Confermata la responsabilità del dipendente di un’azienda che, mentre espletava mansioni di autista, aveva causato il decesso di un operaio travolto da un autocompattatore per la raccolta dei rifiuti

In tema di infortuni sul lavoro, “deve ritenersi corresponsabile, ai sensi dell’art. 113 cod. pen., l’agente il quale, trovandosi a operare in una situazione di rischio da lui immediatamente percepibile, pur non rivestendo alcuna posizione di garanzia, contribuisca con la propria condotta cooperativa all’aggravamento del rischio, fornendo un contributo causale giuridicamente apprezzabile alla realizzazione dell’evento”. Lo ha chiarito la Cassazione con la sentenza n. 46408/2021 pronunciandosi sul ricorso di un lavoratore condannato in sede di merito per il delitto previsto dall’art. 589 cod.pen. Oggetto del giudizio era il decesso un operaio travolto da un autocompattatore nel piazzale interno di pertinenza di un’azienda di cui l’imputato era dipendente e per la quale nell’occorso aveva espletato mansioni di autista del mezzo per la raccolta dei rifiuti.

In base a quanto ricostruito, in occasione di una manovra in retromarcia di un autocompattatore, eseguita dall’imputato senza essere stato debitamente formato all’uso del mezzo, oltre ad essere privo di patente di idoneità alla conduzione dello stesso, rimaneva travolto e ucciso un altro lavoratore, che si era venuto a trovare posizionato dietro all’autocompattatore e che l’imputato non aveva visto; ciò anche perché le luci di retromarcia e il dispositivo di illuminazione d’arresto non erano funzionanti e l’avvisatore acustico di retromarcia non era attivato.

Nel rivolgersi alla Suprema Corte, il ricorrente lamentava, tra gli altri motivi, violazione di legge in relazione alla determinazione della pena: a fronte del giudizio di prevalenza delle attenuanti, la pena edittale da considerare doveva essere quella di cui al primo comma dell’art. 589 cod.pen., atteso che l’aggravante della violazione di norme prevenzionistiche é stata concepita essenzialmente in relazione ai soggetti garanti della sicurezza, in primo luogo al datore di lavoro; invece l’imputato era un semplice dipendente che non aveva neppure ricevuto alcuna delega di origine datoriale.

Gli Ermellini, tuttavia, hanno ritenuto infondata la doglianza proposta in quanto il ricorrente aveva assunto la guida di un veicolò avente peculiari caratteristiche funzionali e dimensionali e per il quale non era provvisto di specifica patente di idoneità, contribuendo alla concretizzazione del rischio introdotto dai responsabili dell’azienda, i quali, senza eseguire alcuna valutazione del rischio e senza curarsi di separare la circolazione di personale e mezzi all’interno del piazzale (oltre a non fornirgli alcuna formazione per la conduzione di un simile veicolo) avevano reso disponibile un mezzo che, come emerso in giudizio, presentava talune criticità e taluni difetti di funzionamento, specie nell’esecuzione di manovre in retromarcia come quella costata la vita alla vittima..

La redazione giuridica

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