Regolamentare la naturopatia o si finisce nelle mani di ciarlatani

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«Libertà di cura. Libertà di credere ad un cialtrone qualsiasi, libertà di pensare che un ciarlatano, lì fuori, è pronto a curarti con la forza del pensiero, libertà di credere che medici, scienziati e ricercatori sono tutto il giorno al bar mentre in città è arrivato un signore con il cilindro e la pozione magica che ha scoperto la cura definitiva. Libertà. Libero arbitrio». 

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Comincia così l’ultimo post del medico chirurgo Salvo di Grazia che dal 2009 cura e gestisce un blog, “Medbunker, quello che chi cerca aiuto deve sapere”. Il dott. Di Grazia, studia e approfondisce tutte quelle pratiche pseudomediche che non sono scientificamente provate o inefficaci.

«La figura del naturopata in Italia, non avendo nessuna regolamentazione, è purtroppo generica e favorisce il fiorire di veri e propri ciarlatani, la maggioranza – aggiunge Di Grazia – accanto a quelli, pochissimi, che si inseriscono in un ottica di aiuto’ non medico e non farmacologico a persone con problemi vari di salute».

Le storie di ciarlatani che vendono cure miracolose finiscono con cadenza regolare sui quotidiani con titoli che illustrano perfettamente il ‘corto circuito’ generato dalla mancanza di regole sulla naturopatia: «Curava il cancro con fiori e sciroppi, naturopata se la cava con tre mesi» o «Depressioni e pazienti schizofrenici curati con i fiori» per citare i casi più recenti. «L’unica nazione europea che ha regolamentato questo campo è la Germania dove esiste la figura dell’Heilpraktiker, una persona (non per forza un medico) – osserva Di Grazia, autore del libro ‘Salute e bugie – come difendersi da farmaci inutili, cure fasulle e ciarlatani’ (Chiarelettere) – che offre trattamenti di supporto alla medicina».

Negli altri Stati, Italia compresa, “chiunque può definirsi naturopata e offrire trattamenti che non hanno nessuna base scientifica. Alcuni di questi, come l’iridologia (diagnosi delle malattie dallo studio dell’iride, la parte colorata dell’occhio), la cromoterapia (cura delle malattie tramite i colori), l’aromaterapia (cura tramite gli aromi), i fiori di Bach (cura con gocce omeopatiche derivate da piante) ed altre, sono più comuni e quindi si trovano corsi (privati, senza nessun riconoscimento scientifico né accademico) che rilasciano diplomi senza valore”, prosegue.

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«La naturopatia non esiste», è il severo giudizio di Guido Morina, presidente dell’Università popolare di scienze della Salute, psicologiche e sociali (Unipsi), che propone diplomi triennali anche in naturopatia. «Offriamo un corso per diventare consulente del benessere – spiega – che offre conoscenze e competenze di base in materia di counseling psicobiologico e naturopatia scientifica di alto livello. Poi ci sono alcune migliaia di scuole che lavorano sul filo del rasoio, con pratiche di fantasia e medicine etniche. Diplomifici – chiosa – con nessun valore dove magari si insegna al ragazzo a parlare con gli angeli».

«Molte persone pensano che il naturopata abbia una base di studi o dei riferimenti medici, altri ancora pensano che ci siano effetti dimostrati, in realtà si tratta di semplici mezzi di guadagno» precisa Di Grazia. «Il problema sorge quando queste persone si prendono la responsabilità di curare malattie consigliando di non rivolgersi ai medici o compiono atti medici per i quali sono previsti i titoli adeguati. La naturopatia non è da confondere con la fitoterapia (pratica medica che si basa sull’uso di piante e vegetali), che può essere praticata solo da medici e che ha buone basi scientifiche».

All’orizzonte non sembra esserci nessun intervento legislativo per mettere ordine in questa giungla e anche chi si improvvisa guaritore non corre grossi rischi. «Dal punto di vista legale il naturopata rischia poco, in genere usano trattamenti completamente inefficaci e quindi non danneggiano direttamente un paziente – conclude -. se un medico sbaglia viene denunciato, se un naturopata prescrive l’aglio durante le cure normali, non sta facendo nulla di pericoloso. E se venisse denunciato da un paziente deluso al massimo si configurerebbe un reato di truffa».

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