La decorrenza dell’assegno di mantenimento deve farsi risalire al momento della domanda, ovvero dal deposito del ricorso per la separazione o il divorzio, e analogo principio vale in caso di revisione delle condizioni economiche (Corte d’Appello di Torino, Sentenza N. 1174/200021, del 2 novembre 2021)

La decorrenza dell’assegno di mantenimento deve farsi risalire al momento della domanda, ovvero dal deposito del ricorso per la separazione o il divorzio, e che analogo principio valeva in caso di revisione delle condizioni economiche (di separazione, ovvero di divorzio). “In materia di revisione dell’assegno di divorzio, il diritto a percepirlo di un coniuge e il corrispondente obbligo di versarlo dell’altro, nella misura e nei modi stabiliti dalla sentenza di divorzio, conservano la loro efficacia sino a quando non intervenga la modifica di tale provvedimento, rimanendo del tutto ininfluente il momento in cui di fatto sono maturati i presupposti per la modificazione o la soppressione dell’assegno, sicché, in mancanza di specifiche disposizioni, in base ai principi generali relativi all’autorità, intangibilità e stabilità, per quanto temporalmente limitata (“rebus sic stantibus”) del precedente giudicato impositivo del contributo di mantenimento, la decisione giurisdizionale di revisione non può avere decorrenza anticipata al momento dell’accadimento innovativo, rispetto alla data della domanda di modificazione.”

La interessante questione ha ad oggetto il contributo di mantenimento per il figlio e la relativa decorrenza del beneficio e la scelta del rito processuale.

Le richieste di rimborso pro quota e di determinazione dell’importo sono distinte e impongono sia un diverso onere probatorio che un diverso rito rito processuale.

La madre chiedeva al Tribunale che a carico del padre fosse nuovamente previsto un contributo di mantenimento per la figlia.

Il Giudice dichiarava inammissibile la domanda di pagamento degli arretrati, avanzata dalla madre, affermando che la ricorrente avrebbe potuto agire nelle sedi opportune per la corresponsione dell’eventuale pregresso.

Inoltre, il Giudice ha ribadito che la decorrenza dell’assegno di mantenimento deve farsi risalire al momento della domanda, ovvero dal deposito del ricorso per la separazione o il divorzio, e che analogo principio vale in caso di revisione delle condizioni (di separazione, ovvero di divorzio).

“In materia di revisione dell’assegno di divorzio, sottolinea il Collegio, il diritto a percepirlo di un coniuge e il corrispondente obbligo di versarlo dell’altro, nella misura e nei modi stabiliti dalla sentenza di divorzio, conservano la loro efficacia sino a quando non intervenga la modifica di tale provvedimento, rimanendo del tutto ininfluente il momento in cui di fatto sono maturati i presupposti per la modificazione o la soppressione dell’assegno, sicché, in mancanza di specifiche disposizioni, in base ai principi generali relativi all’autorità, intangibilità e stabilità, per quanto temporalmente limitata (“rebus sic stantibus”) del precedente giudicato impositivo del contributo di mantenimento, la decisione giurisdizionale di revisione non può avere decorrenza anticipata al momento dell’accadimento innovativo, rispetto alla data della domanda di modificazione”.

La Corte d’Appello, nel dichiarare inammissibile il gravame della donna, ribadisce che la domanda di contributo di mantenimento (per il periodo successivo alla sua proposizione), e quella di rimborso pro quota (per il periodo anteriore alla proposizione della domanda giudiziale), a seguito dell’azione di regresso del genitore che ha provveduto integralmente, per un periodo, al mantenimento del figlio, sono domande diverse, fondate su presupposti diversi, che impongono una diversa quantificazione.

In altri termini, le domande di regresso e di determinazione del contributo di mantenimento, sono distinte e hanno diverso oggetto che impone un diverso onere probatorio e sono sottoposte anche a rito processuale diverso.

Avv. Emanuela Foligno

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