Il triennio di revoca della patente di guida per chi provoca un incidente sotto l’effetto di sostanza alcoliche o stupefacenti va conteggiato dall’accertamento del reato da intendersi quale accertamento del fatto da parte degli agenti operanti

La vicenda

Il Tribunale di Padova aveva dichiarato l’imputato responsabile dei reati di cui agli artt. 186, commi 2, lett. c), 2-bis e 2-sexies, 187, commi 1, 1-bis e 1-quater C.d.S., per aver guidato in stato di ebbrezza (con tasso alcolemico pari a 1,55 g/L) e in stato di alterazione da sostanze stupefacenti (di tipo cocaina) provocando un incidente stradale in orario notturno. Per tali fatti l’uomo era stato condannato alla pena di giustizia con applicazione della sanzione amministrativa della revoca della patente di guida.

All’esito del giudizio di secondo grado, la Corte d’Appello di Venezia confermava la decisione di condanna, riducendo la pena a un anno e 6 mesi di arresto e 4.500 euro di ammenda.

Contro tale sentenza l’imputato ha proposto ricorso per cassazione deducendo col primo motivo, questione di legittimità costituzionale dell’art. 224 C.d.S. in relazione agli artt. 186, comma 2-bis e 187, comma 1-bis C.d.S. per violazione dell’art. 3 Cost.

Il ricorso per Cassazione

A detta della difesa la sospensione provvisoria disposta dal prefetto e quella definitiva disposta dal giudice incidono sull’autore della violazione per il medesimo fatto, per il quale il codice della strada prevede, come sanzione amministrativa accessoria, una sola sospensione della patente di guida per un periodo che va da un minimo a un massimo anche se l’applicazione, prima di essere definitiva, può essere provvisoria e anche se l’applicazione provvisoria e a quella definitiva procedono distinte autorità.

Ne consegue che è il prefetto, organo di esecuzione delle sanzioni amministrative accessorie, a dover provvedere alla detrazione obbligatoria, del periodo di sospensione eventualmente presofferto, e senza che vi sia bisogno di esplicita dichiarazione al riguardo da parte dell’autorità penale procedente. Secondo il ricorrente tale modalità non viene però attuata nei confronti di coloro ai quali viene irrogata la pena accessoria della revoca della patente, operando quindi una disparità di trattamento rispetto a tutti gli altri casi previsti dagli artt. 186 e 187 C.d.S., nei quali in occasione della sentenza di definizione del procedimento penale viene in ogni caso detratto il periodo di sospensione della patente presofferto in sede cautelare.

La pronuncia della Cassazione

L’assunto non è stato condiviso dai giudici della Quarta Sezione Penale della Cassazione (sentenza n. 126/2020), i quali hanno affermato che la durata della revoca della patente, pari a tre anni in base all’art. 219, comma 3-ter del codice della strada, è collegata espressamente alla data di accertamento del reato.

La formula scelta dal legislatore non sembra, infatti, riferirsi agli uffici dell’amministrazione che si occupano della ricostruzione dei fatti ma che rimettono poi necessariamente ogni valutazione al giudice penale. L’accertamento rilevante è quindi solo quello che rende non più contestabile la qualificazione dei fatti come reato. “Conseguentemente, occorre fare riferimento al passaggio in giudicato della sentenza. Questa soluzione – hanno affermato gli Ermellini – sembra coerente con le esigenze implicite nel sistema di vigilanza sull’uso della patente di guida, in quanto assicura l’effettività della sanzione amministrativa, evitando contemporaneamente un utilizzo opportunistico delle impugnazioni davanti al giudice penale; la sottrazione della patente deve quindi operare come una limitazione effettiva della facoltà di guida, ma non oltre il tetto stabilito dal legislatore”.

Ritiro, revoca e sospensione della patente, facciamo chiarezza

Al riguardo i giudici della Suprema Corte hanno anche osservato che “nelle ipotesi di reato per le quali è prevista la sanzione amministrativa accessoria della sospensione o della revoca della patente di guida, l’agente o l’organo accertatore della violazione ritira immediatamente la patente e la trasmette alla prefettura dopodiché il prefetto dispone la sospensione provvisoria della validità della patente di guida (art. 223, comma 1, C.d.S.) e quando la revoca della patente è disposta a seguito della violazione di cui all’art. 186, “non è possibile conseguite una nuova patente prima di tre anni a decorrere dalla data di accertamento del reato” (art. 219, comma 3-ter C.d..S.). Quindi è l’art. 219 comma 3-ter che indica il termine triennale, una volta decorso il quale è consentito al soggetto di conseguire una nuova patente di guida, ed è il prefetto competente per territorio che, quale organo dell’esecuzione della sanzione amministrativa accessoria (irrogata dal giudice penale), si occupa della fase di modulazione del triennio, decidendo se esso è decorso o meno e conseguentemente ammettendo o meno il soggetto al nuovo esame di guida (art. 224, comma 2, C.d.S.).

Nel caso di specie, il fatto che il ricorrente avesse provocato un incidente stradale in stato di ebbrezza alcolica al di sopra del limite indicato dall’art. 186 comma 2, lett. c) C.d.S., aveva fatto scattare l’obbligatoria applicazione della sanzione amministrativa accessoria della revoca della patente da parte del giudice penale che aveva pronunciato la sentenza; a ciò consegue la fase esecutiva avanti al prefetto quale organo dell’esecuzione.

A tal proposito è stato ribadito che la revoca della patente non ha natura sanzionatoria/repressiva.

Invero, sia la sospensione della patente che la revoca sono sanzioni adottate a fini di prevenzione generale cioè al fine di impedire al soggetto la reiterazione di condotte idonee a suscitare particolare allarme sociale. In quest’ottica è possibile assimilare la valenza delle due sanzioni e ritenere che la revoca rappresenta la “sanzione definitiva in progressione rispetto a quella applicata in via provvisoria (mediante la sospensione provvisoria prefettizia) al soggetto che ha cagionato l’incidente in stato di ebbrezza alcolica”.

Detto in altri termini, la revoca costituisce l’effetto peggiorativo (sul titolo di guida) della causazione di un incidente stradale da parte di chi guida in stato di ebbrezza e non pare ragionevole consentire il cumulo dei due periodi.

A ciò consegue la prospettazione in forza della quale il triennio di revoca (triennio secco) va conteggiato dall’accertamento del reato da intendersi quale accertamento del fatto-reato da parte degli agenti operanti. In tal modo il periodo di inflitta sospensione provvisoria va scomputato dal triennio di durata ex lege della sanzione amministrativa accessoria della revoca della patente.

La decisione

Diversamente opinando si farebbe ricadere sul soggetto sanzionato gli aspetti che dipendono dall’organizzazione dell’amministrazione della giustizia, cioè la durata delle indagini preliminari e del processo; e costui patirebbe la sanzione della sospensione per tutti gli an ni di durata del provvedimento provvisorio pe poi patire ulteriori tre anni di revoca.

Del resto – ha concluso il Supremo Collegio, “che si debba attendere l’irrevocabilità della sentenza penale di condanna per poter dare inizio alla fase di competenza del prefetto deriva dal fatto che prima del giudicato la sanzione amministrativa accessoria non si è stabilizzata e quindi la figura esecutiva del prefetto non può ancora entrare in gioco ma ciò non significa che il triennio debba essere calcolato solo dal giudicato essendo diversi gli ambiti”.

In conclusione il ricorso è stato rigettato e confermata la pronuncia di merito.

La redazione giuridica

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