La Suprema Corte si pronuncia sulla retroattività dello sconto di pena introdotto dalla riforma Cartabia per la rinuncia all’appello (Cassazione penale, sez. II, dep. 31 gennaio 2024, n. 4237).
La disciplina prevista dall’art. 442, comma 2-bis, c.p.p. è astrattamente applicabile anche ai procedimenti penali per i quali era stata già proposta impugnazione al momento dell’entrata in vigore del D. Lgs. n. 150/2022.
Vale il principio di applicazione retroattiva della legge più mite.
La vicenda
La Corte di Appello di Venezia, con sentenza del 23/1/2023, confermava la sentenza di condanna pronunciata dal GUP del Tribunale di Vicenza in data 8/6/2022.
L’imputato ricorre in Cassazione deducendo tre censure. Per quanto qui di interesse, con la terza lamenta la violazione dell’art. 606, comma 1, lett. c), c.p.p., con riferimento all’art. 442, comma 2-bis, c.p.p. Osserva che la novella introdotta dalla riforma Cartabia, che prevede la riduzione di un sesto della pena nell’ipotesi di rinuncia all’appello, è entrata in vigore dopo la proposizione dell’appello, ma prima della discussione, per cui il ricorrente avrebbe dovuto essere messo nelle condizioni di rinunciare all’appello e beneficiare della riduzione di pena, per cui avanza istanza di rimessione in termini.
Il principio di retroattività
La S.C. rammenta che il principio di retroattività della lex mitior, con riferimento alle norme penali sostanziali, ha trovato la sua prima affermazione nella sentenza del 3/5/2005 (il caso Berlusconi), emessa dalla Grande Sezione della Corte di Giustizia dell’Unione Europea, che ha evidenziato “come sia entrato ormai a far parte delle tradizioni costituzionali comuni agli Stati membri e come debba essere considerato, conseguentemente, quale parte integrante dei principi generali del diritto comunitario, che il Giudice nazionale deve osservare quando applica il diritto nazionale adottato per attuare l’ordinamento comunitario”.
Il principio di applicazione retroattiva della legge più mite è stato poi ribadito dalla Corte EDU nella sentenza del 17/9/2009. In tale decisione la Corte di Strasburgo ha precisato che – se pure detta norma “non fa espressamente menzione dell’obbligo, per gli Stati contraenti, di far beneficiare l’imputato di un cambiamento legislativo intervenuto dopo la perpetrazione del reato” – gli sviluppi giurisprudenziali ed il consenso che ne è conseguito a livello europeo ed internazionale impongono di interpretarla nel senso che, “è vietato infliggere una pena più severa di quella che era applicabile nel momento in cui è stato commesso il reato”.
Pertanto, la S.C. ritiene la disciplina prevista dall’art. 442, comma 2-bis, c.p.p., astrattamente applicabile anche ai procedimenti penali per i quali era stata già proposta impugnazione al momento dell’entrata in vigore della riforma Cartabia, come appunto nel caso oggetto di esame, in quanto ha natura sostanziale.
Tutte le norme che non solo qualificano il comportamento come reato, ma che ne stabiliscono La punizione in concreto e, quindi, l’an, il quantum ed il quomodo delle conseguenze punitive soggiacciono alla regola della irretroattività della legge sopravvenuta sfavorevole e della retroattività della legge sopravvenuta favorevole.
Conclusivamente, in tali casi deve trovare applicazione il principio di retroattività della lex mitior, di cui all’art. 2, comma quarto c.p., tenuto conto che la sentenza non è passata in giudicato.
Tuttavia, nel caso concreto in esame, il ricorso continua a coltivare in via principale motivi relativi al merito, che contestano l’affermazione di responsabilità del ricorrente, con la conseguenza che l’appello all’evidenza non risulta rinunciato. Tale circostanza impedisce l’applicazione dell’art. 442, comma 2-bis, c.p.p., che presuppone una siffatta rinuncia.
Avv. Emanuela Foligno