I genitori del bambino chiedono il risarcimento danni per la ritardata consolidazione della frattura del figlio secondo loro imputabile a un comportamento negligente di medici e struttura sanitaria.
I fatti
In data 16/09/2012 il bambino veniva trasportato presso il Pronto Soccorso dell’Ospedale Giovanni Paolo II, a seguito di una caduta accidentale e veniva diagnosticata una “frattura angolata del terzo distale radio e ulna a destra” e prescritto il ricovero presso la divisione di Ortopedia e Traumatologia dello stesso nosocomio.
Il 18/09/2012 il bambino veniva sottoposto ad un intervento chirurgico di riduzione cruenta ed osteosintesi con fili di K e veniva dimesso il giorno successivo, con gesso B-M da mantenere per trentacinque giorni. A seguito di radiografia privata veniva diagnosticata una “frattura non bene consolidata, con angolazione di frammenti, a carico del terzo diafisario distale del radio destro”.
Secondo la tesi degli attori la ritardata consolidazione della frattura sarebbe imputabile ad un comportamento sostanzialmente negligente dei medici della struttura, i quali avrebbero dovuto procedere ad osteosintesi interna “sin dall’inizio, o comunque prevedendo un migliore allineamento tridimensionale con più fili di K e confezionamento dì apparecchio gessato antibrachio-metacarpale”.
La vicenda giudiziaria
Sostanzialmente, viene contestato alla controparte negligenza, perché i sanitari avrebbero dovuto procedere ad osteosintesi interna “sin dall’inizio, o comunque prevedendo un migliore allineamento tridimensionale con più fili di K e confezionamento dì apparecchio gessato antibrachio-metacarpale”.
Secondo la prospettazione degli attori, dunque, l’approccio “non congruo” adottato avrebbe ritardato la guarigione e la consolidazione della frattura, determinando un danno biologico.
La CTU ha accertato: “il ritardo di consolidazione della frattura del periziato è stato determinato dal tipo di frattura (scomposta, pluriframmentata, articolare), dalla lacerazione dei tessuti molli limitrofi e quindi anche dalla ridotta vascolarizzazione dei monconi di frattura. Inoltre, come si evince dall’esame clinico obiettivo, il ritardo di consolidazione non ha determinato alcuna conseguenza sulla guarigione della frattura scomposta; infatti, il ragazzo è guarito senza una viziosa consolidazione, senza limitazione funzionale articolare del polso, senza rifratture, senza lesioni vascolo nervose… dall’ultimo referto radiografico datato 31/10/2000, presente nel fascicolo die attrice, si evince: segni di pregressa frattura del terzo distale di entrambe le ossa dell’avambraccio destro che appare ben consolidata … il trattamento mediante riduzione in narcosi e stabilizzazione della frattura mediante fili, era il più idoneo e corretto secondo le linee guida”.
La Consulenza tecnica esclude la negligenza dei sanitari
In sintesi i Consulenti hanno accertato che quanto sofferto dal bambino era imputabile esclusivamente all’evento traumatico del 16/09/2012, evidenziando che “gli operatori, nello svolgimento della loro attività sanitaria si sono totalmente attenuti ai protocolli e alle linee guida in uso all’epoca dei fatti”.
Pertanto, nel caso in questione non vi è alcun errore nell’esecuzione dell’intervento e non vi sono condotte alternative conformi ai protocolli in uso alle linee guida e dalle conoscenze del tempo; sono stati eseguiti tutti gli esami preoperatori necessari all’intervento e anche dopo sono state effettuati tutti necessari controlli.
Hanno chiarito i CCTTUU che “La guarigione di una frattura è influenzata da molti fattori, e attraverso varie fasi che portano gradualmente alla rigenerazione ossea. La guarigione e la consolidazione della frattura dipendono dalla gravità della lesione, dal tipo di frattura e dal metodo del trattamento”.
Nel caso di specie, quindi, essendo “il ritardo di consolidazione della frattura è stato determinato dal tipo di frattura (scomposta, pluriframmentata, articolare), dalla lacerazione dei tessuti molli limitrofi e quindi anche dalla ridotta vascolarizzazione dei monconi di frattura”.
Quindi il giudice rigetta la domanda di risarcimento (Tribunale Lamezia Terme – sentenza 7 agosto 2024, n. 754).
Avv. Emanuela Foligno
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