La ragazza sbatte la nuca contro il pavimento di cemento perché viene strattonata durante una partita a rugby proposta come attività di lezione di educazione fisica a scuola (Corte di Cassazione, III civile, ordinanza 25 luglio 2024, n. 20791).
Il caso
L’allieva dell’Istituto superiore subisce in data 9 ottobre 2012, durante la lezione di educazione fisica, un infortunio le cui cause vengono imputate all’Istituto e per esso al Ministero.
Su istruzione degli insegnanti presenti, la vittima stava eseguendo un esercizio di educazione fisica consistente nel giocare a rugby con i compagni di scuola in un cortile interno della palestra. Le squadre erano formate da due ragazzi per parte e la ragazza, a seguito di una colluttazione con la squadra avversaria, che cercava di sottarle la palla di mano, veniva strattonata cadendo rovinosamente all’indietro e sbattendo la nuca contro il pavimento in cemento.
Con sentenza n. 2030/2019 il Tribunale di Venezia rigettava la domanda. E successivamente anche la Corte di appello, con sentenza n. 333/2021 del 12 febbraio 2021, rigetta la domanda.
La vittima ricorre al vaglio della Corte di Cassazione, che respinge anch’essa in toto.
La ricorrente assume sussistere, da parte della corte territoriale, una violazione dell’art. 2048 cc ed in tal senso argomenta, rilevando che è stata erroneamente ritenuta integrata la prova liberatoria gravante sull’istituto scolastico.
I rischi connessi al gioco del rugby
Secondo la sua tesi sarebbe stata omessa la considerazione che l’attività svolta (rugby), proposta come un semplice gioco ovvero come un’esercitazione curriculare nell’ambito del programma di lezione di educazione fisica finalizzata ad avvicinare gli studenti alla pratica di quello sport, in realtà portava con sé tutti i rischi connessi a tale sport, rispetto ai quali non erano state adottate le necessarie cautele e misure, tenuto conto del contesto, della minore età e dell’indole degli allievi.
La decisione della Corte di appello è conforme ai principi della materia secondo cui: “In tema di danni conseguenti ad un infortunio sportivo subito da uno studente durante una gara svoltasi all’interno della struttura scolastica nell’ora di lezione di educazione fisica, ai fini della configurabilità della responsabilità della scuola ai sensi dell’art. 2048 c.c., è necessario:
a) che il danno sia conseguenza del fatto illecito di un altro studente partecipante alla gara, il quale sussiste se l’atto dannoso sia posto in essere con un grado di violenza incompatibile con le caratteristiche dello sport praticato o con il contesto ambientale nel quale l’attività sportiva si svolge o con la qualità delle persone che vi partecipano, ovvero allo specifico scopo di ledere, anche se non in violazione delle regole dell’attività svolta, e non anche quando l’atto sia compiuto senza la volontà di ledere e senza la violazione delle regole della disciplina sportiva, né se, pur in presenza di una violazione delle regole dell’attività sportiva specificamente svolta, l’atto lesivo sia a questa funzionalmente connesso.
b) che la scuola non abbia predisposto tutte le misure idonee ad evitare il fatto. Ne consegue che grava sullo studente l’onere di provare l’illecito commesso da un altro studente, mentre spetta alla scuola dimostrare l’inevitabilità del danno, nonostante la predisposizione di tutte le cautele idonee ad evitare il fatto“.
Il comportamento che ha provocato il danno non è stato compiuto allo scopo di ledere
Ed ancora, il criterio per individuare in quali ipotesi il comportamento che ha provocato il danno sia esente da responsabilità civile sta nello stretto collegamento funzionale tra gioco ed evento lesivo, collegamento che va escluso allorquando l’atto sia stato compiuto allo scopo di ledere, ovvero con una violenza incompatibile con le caratteristiche concrete del gioco.
Questo significa che sussiste, in ogni caso, la responsabilità dell’agente in ipotesi di atti compiuti allo specifico scopo di ledere, anche se gli stessi non integrino una violazione delle regole dell’attività svolta, mentre la responsabilità non sussiste se le lesioni siano la conseguenza di un atto posto in essere senza la volontà di ledere e senza la violazione delle regole dell’attività, nonché nell’ipotesi in cui, pur in presenza di violazione delle regole proprie dell’attività sportiva specificamente svolta, l’atto sia a questa funzionalmente connesso (v. Cass., 8/8/2002, n. 12012), rientrando cioè nell’alea normale della medesima (v. Cass., 27/10/2005, n. 20908).
Tali principi sono stati correttamente applicati.
Il programma di educazione fisica alla scuola superiore prevede il rugby
È risultato accertato:
- a) che non si trattava di una partita di rugby, bensì di un esercizio di educazione fisica consistente nel simulare una fase di gioco all’interno della palestra, precisando che “si bloccava la persona, ma non c’era placcaggio“.
- b) che il Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca nei suoi programmi di lezione di educazione fisica relativi alle scuole superiori include la pratica sportiva e lo svolgimento di esercizi ginnici e/o di gare tra contrapposte squadre di studenti; peraltro nel caso di specie non si trattava di pratica sportiva in senso proprio, ma di un esercizio propedeutico alla pratica sportiva del rugby.
Inoltre, i Giudici dell’appello, nel rigettare il gravame, hanno espressamente sottolineato che “Il Giudice di primo grado, dopo aver attentamente esaminato le risultanze istruttorie, ha correttamente escluso la pericolosità dell’esercizio, anche tenuto conto dell’età delle ragazze (14 anni)”, e sono pervenuti a concludere che “la condotta delle alunne che componevano la squadra avversaria a quella dell’attrice è stata repentina ed imprevedibile“.
Quindi, l’incidente si è verificato con modalità tali da non potere essere impedito, e rientra l’evento nel rischio normale dell’attività sportiva cui la studentessa ha preso parte durante l’ora di educazione fisica.
Avv. Emanuela Foligno