domiciliare di nemmeno due mesi fosse troppo esiguo se rapportato alla gravità dei fatti commessi per ritenere cessate le esigenze cautelari e che la alternativa richiesta di sostituzione della misura con l’obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria con contestuale restituzione del passaporto non faceva che concretizzare il supposto pericolo di fuga.

Gravi indizi di colpevolezza e condotta pericolosa

In particolare, dalla ricostruzione dei fatti contenuta nell’ordinanza, il Tribunale ha desunto l’esistenza di gravi indizi di colpevolezza dell’indagato in ordine al reato di omicidio stradale aggravato dalla fuga del conducente, in quanto il sinistro nel quale aveva perso la vita il passeggero risultava, secondo quanto dichiarato dagli altri passeggeri, causalmente riconducibile alla velocità elevata, comunque superiore ai limiti consentiti, tenuta dal conducente della Range Rover, che si era affiancata più volte prima di urtare l’isola spartitraffico a una BMW condotta da amici con vicendevoli sorpassi in un gioco pericoloso e letale. L’indagato ha, invece, negato di aver ecceduto i limiti di velocità attribuendo alle indicazioni stradali fornitegli dal cugino deceduto la responsabilità dell’evento.

Condotta processuale e motivazione della Cassazione

I Giudici dell’Appello hanno, quindi, condiviso la valutazione del GIP circa la permanenza di un concreto pericolo di fuga, non desunto dalla sua condizione di straniero, ma da molteplici elementi, solo parzialmente riportati nel ricorso.
In particolare, nell’ordinanza impugnata si è fatto riferimento, oltre che alle circostanze che l’imputato risiede stabilmente in un altro Paese con la famiglia, è privo di legami con il territorio italiano e ha mostrato di essere intenzionato ad allontanarsi dall’Italia, alla sua condotta processuale, ritenuta indice di inaffidabilità della persona tale da rendere inadeguata l’applicazione di una misura non custodiale connotata da ampi margini di libertà a fronte della mancata allegazione di qualsivoglia elemento di novità. In particolare, è stata confutata la rilevanza della intervenuta revoca della patente, a fronte di un comportamento inosservante delle regole del Codice stradale, ed è stato ritenuto irrilevante anche il preannunciato interesse alla scelta del rito abbreviato, in cui non è previsto l’esame dell’imputato.

Ebbene, il provvedimento è ampiamente e congruamente motivato. È legittimo in materia di misure cautelari personali desumere il pericolo di fuga dal concreto comportamento dell’indagato al momento del fatto, sintomatico di un atteggiamento tendente a sottrarsi alle conseguenze legali dei propri atti, e dalla sua condotta processuale, sintomatica dell’intento di allontanarsi dal territorio nazionale.
La Suprema Corte respinge il ricorso.

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