Respinto il ricorso di una donna contro la ripartizione della pensione di reversibilità effettuata dai Giudici del merito con la prima moglie del coniuge defunto

La decisione giudiziale riguardante la ripartizione della pensione di reversibilità tra l’ex coniuge divorziato e il coniuge superstite al momento del decesso deve essere resa, ai sensi della l. 1 dicembre 1970, n. 898, art. 9, nel testo vigente, con sentenza. Ne consegue che il provvedimento assunto dal giudice di secondo grado con decreto conserva la natura e il valore di sentenza, e può essere impugnato con ricorso per cassazione per vizi motivazionali, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, anche prima dell’entrata in vigore del D.Lgs. 2 febbraio 2006, n. 40)”. Lo ha chiarito la Cassazione con l’ordinanza n. 692/2021.

Nel caso esaminato, la Corte d’appello – ritenuto il decreto emesso dal Tribunale all’esito del rito camerale avente la natura di sentenza – aveva confermato la decisione del primo giudice che, in relazione alla domanda volta ad ottenere l’attribuzione di una quota della pensione di reversibilità proposta dalla coniuge divorziata di un uomo deceduto e coniugato in seconde nozze, aveva determinato nella misura del 60% la quota spettante all’attrice e la restante parte alla nuovo moglie.

Il Collegio distrettuale, richiamata la sentenza della Corte costituzionale n. 419/1999 e ritenuto che i criteri equitativi avevano carattere integrativo e che l’entità dell’assegno divorzile non rappresentava comunque un limite legale della quota spettante all’ex coniuge, aveva osservato che la parte attrice era stata sposata circa 39 anni e la seconda moglie 12 anni restando modesta una breve convivenza more uxorio; che la coniuge divorziata era quasi ottantenne e la seconda moglie più giovane di 12 anni; che la prima godeva di una situazione patrimoniale migliore.

Valutati tali elementi e la durata dei matrimoni, il Giudice di secondo grado aveva ritenuto congrua la ripartizione stabilita dal Tribunale.

Nel rivolgersi alla Suprema Corte la seconda moglie censurava la sentenza in quanto la Corte non aveva tenuto conto dell’eccezione di inammissibilità o improcedibilità del ricorso essendo stato seguito dal Tribunale il rito camerale conclusosi con decreto e non, invece, il rito ordinario da concludersi con sentenza. Eccepiva, inoltre, che la pronuncia impugnata avesse riconosciuto valore di sentenza al decreto del Tribunale con violazione del diritto di difesa.

Gli Ermellini hanno ritenuto il motivo del ricorso infondato.

“E’ ben vero – sottolineano dal Palazzaccio – che la decisione giudiziale riguardante la ripartizione della pensione di reversibilità tra l’ex coniuge divorziato e il coniuge superstite al momento del decesso deve essere resa, ai sensi della L. 1 dicembre 1970, n. 898, art. 9, nel testo vigente, con sentenza”, ma “il provvedimento assunto dal giudice, come avvenuto nella fattispecie, con decreto conserva, tuttavia, la natura e il valore di sentenza”.

Non è, dunque, censurabile la decisione della Corte territoriale che ha ritenuto aver natura sostanziale di sentenza il provvedimento adottato dal Tribunale in forma di decreto.

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