Parto con complicanze, medici assolti: la responsabilità è della struttura sanitaria

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Durante un parto con complicanze, un neonato subisce una frattura cranica e un importante trauma. Il Giudice di merito ha ritenuto rilevante l’intervento del giudicato penale per escludere la responsabilità dei sanitari. La Cassazione conferma l’assoluzione dei medici, ritenendo invece responsabile la struttura sanitaria per non aver adottato le cautele necessarie a proteggerlo (Corte di Cassazione, III civile, ordinanza 30 dicembre 2024, n. 35063).

La vicenda

I genitori del neonato citano in giudizio l’ASP di Agrigento, i medici A.G. e RO. M.C., per sentirli condannare al risarcimento dei danni patrimoniali e non patrimoniali subiti, in proprio e quali esercenti la responsabilità genitoriale sul figlio minore, a causa della frattura della squama dell’occipitale con imponente cefaloematoma e conseguente coagulopatia e anemia, riportati da quest’ultimo in occasione del parto con complicanze, avvenuto presso l’Azienda Ospedaliera San Giovanni di Dio di Agrigento in data 1 settembre 2005.

Con sentenza dell’ottobre 2014, il Tribunale di Agrigento rigetta le domande ritenendo insussistente il nesso di causalità tra l’evento di danno, patito dal piccolo e la condotta dei sanitari. In particolare, rispetto alla posizione dei 3 medici A.G. e RO. E M.C., il Giudice ha ritenuto rilevante l’intervento del giudicato penale (sentenza n. 522/2010 del Tribunale di Agrigento) che escludeva la sussistenza di efficienza causale delle condotte, collocandosi la verificazione del pregiudizio patito dal minore in una fase successiva al parto con complicanze e, dunque, estranea alla dimensione temporale in cui si era dispiegato il loro operato. Esclusa, altresì, anche la responsabilità della ASP.

La Corte d’appello di Palermo, in parziale riforma della sentenza di primo grado, accoglieva le domande limitatamente all’accertamento della responsabilità dell’ASP, che condannava, pertanto, al pagamento, a titolo di risarcimento del danno, di Euro 6.175,58 in favore dei genitori quali esercenti la responsabilità genitoriale sul figlio e di Euro 11.502,92 in favore di ciascuno di essi in proprio.

Il ricorso in Cassazione dell’ASP

La ASP si rivolge alla Corte di Cassazione che respinge le censure confermando il secondo grado.

In particolare, l’ASP contesta la contraddizione in cui la Corte territoriale sarebbe incorsa nel raffronto tra la preliminare ricognizione dello statuto probatorio e delle regole di riparto dell’onere della prova in materia di responsabilità contrattuale, correttamente operato, e la loro conseguente applicazione, erroneamente compiuta. Il giudice di secondo grado, dopo aver escluso la responsabilità dei sanitari per la contusione riportata dal minore, scollegata eziologicamente dalle condotte da loro tenute durante il parto, e dopo aver aderito alle risultanze della CTU, avrebbe collocato il danno in un segmento temporale successivo e lo avrebbe collegato causalmente ad un fatto lesivo verificatosi nelle cinque ore successive, senza però che risultasse mai identificato né nella sua consistenza oggettiva, né in ordine alla sua riferibilità in termini soggettivi.

La censura non è ammissibile perché sollecita un vaglio su un error in iudicando ma è, invero, diretta a sollecitare una diversa ricostruzione dei fatti di causa, atteggiandosi come censura che sostanzialmente attinge la valutazione del materiale probatorio effettuata dal Giudice di secondo grado.

Responsabilità della struttura sanitaria per la mancata adozione di cautele

La Corte di appello ha ritenuto, in base ad un ragionamento effettuato anzitutto sulla scorta degli elementi emergenti anzitutto dalla CTU (ossia, che la frattura cranica subita del neonato non fosse legata all’esecuzione del parto, ma si fosse verificata, come effetto di trauma contusivo, dopo poco più di un’ora dal parto stesso), sussistente la responsabilità della struttura sanitaria in ragione della mancata adozione, da parte del personale sanitario, delle “cautele necessarie” per evitare che il piccolo “subisse un trauma che provocò la frattura e che lo pose a serio rischio di sopravvivenza”. Il Giudice di appello ha escluso, quindi, che tale responsabilità, di natura contrattuale, potesse venir meno “per il solo fatto che non siano stati identificati concretamente gli autori della condotta che determinava la lesione riportata dal bambino”, poiché sarebbe spettato all’ASP “l’onere di provare che tale trauma si sia determinato per una causa non imputabile alla struttura stessa”.

La valutazione delle emergenze probatorie

La Corte territoriale, in altri termini, ha ritenuto, in base ad una valutazione delle emergenze probatorie acquisite agli atti (e facendo ricorso alle presunzioni, quale prova, autosufficiente, che la ricorrente non ha investito di specifica censura), assolto da parte dei danneggiati l’onere probatorio vertente su questi due elementi, senza per nulla fondare il proprio giudizio sulla assenza di dimostrazione di una causa, esogena e imprevedibile, ostativa rispetto all’adempimento della prestazione, che la struttura sanitaria danneggiante è tenuto a fornire ai sensi dell’art. 1218 c.c.

Quello che viene sostanzialmente (e inammissibilmente) criticato dai genitori del piccolo è proprio l’accertamento della Corte territoriale sulla realtà materiale e cioè sugli aspetti fattuali che, nel condividere le conclusioni della CTU espletata nel corso del secondo grado di giudizio, l’hanno condotta a ritenere la struttura sanitaria responsabile civile per il danno lamentato.

Non è possibili sostituire a tale accertamento una diversa ricostruzione del quadro fattuale e il ricorso viene rigettato.

Avv. Emanuela Foligno

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