Un uomo operato alla tibia e morto dopo 20 giorni dall’intervento chirurgico è al centro del caso che è costato una denuncia all’ospedale

Era entrato in ospedale ad agosto per una frattura l’uomo operato alla tibia e morto dopo 20 giorni.
Il caso, avvenuto all’ospedale Grassi di Ostia, è costato una denuncia al nosocomio.
Per il momento si ritiene che l’uomo operato alla tibia e morto dopo 20 giorni sia deceduto a causa di un’infezione.

La vittima di quello che potrebbe essere considerato un nuovo episodio di malasanità, è un uomo di 56 anni.

Il paziente operato alla tibia e morto dopo 20 giorni era arrivato all’ospedale di Ostia Giovan Battista Grassi a fine agosto, dopo un brutto incidente che gli era costato l’infortunio a una gamba.
Secondo le prime ricostruzioni, l’uomo sarebbe deceduto in seguito a una sepsi, conseguente a una serie di complicanze intercorse durante il decorso post operatorio.
Nello specifico, il paziente era stato sottoposto, nel reparto di Ortopedia, a un intervento per ridurre la frattura ossea alla parte inferiore della gamba. Sebbene l’esito dell’operazione sia stato positivo, il paziente nei giorni successivi ha iniziato ad avere dei problemi.
Tutto è iniziato con una febbre, poi i dolori che andavano aumentando, fino a una serie di complicanze non preventivate che hanno influito nel drammatico esito della vicenda.
Per definire i contorni del caso è in corso una inchiesta della procura di Roma. Quest’ultima è stata avviata dal giorno in cui è stata depositata la denuncia, il 21 settembre.
Il reato per il quale si intende procedere è l’omicidio colposo.

Allo stato attuale non sono state fatte iscrizioni sul registro degli indagati.

Intanto, Il fascicolo è finito sul tavolo del pubblico ministero Maria Rosaria Guglielmi. Il magistrato ha proceduto al sequestro della cartella clinica relativa al paziente.
È stata inoltre disposta l’autopsia sul corpo della vittima. Il professionista incaricato è il medico legale Saverio Potenza, dell’istituto di medicina legale dell’università Tor Vergata.
Al medico è stato affiancato anche un anatomopatologo.
Tra sessanta giorni dovranno consegnare una consulenza dettagliata sul caso.
La consulenza permetterà proprio di fare luce su eventuali responsabilità in capo al personale medico.
Di fatto si cerca di capire se vi siano stati degli errori in fase operatoria o, se nelle settimane successive all’intervento, ci siano state delle negligenze che hanno causato la sepsi letale.
Secondo i familiari, il paziente sarebbe stato trasferito anche in altri reparti. Un elemento che – se confermato – complicherebbe l’accertamento delle responsabilità del personale medico.
 
 
 
 
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