Rigettata, con conferma da parte della Corte di Cassazione, la domanda risarcitoria presentata dalla paziente nei confronti di ASL Molise per l’intervento subito subito dopo un grave incidente stradale (Cassazione civile, sez. III, 13/05/2024, n.13060).
Il caso
Nel 1997 la paziente, all’epoca sedicenne, si poneva alla guida di una autovettura, ne perdeva il controllo e andava incontro ad un grave incidente stradale. Trasportata all’ospedale Cardarelli di Campobasso con un trauma contusivo cerebrale, era sottoposta a due interventi neurochirurgici il 25 e il 26 dicembre 1997, in cui si evidenziavano lesioni alla colonna vertebrale con paraplegia agli arti. Nel gennaio 1998 era dimessa dal Cardarelli e trasferita per la riabilitazione alla struttura Santa Lucia di Roma. Quindi, nel marzo del 1998, era trasferita nel reparto di ortopedia dell’Università di Roma, dove era sottoposta a un ulteriore intervento neurochirurgico.
La sua situazione si stabilizzava in una paraplegia spastica con ipoestesia tattile termodolorifica con andamento cranio caudale a partenza da D6-D7, associata a incontinenza urinaria.
La vicenda giudiziaria
Nel 2012, a distanza di oltre dieci anni dall’incidente e dai successivi interventi, introduceva prima un ATP e quindi iniziava la causa civile dinanzi al Tribunale di Campobasso. La danneggiata riteneva che – almeno in parte – le conseguenze permanenti dell’incidente fossero da addebitare al comportamento dei medici dell’ospedale di Campobasso. Questi, infatti, non avrebbero provveduto alla completa eliminazione di un frammento osseo retro somatico in corrispondenza della vertebra dorsale VI. Inoltre non avrebbero realizzato un’adeguata stabilizzazione vertebrale, avendo bloccato il tratto vertebrale interessato con fettucce di vycril, anziché effettuare un bloccaggio con viti metalliche, che avrebbe consentito di evitare l’uscita del midollo vertebrale e la conseguente paralisi degli arti.
Il Tribunale di Campobasso, previa CTU medico-legale, rigettava le domande, facendo proprie le conclusioni tratte dal Consulente.
Successivamente, la Corte d’appello di Campobasso non riteneva di disporre, come richiesto dall’appellante, la rinnovazione della CTU. I giudici reputavano sufficientemente approfondito ed esente da vizi l’elaborato predisposto nel corso del giudizio di primo grado, del quale confermava l’esito nel senso del totale rigetto della domanda risarcitoria.
Il giudizio della Cassazione
Sostiene il paziente, rileggendo la nomina del singolo consulente medico legale alla luce delle obiezioni già svolte e dal recepimento sul piano normativo della necessità di affiancare a un medico legale uno specialista della materia di volta in volta coinvolta previsto dalla legge n. 24 del 2017, che ne consegue l’illegittimità dell’operato della Corte d’appello, la quale formulava la sua valutazione negativa sulla base di competenze tecniche insufficienti a supportare adeguatamente la formazione del suo convincimento, nonostante la richiesta della parte di integrare l’accertamento tecnico effettuato avvalendosi di uno specialista della materia.
Oltre a ciò sostiene che il CTU si fece assistere, per la lettura approfondita della TAC e di tutti gli esiti radiologici, da un neuroradiologo, che gli fornì un parere orale come previsto dagli articoli 61 e 191 c.p.c. Tuttavia, contesta le modalità con le quali questo apporto tecnico integrativo è stato introdotto nel processo e contesta la sufficienza dell’apporto del radiologo nel formulare il parere finale da sottoporre al giudice.
Innanzitutto, gli ermellini escludono che alla CTU di cui trattasi possa essere applicabile la Legge Gelli poiché è già stato chiarito che essa dispone solo per il futuro, trattandosi di disposizione processuale e non sostanziale, e dunque non immediatamente applicabile anche ai processi in corso, non avendo efficacia retroattiva.
Riguardo la asserita inadeguata motivazione sul perché la Corte d’Appello abbia ritenuto di aderire alle conclusioni del CTU, che aveva escluso alcun apporto concausale derivante dall’operato dei sanitari, piuttosto che a quelle del medico nominato in sede di ATP, che ne riteneva ipotizzabile un seppur ridottissimo concorso causale (nella misura del 5%), la S.C. ritiene la censura implicitamente finalizzata a sollecitare una rinnovazione giudizio di fatto.
Lo scollamento tra le conclusioni dei due Consulenti
Ad ogni modo, il modestissimo scollamento tra le conclusioni dei due Consulenti non inficia in alcun modo la struttura logica della motivazione della sentenza impugnata che, al contrario, ricostruisce dettagliatamente gli eventi, l’immediato intervento chirurgico in urgenza, appena il paziente giunse il ospedale, la condotta perita, diligente e prudente dei sanitari che intervennero immediatamente e poi, con un secondo intervento di riduzione della frattura, il giorno successivo, limitando i danni ischemici già presenti e consentendo un minimo recupero, considerando le risultanze dell’ATP (e del CTP) ma al contempo aderendo alle conclusioni tratte, a seguito di un più approfondito esame, dal C.T.U., che la portano a confermare l’esclusione di ogni responsabilità in capo ai sanitari.
Pertanto, confermata la sentenza di secondo grado.
Avv. Emanuela Foligno