Paziente contesta errato intervento, ma non esistono terapie diverse

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Viene lamentata la errata esecuzione di posizionamento di protesi all’anca sinistra e mancanza di informazione adeguata. Il CTU esclude l’errato intervento considerata l’assenza di conoscenze scientifiche e protocolli che suggerissero l’adozione di terapie diverse da quelle praticate al paziente.

Il caso

Il Tribunale di Agrigento rigetta la domanda di risarcimento del danno cagionato dalle asserite pregiudizievoli conseguenze dell’intervento chirurgico di posizionamento di artoprotesi totale all’anca sinistra. La Corte d’Appello di Palermo (sent. 30 dicembre 2020) conferma il primo grado.

Nello specifico la Corte siciliana, in relazione al primo motivo avente ad oggetto il profilo della responsabilità sanitaria, afferma che il motivo era inammissibile perché l’appellante si era limitato a riproporre la propria critica alle conclusioni del CTU, secondo il quale “le calcificazioni potevano costituire un normale sviluppo successivo all’atto chirurgico in assenza di conoscenze scientifiche e protocolli che suggerissero l’adozione di terapie diverse da quelle praticate dall’appellante”.
Aggiunge, in relazione alla censura di omesso rilievo della carenza informativa del paziente, che la Struttura sanitaria aveva prodotto quattro moduli di consenso regolarmente sottoscritti dal paziente, contenenti tutte le informazioni relative al ricovero ed all’intervento chirurgico, con l’accettazione espressa al trattamento sanitario, e che la circostanza che nel primo dei detti moduli non fosse barrata la dicitura relativa all’accettazione era ininfluente al cospetto della sottoscrizione di tutti i successivi modelli relativi ai rischi connessi alla sedazione, alla scelta dell’intervento, alle sue modalità e possibili complicanze.

Il ricorso in Cassazione

Il paziente ripropone le medesime doglianze anche alla Corte di Cassazione, che rigetta in toto (Cassazione Civile, sez. III, 28/03/2024, n.8516).

Benché il Giudice di appello abbia valutato il motivo inerente la responsabilità sanitaria come inammissibile, in realtà la motivazione della decisione impugnata depone per un apprezzamento di merito della censura sollevata con l’atto di appello. Il paziente aveva riproposto la propria critica “priva di concrete giustificazioni” alle conclusioni del CTU, e il Giudice di appello ha considerato priva di fondatezza la critica della valutazione tecnica recepita dal Tribunale, entrando in tal modo nel merito del motivo.

Il ricorrente, provvedendo alla trascrizione del motivo di appello, allo scopo di confutare il giudizio di inammissibilità, ha in realtà confutato proprio il giudizio in termini di assenza di “concrete giustificazioni” della critica alle conclusioni del CTU. Il richiamo al contenuto del motivo di appello ha infatti la valenza di censura al rilievo di assenza di “concrete giustificazioni”. Ad ogni modo si tratta di una censura che resta sul piano del giudizio di fatto che non è sindacabile in Cassazione.

Il consenso informato

Per quanto concerne l’asserita mancanza del consenso informato, osserva il paziente che nella cartella clinica mancherebbe un effettivo consenso informato e che si evincerebbe l’assoluta mancanza di effettiva informazione adeguata al caso specifico, trattandosi peraltro di prestampati comprendenti la più vasta gamma di possibilità, ma non quelle che poi si sono in concreto verificate. Osserva, ancora, che fra le complicanze indicate nei modelli di consenso informato non risulterebbero quelle che poi si sono effettivamente verificate e che sul punto vi sarebbe difetto di motivazione.

Al riguardo, la Cassazione rammenta che la violazione del dovere di informazione del paziente, quando è dedotta in relazione ad un pregiudizio alla salute, sussiste quando sia ragionevole ritenere che il paziente, su cui grava il relativo onere probatorio, se correttamente informato, avrebbe evitato di sottoporsi all’intervento e di subirne le conseguenze invalidanti.

È del tutto assente l’allegazione che il paziente, ove adeguatamente informato, avrebbe evitato di sottoporsi all’intervento chirurgico: in mancanza di tale allegazione le due censure restano prive di fondamento.

Avv. Emanuela Foligno

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