Quando il social diventa malattia: ecco come combattere il F.O.M.O.

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Avete mai sentito parlare del F.O.M.O.? E se vi dicessimo che molto probabilmente anche voi avete sperimentato il F.O.M.O., senza mai avergli dato un nome, ci credereste? Ebbene, F.O.M.O. è l’acronimo di Fear Of  Missing Out, ovvero la paura  e  il senso di ansia e preoccupazione per il fatto di  non sentirsi pienamente coinvolti nella vita social. È chiaro che l’essere umano è un animale sociale, per dirla con Aristotele, e che, quindi, tutti sentiamo il bisogno ma un recente studio pubblicato sul Journal of Behavioural Addictions ha rilevato che la maggioranza  degli utenti abituali di Facebook motiva l’utilizzo del social con la cosiddetta “gratificazione da sorveglianza”, un appagamento derivante, cioè, dal controllo delle attività dei propri amici. Tale controllo costante, però, aumenta la possibilità di sperimentare il F.O.M.O., la paura di non esserci  quando gli amici si divertono, di non partecipare ad eventi ritenuti socialmente importanti, o, semplicemente, l’angoscia derivante dal constatare di avere una vita meno frenetica e “social” di altri.

Questa paura è più diffusa di quanto possiamo immaginare: uno studio sul Computers in Human Behavior  ha rilevato che i ¾ degli intervistati, soprattutto studenti in età da college, avevano sperimentato la “paura di mancare” a momenti di divertimento degli amici, controllando il profilo social subito prima di dormire e immediatamente al risveglio, durante i pasti ed anche alla guida, assumendo comportamenti pericolosi.

In Italia, a sostegno della globalità di tali comportamenti, secondo uno studio condotto da Found!, la prima mood communication agency italiana, su circa 1800 persone, riguardo l’utilizzo dei social network,  emerge come il 51% non potrebbe vivere senza, mentre il 27% ha dichiarato di rimanervi connesso addirittura fino a 8 ore al giorno. Il 56% degli intervistati ha rivelato inoltre che il primo pensiero prima di andare a dormire e appena svegli è controllare le notifiche sullo schermo dello smartphone.

Esistono, però, dei suggerimenti per evitare l’assunzione di comportamenti che potrebbero aumentare la nostra ansia da prestazione social o il nostro F.O.M.O.:

  • Sostituire al F.O.M.O., il J.O.M.O., ossia il Joy Of Missing Out. Il blogger e imprenditore Dash, suggerisce, in pratica, di riflettere e mettere a fuoco la gioia di fare alcune azioni da soli: Dash ha riscoperto, ad esempio, a gioia di fare il bagnetto al proprio figlio e tornare in tempo a casa per metterlo a letto.
  • Restare offline per un tempo definito, come un solo giorno, una settimana, un mese o un anno. Si scopre come molte persone non si fanno più vive, come altre restano comunque in contatto, e si scopre un mondo totalmente nuovo. Ci ha provato Steve Corona, un manager americano, il quale ha interrotto tutti i contatti social per un mese, cambiando così la sua vita: ha letto libri, trascorso tempo con gli amci, meditato, corso tre miglia al giorno e addirittura scritto un libro. Al suo ritorno, ha intenzionalmente deciso di trascorrere meno tempo on line, ed eliminare alcuni social.
  • Utilizzare dei software che evitano di farci soccombere al F.O.M.O.: esistono infatti alcuni software che controllano il tempo speso on line, su quali siti e possono regolarne o addirittura bloccarne l’accesso.
  • Eliminare le app dei social dallo smartphone, in modo da limitarne l’accesso solo quando si è davanti ad un pc.
  • Nei casi limite, per chi ha bisogno di un intervento più efficace e intensivo, esiste un centro per il recupero della dipendenza da social che si chiama Camp Grounded, nei pressi di San Francisco, in cui si vive solo di ciò che si produce, non si indossano orologi, non si parla di lavoro e, ovviamente, non si utilizzano tecnologie informatiche.

 Lasciamo a  voi scegliere e provare la migliore soluzione.

Vuoi approfondire questo tema o saperne di più? Chiama Responsabile Civile al numero 06/69320026 o scrivi alla redazione: redazione@responsabilecivile.it

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