La consegna dell’immobile a seguito del preliminare ad effetti anticipati non determina il passaggio del diritto di proprietà e, dunque, la relazione tra il promissario acquirente e il bene non è idonea a concretizzare l’acquisizione della proprietà mediante usucapione

La vicenda

Con atto di citazione depositato dinanzi al Tribunale di Brindisi, gli attori avevano agito in giudizio affinché fosse accertato il loro diritto di proprietà su un immobile ubicato nel comune di Cisternino.

L’acquisto del predetto immobile era avvenuto con atto di compravendita nel 1979. Gli attori avevano riferito di aver pagato sin dal momento dell’acquisto i relativi oneri fiscali e che, successivamente, l’immobile sarebbe stato detenuto senza alcun titolo e occupato abusivamente dalla convenuta, la quale nella denuncia di successione al padre, deceduto nel 2006, aveva dichiarato il possesso per “giusti titoli” da oltre venticinque anni.

Avevano chiesto, dunque, che fosse dichiarato, ai sensi dell’art. 948 c.c., il loro diritto di proprietà sul bene, per quote eguali, e di condannare la convenuta all’immediato rilascio dell’immobile.

Quest’ultima, costituitasi in giudizio, aveva contestato le dichiarazioni attoree ed aveva affermato che tra le parti e suo padre era intercorso un accordo preliminare di compravendita del locale garage, in forza del quale questi sarebbe stato immesso nel pieno possesso dell’immobile dagli attori a seguito dell’effettivo ed integrale pagamento del prezzo, avvenuto antecedentemente alla stipula del contratto definitivo che, tuttavia, non si era mai perfezionato. Aveva, perciò, chiesto il rigetto delle domande attoree e l’accoglimento della propria domanda riconvenzionale di accertamento dell’intervenuta usucapione.

Il preliminare di vendita a effetti anticipati

Ebbene, tale ultima domanda è stata accolta perché fondata. Quanto agli effetti del contratto preliminare ad effetti anticipati, il Tribunale di Brindisi (sentenza n. 425/2020) ha ribadito quanto affermato dalle Sezioni Unite con la sentenza n. 7930 del 27 marzo 2008, secondo cui con la consegna dell’immobile a seguito del preliminare ad effetti anticipati non si verifica un passaggio del diritto di proprietà e che, dunque, la relazione tra il promissario acquirente e il bene deve essere definita come detenzione qualificata, non idonea a concretizzare l’acquisizione della proprietà mediante usucapione; resta salva la cosiddetta interversione nel possesso, ex art. 1141 c.c., in base alla quale, in presenza di determinate condizioni, si può verificare un mutamento della detenzione in possesso con conseguente possibilità di usucapire il bene, laddove il detentore abbia, nel corso del rapporto, iniziato ad esercitare sul bene un potere di fatto nomine proprio (Cass., ord. n. 3305 del 2019; Cass., sez. un., 11/03/2017, n. 7155; Cass. 30/08/2017, n. 20539).

Ebbene, nel caso in esame, le parti non avevano specificato la data in cui era stato stipulato il contratto preliminare di vendita.

Vi era, tuttavia, in atti una copia della dichiarazione resa da uno degli attori, datata settembre 1984, con la quale quest’ultimo (promittente venditore), con attestazione mai disconosciuta in corso di giudizio, aveva affermato testualmente di “aver ricevuto il relativo saldo del prezzo pattuito”, dichiarando di non avere “altro a pretendere per il suddetto titolo essendo stato integralmente soddisfatto”.

Tale attestazione è stata ritenuta idonea a provare la circostanza che, dopo la stipula del contratto preliminare, il promissario acquirente pagò alla controparte il saldo del prezzo e tale atto potesse “senz’altro assumersi quale idonea interversione nel possesso, ai sensi dell’art. 1164 c.c.: essa, come è noto, non può verificarsi mediante un semplice atto di volizione interna, ma deve estrinsecarsi in un fatto esterno, da cui sia consentito desumere che il possessore nomine alieno abbia cessato di possedere in nome altrui e abbia iniziato un possesso per conto e in nome proprio; il mutamento del titolo deve derivare da un atto di opposizione univocamente rivolta contro il possessore, e cioè contro colui per cui conto la cosa è detenuta, in guisa da rendere esteriormente riconoscibile all’avente diritto che il detentore intende sostituire alla preesistente intenzione di subordinare il proprio potere a quello altrui l’animus di vantare per sé il diritto esercitato, convertendo così in possesso la detenzione precedentemente esercitata” (Cass. 21/02/2017, n. 4417).

La decisione

Ebbene, il pagamento del saldo del prezzo e la successiva dichiarazione del promittente venditore di non avere altro a pretendere dalla controparte sono stati ritenuti elementi sufficienti a ritenere intervenuta la mutazione dell’animus del detentore in possessore: con la consegna delle chiavi al promissario acquirente, le parti avevano pattuito di definire i relativi rapporti con la stipula del contratto definitivo, relegandola cioè a un mero adempimento formale.

Era evidente perciò che il padre della convenuta, sin dal 1984, avesse cominciato ad esercitare il legittimo possesso sul bene oggetto di contestazione e che, pertanto, fosse maturato il termine per la usucapione dell’immobile (Tribunale di Brindisi n. 425/2020).

Avv. Sabrina Caporale

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