Respinto il ricorso del responsabile sicurezza di un’azienda accusato di aver cagionato, violando le norme di prevenzione degli infortuni sul lavoro, lesioni a un operaio intento nelle operazioni di manutenzione di un macchinario

“Le norme dettate in materia di prevenzione degli infortuni sul lavoro perseguono il fine di tutelare il lavoratore persino in ordine ad incidenti derivati da sua negligenza, imprudenza od imperizia; sicché la condotta imprudente dell’infortunato non assurge a causa sopravvenuta da sola sufficiente a produrre l’evento quando sia comunque riconducibile all’area di rischio inerente all’attività svolta dal lavoratore ed all’omissione di doverose misure antinfortunistiche da parte del datore di lavoro. In proposito, alla luce della ormai pacifica giurisprudenza di legittimità sul punto, deve considerarsi che é interruttiva del nesso di condizionamento la condotta abnorme del lavoratore quando essa si collochi in qualche guisa al di fuori dell’area di rischio definita dalla lavorazione in corso. Tale comportamento é “interruttivo” (per restare al lessico tradizionale) non perché “eccezionale” ma perché eccentrico rispetto al rischio lavorativo che il garante é chiamato a governare”. Lo ha ribadito la Cassazione con la sentenza n. 32259/2021 pronunciandosi sul ricorso presentato dal delegato per gli aspetti della sicurezza di un’azienda, condannato in sede di merito per il delitto di cui all’art. 590, commi 1 e 3 cod.pen., in riferimento all’infortunio occorso a un dipendente della ditta.

Il lavoratore, nello specifico, stava eseguendo la manutenzione di un macchinario denominato lingottiera, dotato di un coperchio di protezione fissato con viti; dopo avere collocato il macchinario su un ribaltatore, l’operaio iniziava a smontarlo svitando il coperchio, ma una delle otto viti cadeva in un foro della lingottiera; per fare uscire la vite inclinando il macchinario e portandolo in posizione orizzontale, l’uomo azionava, con una mano, i pulsanti collocati sul quadro comandi (a circa un metro e mezzo di distanza); con l’altra si protendeva verso il coperchio cercando di recuperare la vite. A un certo punto, però, il coperchio – estremamente voluminoso e pesante – cadeva, rovinando sul piede del danneggiato e cagionandogli lesioni

All’imputato veniva contestato di avere messo a disposizione dei dipendenti un macchinario il cui quadro comandi era situato a distanza troppo ridotta, con conseguente pericolo di caduta dei pezzi nella fase di rotazione, laddove occorreva che la distanza fosse maggiore onde impedire ai lavoratori di avvicinarsi al macchinario in movimento; ciò in violazione del combinato disposto degli artt. 71, comma 1 e 70, comma 1, del D.Lgs. 81/2008.

Sebbene sia il Tribunale che la Corte d’appello avessero riconosciuto il concorso di colpa della persona offesa, ciò non era valso ad escludere la colpa della parte convenuta.

Nel rivolgersi alla Suprema Corte, il ricorrente denunciava, tra gli altri motivi, violazione di legge e vizio di motivazione in riferimento alla colpa ravvisata in capo all’imputato e alla prevedibilità dell’accaduto, a fronte dell’abnormità del comportamento del lavoratore: il quale avrebbe tenuto nell’occorso una condotta dolosamente negligente, poiché, per far uscire dalla lingottatrice la vite caduta, aveva violato le direttive tassative impartitegli dall’azienda sull’impiego del macchinario. Del resto il danneggiato era stato debitamente formato ed era un lavoratore molto esperto, tant’é che aveva riconosciuto la sua responsabilità in ordine all’accaduto. In tal senso la sentenza forniva una motivazione illogica, che non teneva conto della condotta abnorme del lavoratore, il quale aveva rimosso tutte e otto le viti di fissaggio del coperchio della macchina – anziché lasciarne due, come da istruzioni ricevute – ed aveva così introdotto un rischio eccentrico ed esorbitante dalla sfera di rischio governata dal garante.

Gli Ermellini hanno ritenuto il motivo del ricorso manifestamente infondato.

La Corte territoriale aveva correttamente escluso che il comportamento del lavoratore potesse considerarsi abnorme e idoneo a interrompere il nesso causale fra la condotta contestata all’imputato e l’evento lesivo.

Nella specie, il tipo di operazione in corso di svolgimento al momento dell’infortunio rientrava certamente nelle mansioni del lavoratore; cosicché era di tutta evidenza che la condotta del danneggiato si inseriva comunque pienamente, e in modo tutt’altro che imprevedibile o eccentrico, nell’area di rischio affidata alla gestione dell’imputato, nella sua qualità, assimilabile a quella datoriale: da un lato perché questi, sul piano generale, era affidatario in base all’art. 71 D.Lgs. n. 81/2008 della posizione di garanzia connessa alla messa a disposizione dei dipendenti di strumenti e macchinari corredati dei necessari dispositivi di sicurezza; dall’altro perché, proprio il rischio di un utilizzo inidoneo del macchinario aveva formato oggetto di espressa previsione e di apposita informazione ai dipendenti, mediante l’individuazione di una procedura di sicurezza inidonea di cui faceva menzione lo stesso ricorrente; dall’altro ancora, perché in esito all’incidente era stato eseguito lo spostamento del quadro comandi a distanza di sicurezza, a conferma dell’inidoneità del precedente posizionamento.

La redazione giuridica

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