Numerose perizie psichiatriche hanno accertato la incapacità di intendere dell’imputato affetto da ritardo mentale di grado moderato. Ai fini dell’accertamento della capacità di intendere e di volere dell’imputato, rilevano anche gli accertamenti peritali compiuti in procedimenti diversi, purché riferibili ad epoca corrispondente ed a fatti eziologicamente omogenei (Corte di Cassazione, quinta penale, sentenza 24 giugno 2025, n. 23648).
Il caso
La Corte d’appello di Palermo ha confermato la decisione di primo grado che, all’esito di giudizio abbreviato, aveva dichiarato l’imputato responsabile del reato di tentato furto aggravato condannandolo alla pena di giustizia.
L’imputato ha proposto ricorso per cassazione articolando due motivi di censura.
Denunzia l’insufficienza e la contraddittorietà della motivazione in ordine al rigetto della richiesta di proscioglimento per mancanza della capacità di intendere e di volere, che sarebbe emersa da numerose perizie psichiatriche disposte in altre vicende processuali.
In particolare, nel corso del giudizio di appello veniva disposta perizia psichiatrica e il Perito aveva visitato l’imputato circa un anno e mezzo dopo la commissione del reato. La perizia aveva accertato che l’imputato era affetto da ritardo mentale di grado moderato, tale però da non escluderne la capacità di intendere e di volere.
I Giudici di appello però avrebbero omesso di considerare che erano state acquisite agli atti ben n. 11 perizie disposte in altrettanti giudizi concernenti reati analoghi, redatte nel corso dell’anno 2020, le quali avevano riconosciuto l’incapacità di intendere e di volere del ricorrente.
Alla medesima conclusione era pervenuta una perizia effettuata a distanza di circa 20 giorni dalla commissione del reato oggetto del presente giudizio. La Corte territoriale non si era in alcun modo confrontata con tali perizie. Neppure si sarebbe confrontata con la circostanza che nel 2023 l’imputato era stato ricoverato presso una casa lavoro e si era disintossicato dalle sostanze stupefacenti, così recuperando in parte il suo deficit.
L’intervento della Corte di Cassazione
Le doglianze espresse in ordine alla ritenuta imputabilità del ricorrente sono fondate, con assorbimento delle restanti.
La Corte territoriale ha confermato la condanna in ordine al reato di tentato furto aggravato commesso il 2 settembre 2020, ritenendo che l’imputato, al momento del fatto fosse pienamente capace di intendere e di volere, condividendo gli esiti della perizia psichiatrica disposta in sede di rinnovazione istruttoria, disposta su istanza della difesa.
L’imputato, come detto, era già stato sottoposto a perizia psichiatrica in altri procedimenti a suo carico, nei quali era stata esclusa la sua imputabilità. La Corte territoriale, invece, ha ritenuto di escludere la rilevanza di tali precedenti perizie in quanto formulate in procedimenti diversi, sul rilievo che «l’infermità mentale non può costituire uno status permanente dell’individuo e che l’accertamento delle condizioni mentali deve essere effettuato in relazione al momento in cui è stato commesso il reato”.
Tuttavia i Giudici dell’appello hanno sostanzialmente disatteso i principi della materia.
È stato omesso il confronto con i molteplici e corretti argomenti addotti dalla difesa, con i quali si evidenziava che le precedenti undici precedenti perizie psichiatriche, prodotte nel giudizio di appello, emesse da differenti periti in differenti procedimenti, avevano tutte ritenuto l’imputato incapace di intendere e di volere. Tali perizie erano antecedenti a quella disposta nel giudizio di appello ed erano temporalmente più prossime al fatto oggetto del presente procedimento (una di esse, in particolare, era successiva di pochi giorni al reato qui giudicato), mentre la perizia disposta dalla Corte territoriale era stata svolta nel 2024 (incarico conferito nel 2022; visita del periziando nel 2024), e perciò a distanza di anni dal fatto (commesso nel settembre 2020).
I Giudici di appello hanno omesso una valutazione critica e argomentata degli elementi acquisiti al giudizio
I Giudici di appello hanno anche trascurato di considerare che, pur trattandosi di procedimenti diversi, questi avevano ad oggetto reati omogenei commessi nel medesimo arco temporale (compreso tra il marzo 2020 e il febbraio 2021) e taluni di essi in epoca molto prossima a quello oggetto di questo giudizio.
Così facendo i Giudici di secondo grado avrebbero disatteso l’insegnamento secondo cui “ai fini dell’accertamento della capacità di intendere e di volere dell’imputato, rilevano anche gli accertamenti peritali compiuti in procedimenti diversi, purché riferibili ad epoca corrispondente ed a fatti eziologicamente omogenei”.
È evidente, dunque, che i Giudici di appello hanno omesso una valutazione critica e argomentata degli elementi acquisiti al giudizio, arrestandosi al dato meramente formale della riferibilità delle precedenti perizie psichiatriche a procedimenti diversi, senza considerare l’orientamento indicato al punto precedente.
In tal modo la sentenza impugnata incorre nel vizio motivazionale denunciato dal ricorrente. Invero, pur rimanendo l’accertamento della capacità dell’imputato confinato alle questioni di fatto di esclusiva competenza del Giudice di merito, va comunque ricordato che esso si sottrae al sindacato della Cassazione solo se esaurientemente motivato, “anche con il solo richiamo alle valutazioni delle perizie, se immune da vizi logici e conforme ai criteri scientifici di tipo clinico e valutativo“.
Le perizie psichiatriche e i diversi metodi scientifici in campo
Tutto ciò detto, la Cassazione osserva che laddove il differente esito della perizia disposta dalla Corte d’appello rispetto alle perizie precedenti sia conseguenza del differente metodo scientifico utilizzato dai diversi periti, pur potendo il Giudice di merito legittimamente accogliere l’una piuttosto che l’altra tesi scientifica, egli in tal caso deve dare congrua spiegazione delle ragioni della scelta, dimostrando di essersi soffermato sulla tesi che ha ritenuto di non dover seguire e di aver tenuto presenti le altre risultanze processuali con le quali abbia confrontato la tesi recepita. In tal caso, al Giudice è chiesto di effettuare una valutazione che involge la stessa validità dei diversi metodi scientifici in campo, della quale è chiamato a dar conto in motivazione, fornendo una razionale giustificazione dell’apprezzamento compiuto e delle ragioni per le quali ha opinato per la maggiore affidabilità di una determinata scuola di pensiero rispetto ad un’altra.
Con riguardo al tema della prova scientifica, il giudizio di attendibilità di una teoria deve tener conto degli studi che la sorreggono e delle basi fattuali sui quali sono condotti, dell’ampiezza, della rigorosità e dell’oggettività della ricerca, del grado di sostegno che i fatti accordano alla tesi, della discussione critica che ha accompagnato l’elaborazione dello studio e delle opinioni dissonanti che si siano eventualmente formate, dell’attitudine esplicativa dell’elaborazione teorica, del grado di consenso che la tesi raccoglie nella comunità scientifica, nonché dell’autorità e dell’Indipendenza di chi ha effettuato la ricerca.
Ed è a tali criteri che la Corte di Palermo dovrà attenersi nello svolgere un nuovo giudizio in ordine alla sussistenza o meno della capacità di intendere e di volere del ricorrente al momento del fatto.
Avv. Emanuela Foligno